Imposte

Superbonus giù al 90%, per le villette soglia a 15mila euro

Il governo tenta di far cadere la scure sul 110% già nel decreto Aiuti-quater. Salvi gli interventi per i quali è stata già presentata una Cila

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il taglio al superbonus non aspetta la manovra. Per non appesantire la legge di bilancio con un dossier ad altissimo tasso di polemica politica, e soprattutto per provare a blindare la riduzione dei costi di un incentivo che nei calcoli illustrati mercoledì dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha già sforato di 37,8 miliardi lo stanziamento messo a bilancio per il 2023-26, il governo tenta di far cadere la scure già nel decreto Aiuti-quater esaminato nel tardo pomeriggio del 10 novembre dal consiglio dei ministri: con un intervento che riduce di 4,5 miliardi i costi dell’incentivo, spendendone però 2,5 per le villette.

Come anticipato sul Sole 24 Ore, infatti, nel testo arrivato a Palazzo Chigi c’è il nuovo Superbonus al 90% dal 1° gennaio prossimo: e scatena le proteste immediate di imprese e professionisti del mattone. Il regime transitorio promesso dal governo si concretizza in una clausola che mantiene il 110% anche il prossimo anno per chi alla data di entrata in vigore del decreto abbia già effettuato la comunicazione di inizio lavori (Cila) o presentato la documentazione necessaria negli interventi di demolizione e ricostruzione. Il bonus continuerà poi a essere «super», al 110%, fino al 2025 per gli interventi realizzati dalle Onlus sulle strutture sociosanitarie.

Anche nel tentativo di attenuare il contraccolpo politico, come da programmi il governo usa bastone e carota. E affianca al taglio dell’incentivo la riapertura del bonus per le villette. Resta in pista la proroga al 31 marzo 2023 per il completamento dei lavori di chi, al 30 settembre, aveva raggiunto il 30% degli interventi. E per i nuovi interventi arriva l’incentivo al 90%, ma con un doppio vincolo: le riqualificazioni finanziate dallo Stato potranno riguardare solo le unifamigliari utilizzate come prima casa da contribuenti che non superano una certa soglia di reddito.

Proprio su quest’ultimo punto arrivano le novità più importanti, ricche anche di potenziali conseguenze per lo sviluppo di una futura riforma fiscale. Nel meccanismo di calcolo del limite di reddito che dà diritto all’incentivo per le villette fa infatti il proprio debutto ufficiale una prima forma di «quoziente famigliare». La soglia di riferimento è fissata infatti a 15mila euro. Ma per calcolarla occorrerà sommare tutti i redditi della famiglia e dividerli poi per un coefficiente determinato dal numero di membri del nucleo famigliare. Il coniuge aggiunge un punto al denominatore, un terzo componente della famiglia (per esempio un figlio) aggiunge uno 0,5 mentre i punti extra tornano all’unità per i componenti successivi (per esempio un secondo figlio). Tradotto in pratica, significa che per una coppia il tetto al reddito complessivo si attesta a 30mila euro, per una famiglia di tre persone arriva a 37.500, con quattro componenti si sale a 52.500 e così via.

Gli stessi limiti di reddito, secondo la bozza esaminata ieri dal consiglio dei ministri, daranno diritto a un contributo aggiuntivo rispetto al 90% per gli investimenti nei condomini e nelle case degli Iacp. Si completa così la riscrittura della misura nei termini dell’«equità» sostenuta l’altroieri dal ministro dell’Economia. Ma l’aiuto, da quantificare, può avere anche l’effetto pratico di evitare il blocco nei lavori in assemblea da parte di condomini contrari a causa delle loro condizioni reddituali.

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