I temi di NT+Modulo 24

Servizi al gruppo Iva, sull’esenzione un cortocircuito tra norme interne ed europee

L'individuazione del perimetro applicativo per prestazioni effettuate da un’associazione ai suoi membri è difficoltosa ed è stata più volte oggetto del giudizio della Corte di giustizia

di Francesco D'Alfonso

Nella sentenza del 18 novembre 2020, causa C-77/19, la Corte di giustizia Ue ha stabilito che l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/Ce si applica alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un gruppo Iva solo se tutti i soggetti partecipanti al gruppo sono anche membri dell’associazione fornitrice.

Per adeguarsi a tale sentenza, appare necessario quantomeno modificare la normativa nazionale, che all’articolo 70-quinquies, commi 3-bis e 3-ter, del Dpr 633/1972, prevede invece che la partecipazione di tutti i membri del gruppo Iva, nel caso, al consorzio fornitore, non costituisca un requisito per l’applicabilità dell’esenzione da Iva di cui all’articolo 10, secondo comma, del Dpr 633/1972. Le eventuali modifiche apportate non dovrebbero tuttavia avere effetti sul passato, in virtù del divieto del «reverse direct effect«.

L’individuazione del perimetro applicativo dell’esenzione Iva prevista per le prestazioni effettuate da un’associazione ai suoi membri (articolo 132, paragrafo 1, lettera f), direttiva 2006/112/Ce), nel caso in cui tale associazione si limiti ad addebitare i costi esatti di dette prestazioni ai propri membri («Cost sharing group» o «Gruppo per la ripartizione dei costi») è da sempre assai problematica, tanto che la disposizione è stata più volte oggetto del giudizio della Corte di giustizia europea.

Da ultimo, nella sentenza del 18 novembre 2020, causa C-77/19, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affrontato la questione dell’esenzione Iva prevista per le prestazioni rese da un’associazione autonoma di persone nei confronti dei propri membri, laddove alcuni di essi partecipino a un gruppo Iva, fornendo una soluzione che impatta in modo rilevante anche sulla normativa nazionale italiana.

Con questa sentenza , causa C-77/19, la Corte di giustizia della Ue ha stabilito che l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/Ce non si applica alle prestazioni di servizi fornite da un’associazione autonoma di persone nei confronti di un gruppo Iva nel caso in cui non tutti i membri di quest’ultimo siano membri di detta associazione. Ciò significa, in sostanza, che, l’esenzione da imposta delle operazioni rese al gruppo Iva si applica solo se tutti i soggetti partecipanti al gruppo siano anche membri di tale associazione.

Secondo i giudici comunitari, i servizi prestati nei confronti dei membri di un gruppo Iva non possono infatti essere considerati come forniti individualmente a tali membri, ma costituiscono prestazioni rese al gruppo Iva nel suo complesso, e tale principio vale anche nell’ipotesi di operazioni effettuate nei confronti di membri di una associazione che aderiscono altresì a un gruppo Iva.

L’assimilazione, ai fini dell’imposta, del gruppo Iva a un soggetto passivo unico esclude invero che i partecipanti allo stesso possano essere considerati soggetti passivi autonomi ai fini del tributo. Diversamente, ossia nel caso in cui l’esenzione si applicasse pure laddove alcuni membri del gruppo Iva non siano anche membri dell’associazione fornitrice, si estenderebbe, di fatto, il campo di applicazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/Ce e quindi dell’esenzione da Iva.

La disciplina Ue

L’articolo 11, primo comma, della direttiva 2006/112/Ce dispone che ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi. Attraverso la riportata disposizione, il legislatore dell’Unione ha voluto quindi consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente la qualità di soggetto passivo alla nozione di indipendenza puramente giuridica, per esigenze di semplificazione amministrativa o per evitare determinati abusi, quali, per esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi allo scopo di beneficiare di un regime specifico.

