Controlli e liti

Sì al pignoramento notificato con Pec fuori elenco

L'ufficio può utilizzare un'email non presente nell'Indice delle Pa (Ipa), secondo la Ctp Foggia 447/2/2020

di Beatrice Santoro

Non è viziata in modo insanabile la notifica della cartella di pagamento e del conseguente atto di pignoramento se proveniente da un indirizzo Pec non presente nell’elenco ufficiale Ipa (Indice delle pubbliche amministrazioni). A giungere a queste conclusioni è la sentenza 447/2/2020 della Ctp di Foggia (presidente La Cava, relatore Nardelli), depositata il 27 luglio 2020.

La vicenda trae origine dalla notifica da parte dell’agenzia delle Entrate e Riscossione, di tre cartelle di pagamento a mezzo di un ordinario indirizzo Pec, non rientrante fra quelli inseriti nel registro Ipa.

Il contribuente decideva di non versare quanto richiesto, tanto meno di proporre impugnazione dinanzi al giudice tributario.

Pertanto, l’agente della riscossione, dopo l’intervenuta scadenza dei termini ordinari, avviava il procedimento di riscossione. Nello specifico, notificava a mezzo Pec (con il medesimo indirizzo non presente nel registro Ipa) l’atto di pignoramento presso terzi e, nei termini di legge, ne dava attuazione.

Il contribuente si opponeva così all’esecuzione, impugnando il provvedimento e i relativi atti presupposti davanti alla commissione tributaria provinciale, eccependo il vizio di notifica.

In particolare, secondo la tesi difensiva fondata su una recente pronuncia delle Corte di cassazione (17346/2019), i procedimenti notificatori sarebbero insanabilmente viziati, poiché secondo la norma (articolo 3-bis, legge 53/1994), la notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo Pec risultante dai pubblici elenchi.

L’ufficio si difendeva evidenziando la regolarità del procedimento notificatorio dal momento che era esattamente individuabile l’indirizzo del mittente e leggibile il contenuto della missiva. Ne conseguiva così che c’era l’effettiva e piena conoscenza della pretesa fiscale da parte del contribuente.

I giudici pugliesi, tuttavia, non hanno condiviso la tesi. Innanzitutto hanno ricordato che la normativa applicabile al caso di specie è contenuta negli articoli 26 del Dpr 602/1973 e 60 del Dpr 600/1973.

In particolare, tali disposizioni prevedono che la notifica della cartella può essere eseguita a mezzo Pec all’indirizzo del destinatario risultante dal registro Ini – Pec ovvero (per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo Pec da inserire nell’apposito registro) a quello dichiarato all’atto della richiesta.

Secondo la Ctp, quindi, la necessaria iscrizione nei richiamati registri è riferita solo all’indirizzo Pec del destinatario della notificazione e non anche al mittente.

È irrilevante, pertanto, l’utilizzo da parte dell’agenzia delle Entrate e Riscossione di un altro indirizzo Pec, differente da quello riportato nel registro in questione.

Il collegio di primo grado conclude affermando che devono ritenersi valide le notifiche effettuate dall’agenzia delle Entrate e Riscossione, tardiva l’impugnazione delle cartelle e conseguentemente definitiva la pretesa fiscale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©