Controlli e liti

Stop alla richiesta del concessionario della riscossione di integrare il contraddittorio

La sentenza 665/1/2021 della Ctp Enna: litisconsorzio facoltativo e rischio di dilatazione dei tempi del processo

Va disattesa la richiesta di integrazione del contraddittorio con l’agenzia delle Entrate avanzata dal concessionario della riscossione nel giudizio. Questo perché si ricade nella ipotesi di litisconsorzio facoltativo e quindi il giudice non deve integrare il contraddittorio. Va poi annullata l’iscrizione a ruolo e la derivata cartella se non stata fornita la prova della notifica dell’atto presupposto. Così la sentenza 665/1/2021 della Ctp Enna (presidente e relatore Graffeo).

La vicenda

Il concessionario della riscossione notifica un’iscrizione a ruolo, tramite cartella esattoriale, ad un contribuente siciliano attraverso il quale richiede oltre 7mila euro a titolo di Irpef e Iva derivante da controllo ai sensi dell’articolo 36-ter della dichiarazione redditi per l’anno d’imposta 2015 e liquidazioni periodiche Iva 2017 ai sensi dell’articolo articolo 54-bis.

Il contribuente si oppone con ricorso-reclamo depositato nel maggio 2020, e notifica l’atto all’ente di riscossione, sollevando contestazioni riguardanti sia l’agente della riscossione sia l’agenzia delle Entrate, in particolare l’omessa notifica dell’atto presupposto al ruolo.

Si costituisce nel giugno 2020 il concessionario, il quale chiede l’inammissibilità del ricorso introduttivo e l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’agenzia delle Entrate con richiesta di rinvio a nuova udienza. Replica il contribuente con memoria depositata il 19 aprile 2021, ritenendo la richiesta avanzata dal concessionario priva di fondamento giuridico.

La decisione

Il collegio ritiene illegittimo il comportamento processuale della parte resistente e accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Dal punto di vista processuale, la richiesta di integrazione del contraddittorio avanzata dal concessionario non può essere accolta. Intanto il contribuente, destinatario di una cartella di pagamento, può impugnarla evocando in giudizio tanto il concessionario quanto l’ente creditore, senza necessità di evocarli entrambi e, poiché si verte in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, il giudice non è tenuto a disporre l’integrazione del contraddittorio. Il concessionario avrebbe potuto attivarsi tempestivamente anche tramite litis denuntiatio.

Poi la richiesta va altresì disattesa perché ciò dilaterebbe ingiustamente i tempi del processo, in contrasto con l’articolo 111 della Costituzione.

Infine l’ammissione del terzo nel processo tributario non permetterebbe a questi di produrre documenti. Difatti il terzo soggiace alle stesse preclusioni processuali delle parti già presenti, tra cui l’impossibilità di produrre documenti essendo già decorso il termine di venti giorni stabilito dall’articolo 32 del decreto legislativo 542 del 1992, applicabile anche in caso di rinvio di udienza. E inoltre, rinviare l’udienza produrrebbe un danno al ricorrente siccome aumenterebbero gli interessi moratori.

L’onere probatorio

Dal punto di vista delle prove, manca la documentazione – avvisi bonari – posta a base del ruolo e della derivata cartella di pagamento emessa ai sensi dell’articolo 36-ter del Dpr 600 del 1973 e dell’articolo 54-bis del Dpr 600 del 1973. In altri termini, mancano gli atti prodromici su cui è fondata la pretesa fiscale.

Quindi, se il contribuente contesta la sussistenza della pretesa fiscale, in base all’articolo 2697 del Codice civile e dell’articolo 115 del codice di rito, l’onere di provare i fatti costitutivi della medesima pretesa grava sulla parte resistente, sia essa agenzia delle Entrate ovvero concessionario. Con la conseguenza che, se la parte resistente non assolve tale onere probatorio, il ricorso va accolto.

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