Controlli e liti

Sì al concorso tra bancarotta e indebita compensazione

Il principio viene affermato dalla Cassazione con la sentenza 6350

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

È configurabile il concorso tra la bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose e l’indebita compensazione di crediti di imposta non sussistendo tra i due illeciti un rapporto di specialità unilaterale. A fornire questo rigoroso principio è la Cassazione, sezione V penale con la sentenza 6350 depositata ieri.

La vicenda a base della pronuncia, in sintesi concerneva la condanna dell’amministratore di una società fallita e del suo consulente per alcuni reati fallimentari e il delitto di indebita compensazione di crediti inesistenti. Tra gli articolati motivi di ricorso, i difensori eccepivano anche la violazione del «ne bis in idem» per le condotte relative alla bancarotta fraudolenta con operazione dolose (articolo 223 della legge fallimentare) e l’indebita compensazione (articolo 10 quater Dlgs 74/2000).

Così veniva eccepito, che l’indebita compensazione di fatto rappresentava una delle varie condotte che potevano integrare le operazioni dolose previste per la bancarotta. La Cassazione non ha condiviso tale interpretazione rilevando che nella specie tra i due illeciti vi sarebbe un rapporto di specialità reciproca e quindi non potrebbe configurarsi il concorso apparente di norme che condurrebbe all’assorbimento di un delitto nell’altro (cosiddetto rapporto di continenza) secondo la figura che l’uno è un cerchio concentrico rispetto all’altro.Al riguardo si ricorda che in base all’articolo 15 Codice penale quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.Nella specie, secondo i giudici, tra i due reati vi è diversità strutturale in quanto si differenziano sia per la condotta, sia per l’esistenza necessaria della sentenza di fallimento (nella bancarotta).

Il reato fallimentare contestato non considera le violazioni tributarie in quanto tali, ma per il fatto che, attraverso esse, gli imputati abbiano potuto continuare l’attività imprenditoriale aggravando il dissesto societario. La simulazione dei crediti di imposta si abbina, invece, ad altri presupposti, nella specie individuati nella creazione di una catena di società interposte alla fallita che ne gonfiavano il fatturato. La bancarotta presuppone poi una modalità di pregiudizio patrimoniale non discendente direttamente dall’azione dannosa ma da un fatto di maggiore complessità strutturale. L’indebita compensazione si configura invece con la presentazione del modello F24 (fattispecie di mera condotta). Nella specie la contestazione dell’illecito fallimentare ha considerato non solo l’indebita compensazione ma il fallimento come elemento determinante per la configurabilità del reato. Infine nella bancarotta esiste un nesso di causalità tra l’operazione dolosa ed il fallimento o il suo aggravamento. Alla luce di queste considerazioni, i giudici hanno ritenuto configurabile il concorso tra i due delitti non sussistendo tra loro un rapporto di specialità unilaterale.

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