Professione

Sui falsi crediti di imposta R&S pene severe anche per i consulenti

Dopo la circolare 4/E controlli intensificati su imprese e intermediari per attestazioni che danno origine a frodi

di Laura Ambrosi

I comportamenti fraudolenti di imprese beneficiarie di crediti di imposta ricerca e sviluppo, secondo le indicazioni della circolare 4 del 2021 sono caratterizzati, in vari casi, dall’assistenza di consulenti specializzati, dediti alla costruzione di documentazione solo formalmente corretta per dimostrare la spettanza del credito.
Si tratta di fattispecie illecite che comportano conseguenze particolarmente gravi nei confronti dei professionisti coinvolti. In prima battuta, di una eventuale documentazione falsa a supporto del credito risponde l’imprenditore interessato; ma non si può escluderse l’ipotesi di concorso del professionista che ha consapevolmente supportato il cliente in questa fase (illecita).

Ma il professionista è compartecipe nei reati tributari commessi dal cliente, solo se è integrato il dolo specifico dell’illecito. Quindi l’apporto professionale prestato deve essere caratterizzato dalla volontà fraudolenta finalizzata all’evasione.L’indagine sarà tesa ad accertare che il professionista abbia agito scientemente insieme al cliente, per realizzare lo scopo prefigurato da quest’ultimo.Al contrario, è esclusa la responsabilità a titolo di concorso nel caso in cui il professionista abbia operato sulla base dei dati forniti dal cliente, dati che il cliente ha garantito essere veri e sui quali non ci sono elementi che facciano supporre falsità.Allo stesso modo, è immune da censure l’operato del professionista che si sia limitato a prestare una mera consulenza, informando il proprio cliente delle possibili conseguenze, anche penali, derivanti da determinate condotte.Secondo la Cassazione (sentenza 8785/2020) nella maggior parte dei reati tributari non vi è dubbio che il soggetto attivo del reato possa essere soltanto il contribuente obbligato dell’adempimento.Tuttavia anche soggetti diversi (ad esempio commercialisti, consulenti contabili, avvocati e in generale coloro che prestano assistenza in materia tributaria) possono essere ritenuti compartecipi nei delitti del proprio cliente, ma è necessario che l’apporto prestato sia caratterizzato da volontà fraudolenta finalizzata all’evasione.

Da evidenziare poi che, in base all’articolo 13 bis del Dlgs 74/2000, in tema di delitti tributari, la pena è aumentata fino alla metà, se il reato è commesso dal compartecipe nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso modelli seriali di evasione fiscale.Sul punto i giudici di legittimità sono ormai concordi (per tutti sentenza 36212/2019) che l’aggravante richieda un utilizzo non episodico della pratica illecita. Si tratta, a ben vedere, proprio dell’ipotesi delineata nella circolare a proposito del coinvolgimento dei consulenti nella fruizione dei crediti di imposta ricerca e sviluppo da parte di clienti.L’aggravante scatta anche se il modello “seriale” viene utilizzato in proprio a beneficio del professionista e non del cliente.

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