Sì all’avviso parziale quando il maggior reddito emerge dall’Anagrafe tributaria
L’emissione dell’avviso di accertamento parziale è obbligatoria quando il maggior reddito non risulta dai dati cartolari della dichiarazione del contribuente ma, piuttosto, dai dati presenti in Anagrafe tributaria. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 7291/2017 .
La vicenda
A seguito dei controlli incrociati dei dati inseriti in Anagrafe tributaria, l’agenzia delle entrate ha rettificato i redditi di lavoro corrisposti da una Spa a un suo dipendente per l’anno di imposta 2003, determinando maggiori Irpef e addizionali ed irrogando le relative sanzioni. La stessa Agenzia procedeva, quindi, a iscrivere a ruolo a titolo provvisorio una parte della maggiori imposte (articolo 15 del Dpr 602/1973). Il contribuente ha proposto distinti ricorsi contro avviso e cartella di pagamento, poi riuniti dal giudice di primo grado e respinti. Stessa sorte in appello e, infine, anche in Cassazione.
La sentenza
I giudici di legittimità hanno distinto le ipotesi di controllo conseguente ai dati indicati dal contribuente in dichiarazione, da quelle nelle quali i dati assunti a base della rettifica sono presenti in Anagrafe tributaria. In particolare, hanno affermato che l’ articolo 36-bis del Dpr 600/1973 costituisce una disposizione di favore nei confronti dell’amministrazione finanziaria nel senso che quest’ultima, nei casi tassativamente previsti dalla norma, è legittimata a iscrivere direttamente a ruolo la maggiore imposta dovuta sulla base dei meri dati numerici esposti dal contribuente nella propria dichiarazione, senza la previa emissione dell’avviso di accertamento. Diversamente, per la rettifica del reddito fondata sui dati in «possesso dell’Anagrafe tributaria», l’emissione dell’accertamento parziale ex articolo 41-bis del Dpr 600/1973 costituisce una procedura di maggiore garanzia per il contribuente.
Nel caso esaminato, il diretto interessato, infatti, aveva previamente ricevuto un avviso di accertamento del maggior reddito e, poi, la conseguente cartella di pagamento. Non poteva, quindi, dolersi del fatto che l’ente impositore aveva fatto precedere la spedizione dell’atto alla notifica della cartella.
Cassazione, sentenza 7291/2017