L’istituto del gruppo Iva consente dunque ad alcuni soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto giuridicamente separati, vincolati tra loro da particolari legami, di essere trattati ai fini dell’imposta non come soggetti distinti ma come un nuovo, unico, soggetto passivo, a carico e a favore del quale sono imputati diritti e obblighi. Conseguentemente, il gruppo Iva si sostituisce alle entità partecipanti, assumendo su di sé tutti i diritti e gli obblighi derivanti dalla disciplina Iva.

Si tratta tuttavia di un soggetto analogo, sotto ogni profilo, a un soggetto passivo consistente in un’unica entità, per cui l’applicazione del regime non introduce limitazioni né estende i diritti dello stesso. Tale nuovo soggetto passivo viene quindi identificato, ai fini dell’imposta, mediante un nuovo e unico numero identificativo, in modo da individuare con ragionevole certezza colui che effettuerà le operazioni soggette a Iva.

L’assimilazione a un soggetto passivo unico esclude tuttavia che i membri del gruppo Iva continuino a essere individuati, tanto all’interno quanto all’esterno del loro gruppo, quali soggetti passivi (Corte di giustizia europea 22/05/2008, causa C-162/07). Essi, per esempio, non potranno presentare separatamente dichiarazioni Iva, dal momento che soltanto il soggetto passivo unico è autorizzato a presentare tali dichiarazioni d’imposta. Allo stesso tempo, dovrà essere calcolato un unico pro-rata, quello del gruppo Iva, basato esclusivamente sulle operazioni svolte verso l’esterno, e non più un pro-rata per ogni singolo partecipante allo stesso.

Inoltre, a seguito della costituzione del gruppo Iva, tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da un membro del gruppo nei confronti di un soggetto non appartenente allo stesso sono considerate eseguite dal gruppo Iva e non dal singolo membro, mentre le cessioni di beni e le prestazioni di servizi da parte di terzi nei confronti di uno o più dei membri del gruppo si considerano effettuate nei confronti di quest’ultimo. Per gli stessi motivi, le operazioni tra i singoli membri del gruppo Iva non esistono ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, venendo considerate come effettuate dal gruppo di per sé stesso. Infine, nel momento in cui il gruppo Iva cessa di esistere o un membro lascia il gruppo, i diritti e gli obblighi assunti da quest’ultimo tornano in capo ai singoli membri, di nuovo soggetti passivi individuali.

Esenzione delle prestazioni rese dalle strutture associative

Al fine di evitare aggravi legati all’indetraibilità dell’imposta relativa ai servizi esternalizzati verso strutture collegate, la direttiva 2006/112/Ce, con l’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), consente agli Stati membri di esentare, a determinate condizioni, le prestazioni di servizi erogate da un’associazione nei confronti dei propri membri. Più esattamente, tale disposizione prevede che "le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza". Pertanto, ai fini dell’esenzione da Iva occorre che i servizi siano direttamente necessari all’esercizio di un’attività esente o non soggetta a imposta, sia previsto l’esatto rimborso delle spese sostenute e non sussista rischio di distorsione della concorrenza.

L’esenzione da Iva si applica tuttavia soltanto nel caso in cui le prestazioni di servizi effettuate da una associazione autonoma di persone contribuiscano direttamente all’esercizio delle attività di interesse pubblico di cui all’articolo 132 direttiva 2006/112/Ce (Corte Ue 5/10/2016, causa C-412/15). Tale ultima disposizione, in particolare, esenta dall’Iva talune attività di interesse pubblico, allo scopo di agevolare l’accesso ad alcune prestazioni nonché la fornitura di particolari beni, evitando i maggiori costi che deriverebbero dal loro assoggettamento a Iva. Si tratta, per esempio, delle operazioni effettuate in ambito sanitario, delle operazioni connesse con l’assistenza e la previdenza sociale, l’educazione, lo sport e la cultura, di cui, rispettivamente, all’articolo 132, paragrafo 1, lettere g), i), m), e n), della menzionata direttiva 2006/112/Ce.

