Finanza

Società in liquidazione prima dell’emergenza Covid senza fondo perduto

L’aiuto allle imprese precluso a chi ha avviato l’iter per la liquidazione entro il mese di gennaio

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di Giorgio Gavelli

A ben pensarci, è giusto così. La soluzione sposata dall’agenzia delle Entrate, nella circolare n. 22/E, in merito alle società in liquidazione e al contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del decreto rilancio, sembra molto più equilibrata di quella elaborata dalla dottrina sulla base di alcune indicazioni contenute nella precedente circolare n. 15/E e, soprattutto, assai più in linea con lo spirito della disposizione agevolativa. Ma andiamo con ordine.

Nella circolare 15/E, l'Agenzia ha affermato che «sono, in ogni caso, esclusi i contribuenti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza di cui al comma 9 dell’articolo 25 del decreto rilancio. In altri termini, quindi, non è consentito presentare l’istanza di accesso per soggetti per i quali la relativa partita Iva è stata cessata». Da questa affermazione, si è tratta la convinzione che le società in liquidazione fossero indistintamente ammesse al contributo, alla sola condizione che, alla data di presentazione della relativa domanda, non avessero ancora cessato la partita Iva.Tale soluzione, tuttavia, non sembrava esente da critiche. Il contributo a fondo perduto ha lo scopo (dichiarato) di «sostenere i soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica» e mal si comprende come possa avere una funzione di supporto all’attività una contribuzione versata a un soggetto che ha già cessato l’esercizio dell’impresa, e sta semplicemente liquidando l’attivo per estinguere le passività ed eventualmente ripartire il residuo. A precisa domanda, quindi, l’Agenzia (nella circolare 22/E) ha affermato che “in linea di principio” in tutte le ipotesi in cui la fase di liquidazione sia stata già avviata, alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19 (31 gennaio 2020), non è consentito fruire del contributo a fondo perduto «in quanto l'attività ordinaria risulta interrotta in ragione di eventi diversi da quelli determinati dall’emergenza epidemiologica Covid-19». Per cui, solo se la fase liquidatoria è stata aperta in data successiva si può presumere che essa sia stata determinata (o, comunque, accelerata) dalla pandemia, con conseguente ammissione della società – ove ancora in possesso di partita Iva alla data della domanda – alla fruizione del contributo, fermi restando (ovviamente) i requisiti prescritti.

In proposito, la circolare aggiunge che, con riguardo all’ammontare dei ricavi di cui al comma 3 dell’articolo 25, è necessario fare riferimento al periodo d’imposta precedente a quello in corso all’entrata in vigore del decreto Rilancio (normalmente 1° gennaio 2019 - 31dicembre 2019 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).

Meno chiaro è il successivo riferimento delle Entrate, secondo cui «resta in ogni caso fermo che, secondo quanto chiarito con la comunicazione del 29 giugno 2020 della Commissione europea, …. gli aiuti possono essere concessi alle microimprese o alle piccole imprese …, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio (che non abbiano rimborsato) o aiuti per la ristrutturazione (e siano ancora oggetto di un piano di ristrutturazione)».

Appare opportuno che l’Agenzia chiarisca questo inciso. Preso atto che, per le micro e le piccole imprese, essere in difficoltà al 31 dicembre 2019 non costituisce più un aspetto dirimente (si veda anche NtPlus del 17 luglio scorso) la frase riportata vuole significare:

a) che anche le micro e piccole imprese in liquidazione al 31/01/2020 possono aspirare al contributo se non classificabili come “in difficoltà” al 31 dicembre precedente?

b)che anche le imprese entrate in liquidazione dopo il 31 gennaio 2020 sono escluse dal contributo se diverse dalla micro e piccole imprese e classificabili come “in difficoltà” a fine 2019?

La prima interpretazione costituirebbe una “apertura” quasi a sorpresa, la seconda sarebbe una aggiunta scontata e probabilmente superflua. Temiamo, purtroppo, che il redattore della Circolare avesse in mente la soluzione b), pur auspicando di essere smentiti.

Ad ogni modo, il vero problema sta nel fatto che è presumibile che diverse società in liquidazione abbiano già fatto domanda per il contributo e (se il sistema dei controlli formali dell'Agenzia non ha prodotto un blocco) lo abbiano già incassato.

In questo caso, ci sembra corretto che la restituzione delle somme accreditate sul conto corrente avvenga senza sanzioni, così come è stato previsto dalla stessa circolare nei casi in cui:
1) la rinuncia presentata riporti una data di protocollazione anteriore alla data di accreditamento;
2) il contribuente ha la possibilità di dimostrare che il momento in cui ha rilevato l’errore è antecedente alla ricezione della ricevuta di accoglimento dell’istanza.
Anche nella casistica qui rappresentata, l’incasso da parte delle società non è dovuto a mala fede del contribuente, ma solo al ritardo con cui sono arrivati i chiarimenti, situazione a cui non è corretto ricollegare alcuna sanzione.


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