Stop agli atti riqualificati anche per il passato
La cessione totalitaria di quote e la successiva fusione non possono essere più riclassificate in cessione di azienda in quanto la norma, che non consente più agli uffici la riqualificazione di una pluralità di atti sottoposti alla registrazione, vale anche per il passato. A precisarlo è la Ctp di Milano con la sentenza 3533/7/2019 depositata il 5 settembre scorso (presidente Mainini, relatore Grossi).
L’Agenzia riqualificava una cessione totalitaria di quote e una successiva fusione per incorporazione avvenuta tra due società, come un unico atto di cessione di azienda. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario lamentando un’errata interpretazione della disposizione anche alla luce delle modifiche recentemente intervenute. In particolare, l’originaria versione dell’articolo 20 del testo unico del registro, prima delle modifiche del 2018, prevedeva che l’imposta di registro fosse applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrispondesse il titolo o la forma apparente.
Successivamente, il nuovo testo ha precisato che l’applicazione dell’imposta debba avvenire sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti a esso collegati. La nuova formulazione non consente, così, la riqualificazione di più atti ai fini dell’imposta del registro.
L’Agenzia si costituiva in giudizio lamentando che la nuova norma non aveva carattere interpretativo e pertanto non poteva valere per il passato. Il collegio milanese ha innanzitutto rilevato che la modifica normativa, da quanto emerge nella relativa relazione illustrativa, era volta a limitare l’interpretazione all’unico atto da registrare evitando cioè di considerare anche altri elementi o atti.
L’obiettivo del legislatore, quindi, era porre fine alla prassi degli Uffici finanziari di riqualificare una serie di atti in uno unico pretendendo l’imposta proporzionale.
La norma modificativa è entrata in vigore il 1° gennaio 2018. Tuttavia, ha osservato la Ctp, l’articolo 1, comma 1084, della legge di Bilancio 2019, ha conferito efficacia retroattiva alle predette modifiche dell’articolo 20 citato. Tale ulteriore intervento si è reso necessario perché la Corte di cassazione aveva invece escluso detta efficacia retroattiva. Ne consegue così che l’attività riqualificatoria dell’amministrazione in materia di atti sottoposti a registrazione può essere svolta unicamente sulla base degli elementi desumibili dall’unico atto oggetto di controllo.
La decisione sembra uniformarsi alle recenti indicazioni dell’Ufficio del Massimario della Suprema Corte, contenute all’interno della rassegna sulle pronunce di legittimità in materia tributaria del primo semestre di quest’anno: il Massimario, infatti, ha evidenziato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, la riforma opera solo per il futuro. Solo con la legge di Bilancio 2019, la nuova norma è stata infatti espressamente qualificata di interpretazione autentica con la ovvia conseguente applicazione anche per gli atti passati.
Ctp di Milano, sentenza 3533/7/2019