Riorganizzazioni aziendali al test del conto economico
Dall’Isopensione al contratto di espansione: l’impatto sulla redazione dei bilanci. Le prestazioni future vanno riportate il primo anno di applicazione delle misure
Una delle eredità della stagione del coronavirus riguarda le riorganizzazioni aziendali. L’attuale normativa, integrata dalla legge di Bilancio 2021, già prevede diversi strumenti che possono essere utilizzati (si veda anche il Sole 24 Ore del 14 marzo). Tra questi, l’articolo 4 della legge Fornero di riforma del mercato del lavoro, il contratto di espansione, le integrazioni di fine rapporto. Strumenti diversi l’uno dall’altro. Diversi in termini di validità: alcuni fanno parte a titolo definitivo del nostro sistema normativo; altri solo a titolo temporaneo; alcuni coinvolgono solo certi collettivi di riferimento. Diversi possono essere i trattamenti fiscali previsti. Diverse le modalità per il riconoscimento a bilancio delle somme generate.
In sintesi, ciascuno di tali strumenti è destinato a produrre un impatto diverso sui lavoratori e sulle società. Per i lavoratori in termini di reddito percepito nel periodo precedente il pensionamento e successivamente al pensionamento definitivo. Per le società in termini di costo del lavoro, di cash flow e soprattutto in termini contabili.
Vediamo meglio con un esempio per un lavoratore di riferimento. Un lavoratore che percepisca una retribuzione annua lorda di 35.000 euro, a 4 anni dal pensionamento anticipato (come stabilito dalla riforma Fornero) ma che abbia anche la possibilità di accedere alla pensione Inps per Quota 100. Le nostre elaborazioni mostrano l’evoluzione dei redditi percepiti dal lavoratore e il costo del lavoro per la società nell’ambito di quattro scenari differenti.
Il primo scenario è rappresentato dalla normale prosecuzione dell’attività lavorativa sino al pensionamento. Nel secondo scenario il lavoratore accede all’articolo 4 della riforma Fornero (l’isopensione). Nel terzo è coinvolto da un prepensionamento così come stabilito dal contratto di espansione. Nel quarto il lavoratore accede alla pensione Inps per Quota 100 ma la società al momento della cessazione dal servizio gli eroga un’indennità di fine rapporto aggiuntiva pari al valore capitale della differenza tra la pensione Inps vitalizia che riceverà e quella che avrebbe ricevuto se fosse rimasto in servizio fino al pensionamento definitivo.
I risultati appaiono evidenti. Il lavoratore in tutti gli scenari alternativi rispetto alla prosecuzione dell’attività lavorativa riceve redditi che dovrebbero consentirgli di mantenere lo stesso tenore di vita. La società in particolare con il contratto di espansione e quando il lavoratore ha la possibilità di accedere a Quota 100 può contare su un sensibile risparmio del costo del lavoro.
A tal proposito attenzione quando con il contratto di espansione il lavoratore anziché al pensionamento anticipato (come nell’esempio presentato) accede al pensionamento di vecchiaia. In tal caso infatti la società ha la possibilità di non farsi carico dei relativi contributi pensionistici ma anche la pensione finale ricevuta dal lavoratore risulterà più contenuta.
Nell’analisi degli strumenti la società non deve però verificare solo il risparmio del costo del lavoro ma deve anche considerare l’impatto contabile. Sempre per lo stesso lavoratore, ipotizzando l’introduzione dell’Isopensione, tale impatto è riportato nella seconda tabella in alto. Anche in questo caso i risultati sono evidenti. Il risparmio del costo del lavoro è ottenuto lungo tutto il periodo di durata dello strumento utilizzato con un equivalente beneficio anche sui flussi di cassa aziendali.
Attenzione ancora però che nel primo anno di introduzione degli strumenti i principi contabili Ifrs richiedono in genere il riconoscimento totale a conto economico del valore capitale delle prestazioni future con un aggravio di costo rispetto alla situazione attuale. Per alcuni strumenti inoltre bisogna anche considerare l’obbligo di procedere ad ulteriori assunzioni.