Professione

Se il tribunale taglia la parcella del professionista deve indicare ragioni puntuali

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di Michol Fiorendi

Il provvedimento con cui il giudice territoriale respinge la richiesta di liquidazione di un professionista deve contenere la spiegazione delle ragioni della riduzione o esclusione delle singole voci indicate nella nota.

Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 5224 del 2018, con la quale ha, inoltre, prescritto che il giudice di merito, nel ridurre l’ammontare dei diritti e degli onorari richiesti dalla parte in modo specifico e dettagliato, debba indicare il criterio di liquidazione adottato e le ragioni della riduzione, così da consentire all’interessato di individuare e denunziare in modo peculiare le eventuali violazioni della legge o della tariffa.

La vicenda è quella di un avvocato che chiede al tribunale di vedersi riconoscere la liquidazione dei compensi per l’attività svolta nell’ambito di due diverse controversie civili. La prima già definita con sentenza dal medesimo tribunale e la seconda proseguita da un diverso difensore a seguito della revoca del mandato nei confronti dell’avvocato che agisce in giudizio. I due soggetti convenuti si costituiscono, sostenendo la congruità della liquidazione. Il giudice respinge la richiesta dell’avvocato, ritenendo la liquidazione disposta nei giudizi di merito corretta poiché eseguita in base allo scaglione di valore della causa e, inoltre, scaturita da una compensazione parziale.

L’avvocato propone, quindi, ricorso in Cassazione. La Suprema corte accoglie il ricorso deducendo che, nel caso di specie, il tribunale è incorso in un error iuris disponendo la liquidazione dei compensi in misura inferiore agli onorari minimi e ai diritti predeterminati e fissi. Inoltre evidenzia che, nonostante l’analitica esposizione delle voci nella proposta di parcella, il giudice di merito non abbia indicato i criteri di liquidazione e le ragioni della riduzione, oltre ai motivi dell’eventuale esclusione delle voci. Le voci di diritti e onorari applicate nella parcella prodotta innanzi al tribunale, che ineriscono alle singole e specifiche attività svolte dal ricorrente, corrispondono al valore del decisum emergente dalla sentenza che ha definito il giudizio.

Anche da ciò deriva l’erroneità del provvedimento nella parte in cui ritiene che la liquidazione sia stata «eseguita sulla scorta del corretto scaglione di valore», liquidando i diritti e gli onorari in misura inferiore rispetto ai minimi previsti dalle tabelle A e B allegate al decreto 127 del 2004.

Infine, i due soggetti intimati al pagamento non hanno mai contestato lo svolgimento dell’attività professionale dell’avvocato, con l’effetto di invertire così l’onere della prova, ponendo a suo carico un onere di contestazione specifica. La liquidazione degli onorari che l’avvocato pretende dal proprio cliente è indipendente e svincolata dalla statuizione che condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di causa. Ne consegue che il regolamento delle spese compiuto nel contenzioso patrocinato dall’avvocato – regolato da criteri legali diversi – non può vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo in sede di procedura promossa dall’avvocato nei confronti del cliente per la determinazione del corrispettivo medesimo.

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