Stop al raddoppio dei termini esteso al socio che non ha commesso il reato
L’amministrazione non può iscrivere a ruolo i tributi accertati alla società usufruendo del raddoppio dei termini per poi richiedere il pagamento al socio che non ha commesso il reato. Questo perché il raddoppio dei termini opera solo nei confronti di colui nei cui confronti è stata avanzata ipotesi di reato e non anche per gli altri. Va pertanto esclusa la responsabilità solidale e illimitata dei soci per i tributi non pagati della società. Così la sentenza 2/3/2017 della Ctp Treviso (Presidente Maras, relatore Maldari).
L’amministrazione accerta per gli anni dal 2003 al 2005 una Snc, esercente attività di autotrasporti, ed i tre soci, sulla scorta di ricavi non contabilizzati, dedotti dalla documentazione extracontabile rinvenuta presso l’abitazione di uno dei soci.
Soci e società ricorrono e nel marzo 2015 la Ctp annulla la pretesa in capo alla società ed ai due soci per intervenuta decadenza del potere accertativo. La pretesa rimane valida solo nei confronti del socio che ha commesso reato, atteso che nei suoi soli confronti si applica il maggior termine.
Nonostante ciò l’amministrazione iscrive a ruolo nel 2016 l’Iva e l’Irap societari per oltre 900 mila euro che richiede ai due soci già vittoriosi nel contenzioso contro gli accertamenti. I contribuenti ricorrono allora in Ctp sostenendo che l’iscrizione è nulla perché poggia su accertamento societario già precedentemente annullato.
Secondo i giudici di merito l’amministrazione ha mal interpretato la sentenza della Ctp emessa nel 2015, ove è stata ben distinta l’operatività del raddoppio dei termini che vale solo in capo al soggetto che ha commesso, e non per gli altri. L’azione del fisco è vana per intervenuta decadenza che travolge anche i tributi della società. La pretesa può essere avanzata solo nei confronti del socio che ha commesso il reato.