Pertanto, l’esenzione in questione non può utilizzarsi, tra le altre, con riferimento alle operazioni effettuate nel settore delle assicurazioni e delle riassicurazioni né a quelle realizzate nel settore dei servizi finanziari (Corte Ue 21/09/2017, causa C-616/15), non avendo le stesse una rilevanza pubblica, nel senso da ultimo indicato.

Prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un gruppo Iva

In merito alla compatibilità della disposizione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f) della direttiva 2006/112/Ce con l’istituto del gruppo Iva, si segnala la posizione espressa dai servizi della Commissione Ue nel working paper n. 883 del 30/09/2015 (Doc. taxud.c.1 (2015) 4500631), secondo i quali non vi sono ostacoli alla partecipazione di un gruppo Iva alle strutture comuni di condivisione dei costi, in presenza, naturalmente, delle condizioni previste per l’applicazione dell’esenzione dall’Iva.

Più esattamente, secondo tali servizi, laddove uno solo dei soggetti appartenenti a un gruppo Iva sia membro di una struttura di condivisione dei costi, l’intero gruppo dovrebbe essere considerato, ai fini dell’Iva, membro di detta struttura. Tale orientamento non è stato tuttavia ufficialmente adottato dal Comitato Iva.

La disciplina nazionale

I soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato per i quali ricorrano congiuntamente i particolari vincoli finanziario, economico e organizzativo richiesti dalla normativa possono costituire un gruppo Iva, attraverso un’apposita opzione, che deve essere esercitata da tutti i soggetti per i quali sussistono i requisiti richiesti (cfr. articoli da 70-bis a 70-duodecies, Dpr 633/1972). Conseguentemente, i soggetti legati da vincoli finanziari, economici e organizzativi possono scegliere se partecipare tutti a un gruppo Iva ovvero se non dare affatto vita al soggetto passivo d’imposta unico (principio all-in all-out).

Ciò nondimeno, una volta presentata la dichiarazione valida per la costituzione del gruppo Iva, al gruppo viene attribuito un proprio numero di partita Iva, cui è associato ciascun partecipante, da riportare in ogni dichiarazione, atto o comunicazione relativi all’applicazione dell’imposta. Più esattamente, per il gruppo Iva è previsto un numero identificativo autonomo rispetto a quello dei soggetti aderenti, con il quale adempiere agli obblighi derivanti dall’effettuazione di cessioni di beni e prestazioni di servizi. Tale numero verrà utilizzato dal gruppo, nelle operazioni nazionali e transnazionali, e garantirà le controparti sulla identità del soggetto passivo coinvolto nell’operazione.

A partire dalla data di efficacia del gruppo Iva (1° gennaio), allorchè quest’ultimo effettui operazioni intracomunitarie, lo stesso è tenuto altresì a richiedere l’inclusione nel Vies (cfr. circolare 19/E/2018). Il gruppo Iva agirà quindi come un qualsiasi soggetto passivo, applicandosi per esso tutte le disposizioni in materia di Iva. Coloro che aderiscono al regime perderanno invece l’autonoma soggettività ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e le loro partite Iva verranno associate a quella del gruppo, anche se non verranno cessate né sospese. Dallo stesso momento, inoltre, i singoli partecipanti, laddove inclusi nel Vies, saranno automaticamente esclusi da tale elenco, per cui, in caso di successiva cessazione o revoca del gruppo, gli stessi, nell’ipotesi in cui decidano di effettuare operazioni intracomunitarie, dovranno iscriversi o reiscriversi al Vies.

