Controlli e liti

Sequestro illegittimo se il debito è sanato per i giudici tributari

Per la Corte è illegittimo il sequestro preventivo per il reato di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di false fatture, se l’Agenzia ha sgravato il debito tributario a seguito di sentenza dei giudici tributari favorevole al contribuente

di Antonio Iorio

È illegittimo il sequestro preventivo per il reato di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di false fatture, se l’Agenzia ha sgravato il debito tributario a seguito di sentenza dei giudici tributari favorevole al contribuente. A precisarlo è la Cassazione, sezione III penale, con la sentenza 8226/2021.

A una Srl veniva contestata la presentazione di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di documenti per operazioni inesistenti per prestazioni di servizi ricevute da alcuni consorzi e cooperative di manodopera.Tali operazioni, come spesso accade, venivano qualificate differentemente dagli inquirenti (in genere prestito di manodopera e non erogazione di servizio imponibile ai fini Iva) con conseguente contestazione dell’imposta detratta e asserita fittizietà delle prestazioni indicate nelle fatture.

Veniva eseguito un sequestro preventivo nei confronti degli imprenditori revocato dal tribunale del riesame.

Secondo i giudici era determinante l’annullamento integrale degli atti di accertamento da parte della Ctp cui era seguito lo sgravio del debito tributario, per la totalità delle imposte indicate nel capo di imputazione, da parte dell’Agenzia.

In sostanza era venuto meno il profitto del reato contestato, sicché il mantenimento della misura, strettamente collegata all’attualità della pretesa erariale che individua il profitto, non era più giustificata.

Secondo il tribunale, ferma l’autonomia del processo penale rispetto a quello tributario, la difesa aveva allegato elementi di novità (lo sgravio), e pertanto, in assenza di presupposti per il suo mantenimento, il sequestro doveva essere revocato.

Contro tale decisione ricorreva per cassazione la Procura, lamentando, in estrema sintesi, l’illegittimo riconoscimento di una efficacia pregiudiziale e vincolante al provvedimento dell’Agenzia in assenza di una pregiudiziale tributaria nell’attuale ordinamento. In assenza di tale pregiudiziale, il giudice penale può rideterminare l’imposta evasa anche pervenendo ad un risultato difforme rispetto a quello dell’ufficio impositore.

Inoltre, dal provvedimento di sgravio non poteva discendere l’automatica revoca del sequestro per sopravvenuta mancanza di fumus, dovendo il giudice penale valutare le argomentazioni assunte nella sede tributaria e in virtù del libero convincimento eventualmente confutarle. Inoltre, nella specie, le acquisizioni probatorie (corrispondenza, documenti e dichiarazioni confessorie di un coindagato) confermavano l’ipotesi accusatoria.

La Suprema corte ha respinto il ricorso della Procura confermando che il profitto del reato oggetto di sequestro preventivo va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase. Ne consegue che, in caso di annullamento della pretesa con sentenza, anche non definitiva, della Commissione tributaria, e di correlato provvedimento di sgravio dell’Amministrazione, la misura cautelare non può essere disposta o mantenuta. In altre parole, il profitto confiscabile (e quindi da sottoporre preventivamente a sequestro) è costituito dal risparmio economico derivante dalla evasione ma in presenza di sgravio dell’Agenzia esso è inesistente e non vi è più nulla da salvaguardare stante l’assenza di pretese erariali.

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