Controlli e liti

Sull’affitto di azienda nei tribunali sempre meno veti

di Stefano A.Cerrato

Nell’ottica di combattere la desertificazione del tessuto produttivo italiano, nel 2012 il legislatore ha previsto e riconosciuto un regime di favore alle domande di concordato che propongano la prosecuzione dell’attività d’impresa, sia in forma diretta da parte del debitore stesso che indiretta (cioè mediante cessione o conferimento dell’azienda in esercizio).

La mancata inclusione dell’affitto di azienda fra queste alternative ha suscitato un ricco dibattito giurisprudenziale che ha visto contrapporsi opinioni contrastanti. Secondo una folta schiera di giudici, il ricorso all’affitto dell’azienda non permetterebbe di accedere ad un concordato con continuità: vi osterebbe la circostanza che sui creditori non ricada alcun rischio tipico d’impresa, limitandosi l’imprenditore in concordato a riscuotere i canoni dell’affitto senza residua aleatorietà (Corte di appello di Firenze, 5 aprile 2017; Tribunale di Pordenone, 19 gennaio 2017; Tribunale di Terni, 12 febbraio 2013), senza contare il fatto che la norma, da intendersi come eccezionale e quindi non passibile di interpretazioni estensive, non lo prevede (Tribunale di Pordenone, 4 agosto 2015; Tribunale di Ravenna, 22 ottobre 2014).

A metà strada si collocano coloro che escludono l’ammissibilità del concordato con continuità quando l’affitto sia antecedente alla domanda, in quanto non vi sarebbe più “un’azienda in esercizio” o comunque non è previsto un obbligo di acquisto a carico dell’affittuario (Tribunale di Busto Arsizio, 1° ottobre 2014; Tribunale di Patti, 12 novembre 2013; Tribunale di Terni, 2 aprile 2013).

Sembra tuttavia prevalere l’opposta tesi della compatibilità dell’affitto di azienda con il concordato in continuità, fondata su una lettura oggettiva del concetto di “esercizio” dell’impresa, per cui non sarebbe rilevante chi giuridicamente conduca l’azienda ed a quale titolo ma il fatto che l’attività prosegua (Tribunale di Bolzano, 9 gennaio 2018; Tribunale di Alessandria, 22 marzo 2016), ed anche quando l’affitto sia antecedente alla domanda di concordato (Tribunale di Bolzano, 10 marzo 2015; Tribunale di Reggio Emilia, 21 ottobre 2014).

La tesi della compatibilità è in effetti coerente sia con l’obiettivo del legislatore di favorire il mantenimento in vita dei complessi produttivi sia, in prospettiva, con le linee di riforma tracciate dalla Commissione Rordorf che nella bozza di decreto delegato sulla crisi qualifica come concordato in continuità indiretta quello che preveda la cessione, l’usufrutto, l’affitto stipulato anche anteriormente alla presentazione del ricorso, il conferimento o l’attribuzione dell’azienda a terzi a qualunque altro titolo (lo riconosce anche il Tribunale di Como, 9 febbraio 2017). Così, anche una proposta di scissione può integrare i presupposti della continuazione (Tribunale di Mantova, 11 aprile 2014).

Una conferma ulteriore che la direzione verso cui si sta muovendo il diritto della crisi è nel senso di favorire la conservazione in vita del complesso produttivo dell’impresa in difficoltà.

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