Imposte

Rileva il regime di tassazione del luogo in cui si trova il prodotto finito quando è ceduto

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di Matteo Mantovani e Benedetto Santacroce

La sentenza della Corte di giustizia UE C-446/13 del 2 ottobre scorso, oltre alle problematiche connesse al rimborso dell'Iva (già evidenziate sul Sole 24 Ore), solleva delicate questioni circa la territorialità delle cessioni effettuate previa lavorazione. La pronuncia sollecita una attenta valutazione del regime territoriale (e quindi di tassazione) delle cessioni effettuate verso Ue o all'estero (extra-UE) di beni preventivamente sottoposti a lavorazione fuori Italia per conto del cedente, ossia quando la lavorazione è finalizzata ad adattare i beni alle esigenze del cliente. Nel caso della sentenza in commento, il cedente italiano aveva venduto beni ad un cliente francese, previo adattamento degli stessi, secondo le pattuizioni contrattuali, mediante lavorazione eseguita in Francia su commessa del cedente medesimo. Il servizio di lavorazione, quindi, era stato commissionato e pagato dal fornitore nazionale, seppure i relativi costi erano poi stati ribaltati sul cliente francese.
A giudizio della Corte Ue una siffatta cessione è territorialmente rilevante in Francia. Infatti, ai fini Iva il luogo di una cessione è il luogo dove si trovavano i beni al momento del trasporto/spedizione a destinazione dell'acquirente e nel caso di specie i beni finiti, ossia quelli oggetto del contratto di compravendita, scaturiti in esito alla lavorazione, si trovavano in Francia. Inoltre, il concetto di cessione nell'Iva è legato al trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Ciò stante, afferma la Corte, il fornitore di beni, quando spedisce questi ultimi a un prestatore incaricato di lavori di rifinitura non trasferisce all'acquirente tale potere, ma siffatta spedizione “mira unicamente a rendere i beni di cui trattasi conformi agli obblighi contrattuali del fornitore affinché possa aver luogo la successiva cessione all'acquirente”. In definitiva, la Corte ritiene che il luogo della cessione vada individuato nel luogo in cui si trovano i beni finiti, cioè divenuti conformi agli impegni contrattuali intervenuti fra cedente e cessionario. Siccome tale conformità deriva dalla lavorazione commissionata dal cedente onde corrispondere alle esigenze del cessionario, il luogo della cessione coincide con il luogo della lavorazione (la Francia nel caso in analisi). Generalizzando, nella fissazione della territorialità di una cessione occorre avere riguardo a dove si trovano i beni finiti al momento delle spedizione/trasporto a destinazione dell'acquirente. Ciò implica che se un bene è stato spedito in lavorazione per conto del cedente nazionale nello stato UE del cessionario (p.es. la Francia) e poi a questi consegnato, tale ultima cessione è una vendita interna nello Stato del cessionario (Francia). Per il perfezionamento della medesima, tuttavia, è necessario che il cedente effettui dapprima una cessione intracomunitaria a sé stesso (Italia-Francia), per la quale è richiesta la nomina di un rappresentante fiscale (o l'identificazione diretta) anche se la successiva cessione interna fosse soggetta a reverse charge (come avviene in Italia e anche in Francia). Se, invece, il bene viene mandato in lavorazione in uno Stato UE diverso da quello del cessionario (p.es. in Germania), la cessione al cliente finale francese integra una cessione intracomunitaria Germania-Francia, per il perfezionamento della quale l'operatore Italiano deve identificarsi in Germania. Infatti, vero è che l'art. 41 del DL 331/93 configura una cessione intracomunitaria senza specificare da dove i beni debbano partire (sicché anche una cessione Germania-Francia potrebbe ricadere nella previsione in questione e rilevare quale cessione intracomunitaria in Italia), ma a tale disposizione va data una lettura conforme alla sentenza in commento. Per cui, la cessione intracomunitaria a destinazione dell'acquirente finale (Francia) si realizza nel luogo di esecuzione dei lavori (Germania) e tale cessione va fatta precedere da una cessione intracomunitaria assimilata (e corrispondente acquisto) a sé stessi, il tutto da gestire con un identificativo IVA tedesco.
La sentenza influenza anche le cessioni all'esportazione art. 8 del DPR 633/72. La risoluzione 94/E/2013 ha specificato che la fattispecie è integrata (e il plafond spetta) anche quando la cessione dei beni è successiva all'esportazione doganale. Tuttavia, se non c'è identità fra i beni esportati e quelli venduti, perché i medesimi sono sottoposti a lavorazione all'estero, la successiva cessione del prodotto finito è fuori campo IVA siccome territorialmente rilevante nel luogo di esecuzione della prestazione e di spedizione.

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