Stop all’agevolazione sui marchi ma restano know how e modelli
Marchi d’impresa fuori dal patent box a partire dalle istanze d’accesso presentate nel 2017. Questa la novità apportata dalla manovrina (decreto legge n. 50/2017).
Un passo indietro aiuta a comprendere la portata della modifica. Con la legge di Stabilità 2015 (legge 190/2014), anche l’Italia si è dotata di una leva fiscale per incentivare l’attività di ricerca e sviluppo con una parziale detassazione (50%) del reddito derivante dallo sfruttamento, diretto o indiretto, di beni immateriali qualificati.
Una misura diffusa da anni negli Stati europei più attenti ad attrarre i gruppi multinazionali. Una prassi nel mirino del progetto Beps dell’Ocse, volto a colpire quei regimi di “fiscalità à la carte” che sarebbero tra i responsabili del profit shifting, il fenomeno per cui i redditi sfuggono alla tassazione nel Paese ove vengono prodotti.
L’Action 5 del progetto Beps ha l’obiettivo di allineare i regimi al nexus approach. Secondo l’Ocse, non rientrerebbero mai nel nexus i marketing-related IP assets. Oltre a brevetto e software protetto da copyright, l’Ocse ammette una categoria aperta di IP che: condividano le caratteristiche del brevetto (non-obviousness, usefulness e novelty); ne condividano la “funzione”; siano soggetti a una procedura trasparente di certificazione da parte di un’autorità pubblica indipendente dall’amministrazione finanziaria; i cui titolari non superino determinati requisiti dimensionali.
Il nostro patent box, aperto ai marchi d’impresa e al know-how (oltre che a disegni e modelli) presentava profili di difformità rispetto a queste indicazioni. Nonostante l’Ocse abbia fissato nel 30 giugno 2016 la deadline per l’adeguamento, questa difformità è sopravvissuta fino alla manovrina e quindi fino alle istanze presentate entro il 31 dicembre 2016 (questo perché le raccomandazioni Ocse, nel rispetto della gerarchia delle fonti, non possono certo modificare una legge).
Ora l’Italia esclude i marchi, facendo salvi know-how, disegni e modelli. L’esclusione vale solo per le istanze presentate dal 2017, equiparando soggetti “solari” e non. Per le istanze presentate nel 2015 e nel 2016, i soggetti beneficiari potranno quindi fruire dell’agevolazione sul marchio per tutto il quinquennio.
Molti Paesi Ue (tra cui Belgio, Cipro, Irlanda, Spagna e Olanda, Ungheria e, a breve, il Lussemburgo) hanno modificato la propria legislazione per escludere i marchi. Molti tra i Paesi citati hanno beneficiato per anni di IP box “a maglie larghe” ove la determinazione dell’agevolazione è stata spesso il frutto di accordi tra multinazionali estere e Fisco locale. Questi ruling vacillavano sul confine degli aiuti di Stato. In Italia nel biennio 2015/2016 sono state 2.778 le istante di agevolazione aventi per oggetto i marchi, ovvero il 40% del totale. L’adesione all’impegno preso in sede Ocse non era forse più procrastinabile: tuttavia, guardando al peculiare tessuto industriale del Paese, a seguito della modifica il regime perde una rilevante parte del suo appeal. In questi giorni si stanno peraltro intensificando i contraddittori e l’Agenzia e i contribuenti dovranno adoperarsi per dare stabilità e certezza a un’agevolazione che resta comunque una forma di attrazione di investimenti per il nostro Paese.