Contabilità

Rivalutazione percorribile se il socio cede l’intera quota

L’agevolazione presuppone che l’operazione sottostante non sia fiscalmente abusiva. I merger leverage buy-out devono essere giustificati da logiche riorganizzative

ADOBESTOCK

di Davide Cagnoni e Angelo D'Ugo

Per sfruttare a pieno la riapertura della rivalutazione introdotta dall’articolo 29 del Dl 17/2022, è necessario valutare anche il contesto più ampio all’interno del quale si inserisce.

Sarà possibile rivalutare ai fini fiscali le partecipazioni possedute al 1° gennaio 2022 attraverso il versamento dell’imposta sostitutiva del 14% entro il 15 novembre 2022, con una nuova opportunità di ottimizzazione del carico fiscale nell’ambito di operazioni di cessione di quote di partecipazione in società. Tali operazioni devono tuttavia essere correttamente inquadrate per scongiurare eventuali controlli. L’articolo 10-bis della legge 212/2000 prevede, infatti, che un’operazione possa essere qualificata fiscalmente abusiva in presenza dei seguenti presupposti:

la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;

l’assenza di sostanza economica;

l’essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale.

È pertanto determinante non solo giustificare le rivalutazioni e cessioni di partecipazioni mediante valide ragioni extra-fiscali, che rispondono quindi a logiche riorganizzative e di passaggio generazionale, ma anche porre attenzione alle modalità con cui queste operazioni vengono attuate.

Operazioni contestate

Il Fisco, oltre a contestare le operazioni circolari (cessione indiretta a se stessi), spesso aggredisce le operazioni di cessione a soggetti terzi o facenti parte della stessa famiglia di partecipazioni previamente rivalutate, con l’intento di trasformare artificiosamente redditi di capitale derivanti dal recesso tipico del socio (articolo 47, Tuir) mediante la liquidazione da parte della società in redditi diversi o in plusvalenze imponibili, in base all’articolo 67 del Tuir.

A tal proposito, nella risposta a interpello 341/19 l’Agenzia aveva rilevato la presenza di uno schema giuridico artificioso finalizzato unicamente ad attribuire un vantaggio fiscale indebito. Il fatto in oggetto vedeva la cessione della propria quota di partecipazione, precedentemente rivalutata, da parte di un socio uscente. Tale quota era stata acquistata da una newco, la cui compagine sociale però era rappresentata dagli stessi soci rimanenti della società target di cui era stata acquistata la quota.

Non solo. La newco risultava poi essere stata fusa nella target, con il conseguente assorbimento del debito bancario contratto per l’acquisto della partecipazione. In questo modo si era evitato il pagamento dell’imposta al 26% normalmente prevista sui redditi di capitale, in favore della sostitutiva del 14 per cento. Acquisizioni di questo tipo vengono definite merger leverage buy-out (Mlbo) e prevedono proprio la fusione della società acquirente in quella che ha ceduto le quote.

Acquisizioni lecite

L’Agenzia non contesta a priori tali acquisizioni, ma risultano fondamentali le modalità con cui vengono eseguite. In questo senso, è utile analizzare nel dettaglio le risposte a interpello dell’Agenzia n. 242/2020 e 4/2021. In entrambe, l’ufficio ammette le operazioni di Mlbo, a condizione però che il socio cedente esca definitivamente dalla compagine sociale della società e non assuma più alcun ruolo formale e di sostanza nelle decisioni gestionali della stessa. Rientra, infatti, nella libera scelta dei soci uscenti il poter recedere dalla società mediante il recesso atipico, quando non si configura alcun vantaggio fiscale indebito per individuare una condotta abusiva.

L’Agenzia, però, in questi casi lascia aperto uno spiraglio per contestare l’operazione (risposta 4/21), laddove la fusione inversa risulti funzionale all’utilizzo dei flussi finanziari della società per ripagare il debito contratto per l’acquisto delle quote della stessa. Anche se l’orientamento è in contrasto con la precedente risposta 242/20, che ha avallato l’operazione in funzione della definitiva uscita dei soci dalla compagine sociale a prescindere dalla successiva fusione prospettata.

Infine, è utile segnalare la Ctr della Lombardia (sentenza 2599/21) che ha ritenuto lecita l’operazione di Mlbo anche in assenza di un cambio di controllo, facendo leva sul fatto che anche in presenza di un recesso atipico l’operazione abbia comportato una riorganizzazione della compagine societaria mediante il rafforzamento della posizione del socio di maggioranza, l’uscita di un vecchio socio e l’ingresso di uno nuovo.

L’esempio


L’operazione sotto esame

Un socio persona fisica cede la partecipazione rivalutata a una società (newco) costituita dagli altri soci facenti parte della compagine sociale della società le cui quote sono state oggetto di rivalutazione.
Successivamente la newco viene fusa nella società in cui ha acquisito le partecipazioni rivalutate (fusione inversa) con l’assorbimento del debito bancario contratto per l’acquisto delle quote dal socio cedente.

La contestazione
L’ufficio delle Entrate apre una contestazione per trasformazione del recesso tipico in atipico. Si tratta di uno schema giuridico artificioso costruito attraverso un numero superfluo di negozi giuridici incoerenti rispetto alle normali logiche di mercato e finalizzato unicamente ad attribuire un vantaggio fiscale indebito al socio uscente.

L’ipotesi di vantaggio fiscale
Il vantaggio fiscale consiste nel pagamento della sostitutiva al 14% contro l’applicazione dell’imposta al 26% sulla differenza tra il costo fiscale della partecipazione ceduta e il corrispettivo ricevuto.

La difesa del contribuente
Cinque i possibili punti da sottolineare nell’ambito della difesa del contribuente:
la cessione da parte dei soci che hanno rivalutato le quote del 100% della società è avvenuta senza conservazione neppure di una posizione di minoranza e totale uscita dalla società anche nell’ambito di ruoli formali o di sostanza che possano in qualche modo attribuirgli poteri gestori nella società;
totale assenza del presupposto giuridico che consente ai soci di esercitare il diritto di recesso (non esiste quindi la possibilità per il socio di scegliere tra recesso tipico ed atipico e, quindi, se essere cedente o recedente), per cui
occorre verificare lo statuto della società;
la compagine sociale post fusione comprende anche soggetti nuovi che non erano in precedenza soci;

nel caso di compagine sociale post fusione senza l’ingresso di nuovi soci, diventa determinante che i soggetti che erano già soci della società ottengano post fusione pesi partecipativi differenti da quelli che avrebbero avuto nella società mediante il recesso tipico dei soci cedenti;

l’operazione finale di fusione non può dipendere ed essere decisa dal socio cedente il cui comportamento non può essere contestato per effetto di un’operazione realizzata da altri soggetti.

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