Imposte

Servizi sanitari, esenzione Iva per il mandato senza rappresentanza

La risposta a interpello 132/2020: prestazione esente anche se la fattura è emessa direttamente dalla struttura

Quando una struttura svolge un ruolo di intermediazione senza rappresentanza tra pazienti e professionisti sanitari, la prestazione resta esente da Iva anche se la fattura al cliente finale viene emessa direttamente dalla struttura.

Lo afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 132/2020 del 15 maggio 2020 al quesito posto da una società che gestisce un ambulatorio, nel quale diversi professionisti, quali medici e fisioterapisti, erogano a terzi clienti servizi sanitari: la società, oltre ad occuparsi della parte amministrativa, mette a disposizione dei professionisti sanitari gli spazi, la segreteria e altri servizi di supporto alla loro attività sia interna alla struttura, sia esterna nei confronti di pazienti che verranno poi successivamente trattati chirurgicamente presso cliniche private. La società riferisce di operare con il codice per «Servizi integrati di supporto per le funzioni d’ufficio».

Lo schema prevede che il singolo professionista conferisca un mandato senza rappresentanza alla società, che, in nome proprio ma per conto dei sanitari, intrattiene i rapporti con i clienti/pazienti e fattura loro la prestazione sanitaria resa dal professionista. Il professionista addebita alla società la propria fattura per la prestazione resa al paziente. La società a propria volta emette fattura al paziente finale, applicando al compenso del sanitario una maggiorazione che costituisce la remunerazione dei propri servizi e riscuote l’intero importo, riversando poi al sanitario la parte di sua spettanza. Posto che la prestazione sanitaria del professionista è certamente esente Iva (articolo 10, Dpr 633/1972), l’Agenzia ricorda che in base alle norme Iva (articolo 3, comma 3, Dpr 633/72) la natura delle prestazioni rese dal mandatario senza rappresentanza al mandante è la stessa di quelle rese o ricevute dal mandatario in nome proprio e per conto del mandante e pertanto, in coerenza con l’indirizzo interpretativo di numerose circolari e risoluzioni puntualmente richiamate nel parere. Pertanto, conclude l’Agenzia, la società deve emettere fattura ai clienti/pazienti in esenzione da Iva e ricevere fattura dal professionista/mandante sempre in regime di esenzione.
Nella fattura emessa dal professionista/mandante, il corrispettivo esente da Iva è pari alla differenza tra l’ammontare fatturato dalla società al paziente e la provvigione spettante a quest’ultima, che sarà esclusa dalla base imponibile ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettera b), del decreto Iva.
La risposta non lo dice, ma la fattura B2B del professionista sarà elettronica, mentre quella al paziente non potrà transitare per lo Sdi per ragioni di privacy (risposte n. 78 e n. 103 del 2019).
L’Agenzia molto opportunamente precisa – sutor ne ultra crepidam - che il parere «verte unicamente sulla modalità di fatturazione prospettata dal contribuente»: la risposta infatti non affronta i veri nodi del modello operativo prospettato, che non hanno natura fiscale, ma sanitaria. È infatti assai discutibile che una struttura che dichiaratamente svolge servizi amministrativi e di segreteria (Ateco 82.11.01) possa porsi, nei confronti del paziente, come il soggetto che eroga la prestazione sanitaria senza disporre di autorizzazioni sanitaria.
In primo luogo, il contratto di mandato deve avere ad oggetto il compimento atti giuridici (articolo 1703, Codice civile) e tali certamente non sono le prestazioni sanitarie. In secondo luogo, la prestazione professionale comporta una serie di attività accessorie (consenso informato, informativa e consenso privacy, eccetera) che debbono essere necessariamente svolte anche in nome, non solo per conto, del soggetto che la eroga. Quindi delle due l’una: o la modulistica è su carta intestata del medico, e allora non è vero che si tratti di mandato “senza rappresentanza”; oppure la società rende in proprio informativa Gdpr e sanitaria, e allora deve necessariamente essere a propria volta una struttura sanitaria autorizzata, che risponda anche civilmente ai sensi dell’articolo 7 della cosiddetta legge Gelli (n. 124/17).
Ultimo, ma non minore ostacolo, ben difficilmente può ammettersi in detrazione la spesa documentata da una fattura per prestazioni sanitarie rilasciata da una struttura priva di qualunque titolo abilitativo o autorizzazione sanitaria.

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