Il gruppo Iva, in sostanza, si sostituisce ai soggetti partecipanti, assumendo su di sé tutti i diritti e gli obblighi derivanti dalla disciplina Iva. Per esempio, lo status di esportatore abituale e il plafond Iva maturato dai partecipanti viene trasferito al gruppo Iva. Inoltre, dal momento che con la costituzione del gruppo Iva da parte dei soggetti che vi aderiscono viene a formarsi un nuovo soggetto d’imposta, sono poste al di fuori del campo di applicazione dell’Iva tutte le operazioni di cessione di beni e prestazione di servizi realizzate tra i soggetti appartenenti al gruppo. Allo stesso tempo, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante a un gruppo Iva nei confronti di un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate dal gruppo, mentre le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo Iva da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo. Il trattamento ai fini dell’imposta delle operazioni del gruppo Iva verso o da terzi è quindi analogo a quello di un unico soggetto passivo che opera autonomamente.

Tale principio vale naturalmente anche per le importazioni/esportazioni e gli acquisti/cessioni intracomunitarie posti in essere da membri del gruppo, le quali si reputano effettuate da e verso il gruppo stesso.

Esenzione delle prestazioni rese dalle strutture associative

In Italia, l’esternalizzazione di talune operazioni in apposite strutture associative è avvenuta in virtù delle previsioni di cui alla legge 133/1999 e, successivamente, all’articolo 10, secondo comma, del Dpr 633/1972, che consentono, secondo diverse modalità, di fatturare talune prestazioni intercompany in esenzione Iva. La disposizione attualmente in vigore, in particolare, prevede la non applicazione dell’imposta per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra soggetti con percentuale di detrazione non superiore al dieci per cento nel triennio solare precedente, purché i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci per tali prestazioni non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse.

L’esenzione da Iva presuppone dunque l’utilizzo di strutture associative di tipo consortile mutualistiche, quali i consorzi, le società consortili, le società cooperative con funzioni consortile, nonché che per tali prestazioni di servizi vengano corrisposte soltanto le spese per il loro sostenimento. La finalità è quella di concentrare determinate attività in strutture comuni allo scopo di rendere neutrale, agli effetti dell’Iva, il ricorso all’outsourcing da parte di soggetti che svolgono attività esenti e che nelle prestazioni infragruppo sarebbero penalizzati dalle eventuali limitazioni al diritto alla detrazione. Pertanto, i consorziati, laddove decidano di esternalizzare ai consorzi i servizi necessari e funzionali alle attività da loro svolte (per esempio: servizi amministrativi, gestione della contabilità, formazione del personale), non vengono in tal modo danneggiati dall’indetraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti.

Va evidenziato, inoltre, che, conformemente agli orientamenti comunitari, le prestazioni di servizi in questione beneficiano dell’esenzione anche se sono fornite solo a uno o ad alcuni dei membri. Ciò significa che il consorzio non deve necessariamente rendere prestazioni in maniera uniforme a tutti i consorziati, ma può rendere a ciascuno le prestazioni necessarie alla specifica attività esente esercitata (circolare 23/E/2009).

Prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un gruppo Iva

Con l’articolo 72-bis, comma 1, del Dl 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 126/2020, è stato inserito all’articolo 70-quinquies del Dpr 633/1972, recante la disciplina delle operazioni effettuate dal gruppo Iva e nei confronti di esso, un nuovo comma (il 3-bis), nel quale viene disposto che, in presenza di specifiche condizioni, la sopra descritta disciplina di cui all’articolo 10, secondo comma, del decreto Iva si applica anche alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un gruppo Iva da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, non partecipanti al medesimo gruppo Iva, nel caso in cui il committente delle prestazioni sia un consorziato che partecipa al gruppo Iva.

Ciò in presenza del requisito individuato nel successivo comma 3-ter del menzionato articolo 70-quinquies del Dpr 633/1972, ossia laddove la verifica della condizione prevista dall’articolo 10, secondo comma, del decreto Iva (percentuale di detrazione del committente nel triennio solare precedente non superiore al 10 per cento), sia effettuata sulla base della percentuale determinata:

• in capo al consorziato, per ognuno degli anni antecedenti al primo anno di efficacia dell’opzione per la costituzione del gruppo Iva, compresi nel triennio di riferimento;

• in capo al gruppo Iva, per ognuno degli anni di validità dell’opzione per la costituzione del gruppo medesimo, compresi nel triennio di riferimento.

