Rientro dei «cervelli» in discesa con il Dl crescita e le azioni rivalutate
Il decreto Crescita (Dl 34/2019), in vigore dal 1° maggio scorso, rende più appetibile il regime che da qualche anno agevola il rientro in Italia dei “cervelli” (articolo 16 del Dlgs 147/2015): per chi si trasferirà dal 2020 la quota di reddito imponibile scende dal 50 al 30% e si semplificano i requisiti d’accesso.
L’agevolazione si applicherà a tutti i lavoratori che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti e che si impegnino a risiedere per almeno due anni e a svolgere prevalentemente attività lavorativa in Italia. Viene poi confermata in cinque anni la durata dell’agevolazione, con la novità della proroga per ulteriori cinque periodi d’imposta (seppure nella misura ridotta del 50%) in presenza di determinate circostanze (presenza di un figlio minorenne o a carico, o acquisto di un’abitazione in Italia successivamente al trasferimento o nei 12 mesi precedenti). La riduzione sale al 90%, per gli ulteriori 5 periodi d’imposta, per i lavoratori con almeno tre figli a carico e, in generale, per coloro che decidono di trasferire la residenza nel Mezzogiorno.
Ampliato anche l’ambito oggettivo: oltre ai redditi di lavoro dipendente e autonomo, rientreranno anche i redditi d’impresa prodotti da coloro che avviano un’attività in Italia dal 2020. Le modifiche, infine, hanno il pregio di riconoscere la possibilità di accedere al regime anche ai soggetti che non si siano iscritti all’Aire, ma che abbiano avuto la residenza fiscale in un altro Stato in base a una convenzione contro le doppie imposizioni.
Come rilevato dalla relazione tecnica al decreto, è lecito attendersi un significativo aumento del flusso di trasferimenti in Italia. Saranno interessati anche i manager delle multinazionali, in regime di mero distacco, stante l’apertura registrata negli ultimi documenti di prassi (si vedaIl Sole 24 Ore del 15 aprile). Peraltro, chi durante la permanenza all’estero ha usufruito di piani di stock option (e, in generale, tutti i “rimpatriati” in possesso di partecipazioni) potrebbe accedere anche al regime di rivalutazione delle partecipazioni. Si tratta, nell’ultimo rinnovo per il 2019, dell’affrancamento del valore fiscale delle partecipazioni possedute al 1° gennaio 2019, riconosciuto a fronte del versamento di un’imposta sostitutiva del 10% (per le partecipazioni non qualificate) o 11% (per le partecipazioni qualificate), come determinato sulla base di perizia di stima entro il 30 giugno 2019.
Tale opzione rimane interessante anche nell’ipotesi in cui il rimpatrio avvenga ad anni di distanza da quello di perfezionamento della rivalutazione. Infatti, nonostante la circolare 12/E/2002 emessa sulla prima versione del regime di rivalutazione escluda la rilevanza del medesimo regime per i soggetti fiscalmente non residenti che non realizzano redditi diversi di natura finanziaria imponibili in Italia, tale conclusione non può che riferirsi ai soli casi di realizzo immediato post rivalutazione (quando cioè il soggetto risulti ancora fiscalmente residente all’estero). Il principio non può, invece, valere per i soggetti che effettuano la rivalutazione in una prospettiva di medio-lungo termine, in vista di un realizzo futuro, anche solo potenziale, di una plusvalenza imponibile in Italia.
Gli altri approfondimenti
Incentivi fiscali per ricerca e sviluppo (clicca qui per consultarlo)
tratto da Sistema Frizzera