Tali norme, inoltre, vengono qualificate come disposizioni di interpretazione autentica ai sensi dello Statuto dei diritti del contribuente. Pertanto, la normativa nazionale consente la non applicazione dell’imposta (esenzione da Iva) in ordine ai servizi resi da un consorzio, o simili, nei confronti di un consorziato membro di un gruppo Iva a cui tuttavia detto consorzio non partecipa.

Ciò significa, in sostanza, che nel sistema nazionale la partecipazione di tutti i membri del gruppo Iva al consorzio non costituisce un requisito per l’applicabilità dell’esenzione di cui all’articolo 10, secondo comma, del Dpr 633/1972.

Il necessario riallineamento

Nella sentenza del 18 novembre 2020, causa C-77/19, la Corte di giustizia della Ue, ha affermato che l’esenzione di cui alla lettera f) dell’articolo 132 della direttiva 2006/112/Ce non è applicabile alle prestazioni di servizi verso un gruppo Iva nel caso in cui tutti i membri appartenenti a quest’ultimo non siano anche membri dell’associazione autonoma di persone fornitrice. Secondo i giudici unionali, infatti, la formazione di un gruppo Iva non può determinare l’estensione dell’applicazione di tale esenzione da Iva a prestazioni di servizi fornite a soggetti che non sono anche membri dell’associazione autonoma di persone.

Come illustrato in precedenza, nel sistema Iva nazionale la partecipazione di tutti i membri del gruppo Iva al consorzio, struttura di condivisione dei costi, non costituisce invece un requisito per l’applicabilità dell’esenzione da imposta, come previsto dai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 70-quinquies del Dpr 633/1972.

Va inoltre evidenziato che nella sentenza in esame la Corte di giustizia ha ribadito che l'esenzione di cui all'articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE si applica quando tali prestazioni di servizi contribuiscono direttamente all'esercizio di attività di interesse pubblico previste all'articolo 132 della stessa direttiva. Secondo i giudici europei, infatti, anche nel caso di associazioni autonome di persone i cui membri formano un gruppo Iva occorre che tutti i membri di tali associazioni esercitino attività di interesse pubblico. L'articolo 10, secondo comma, del Decreto Iva, invece, non fa alcun riferimento allo svolgimento di un'attività di interesse pubblico da parte dei membri dell'associazione. Pertanto, andrebbe certamente valutata una limitazione del campo di applicazione dell'esenzione Iva di cui all'articolo 10, secondo comma, del Dpr 633/1972 e quindi anche delle disposizioni che su tale esenzione si fondano. Ciò nondimeno, appare preferibile, a parere di chi scrive, un approccio più graduale, volto a "conservare" le disposizioni interne, almeno fino a quando a livello unionale non appaia un quadro univoco sulla problematica. Si attende, per esempio, una eventuale futura discussione sulla questione in sede di Comitato Iva, in modo anche da comprendere l'orientamento dei vari Stati membri a seguito della sentenza in esame.

Un approccio di questo tipo non può tuttavia valere per le disposizioni di cui all'articolo 70-quinquies, commi 3-bis e 3-ter, del Dpr 633/1972, in relazione alle quali appare auspicabile un intervento normativo, al fine di prevedere quantomeno che le prestazioni rese da consorzi a un gruppo Iva siano esenti da imposta solo se tutti i consorziati sono membri del Gruppo. Successivamente, si potrà valutare, anche alla luce degli orientamenti che si verranno a delineare in sede unionale, se e come modificare la disposizione di cui all'articolo 10, secondo comma, del Decreto Iva. In ogni caso, comunque, le modifiche apportate non dovrebbero avere effetti sul passato, in virtù del principio di divieto del c.d. "reverse direct effect".

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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