Telefisco 2024, le risposte del Mef: tributi locali
Pubblichiamo per la prima volta le risposte del ministero dell’Economia e finanze ai quesiti di Telefisco 2024. In tema di tributi locali le risposte sono state date dal dipartimento delle Finanze.
Imposta di soggiorno non versata all’hotel
Nella risposta a interpello 3/2022 dell’agenzia delle Entrate, è stato affermato che la tassa di soggiorno va inserita eventualmente nei corrispettivi con il codice di esclusione in base all’articolo 15, comma 1 n. 3, del Dpr 633/72 nel presupposto che si tratti di una somma anticipata «in nome e per conto del turista» il quale è il responsabile di imposta. Da tale presupposto, nell’ipotesi in cui il turista non corrisponda all’albergatore l’imposta di soggiorno, come dovrà comportarsi l’albergatore nella dichiarazione periodica e nel versamento? È sufficiente presentare un’istanza al comune indicando gli estremi del turista inadempiente?
Si ritiene, in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza contabile, che l’imposta di soggiorno debba essere richiesta al gestore della struttura ricettiva in quanto responsabile del versamento dell’imposta. Ed invero, la Corte dei Conti Sez. giur. per la regione Lombardia nella sentenza n. 159 del 2021 ha statuito che: “con la riforma introdotta dall’articolo 180 del D.L. n. 34 del 2020, i gestori delle strutture ricettive sono stati considerati responsabili d’imposta con diritto di rivalsa dell’imposta di soggiorno nei confronti del turista.
Di conseguenza, sono obbligati a versare il tributo anche qualora il soggetto che ha alloggiato non abbia versato loro l’ammontare corrispondente.
Per tale motivo, in caso di omesso versamento del tributo, il Comune può rivolgersi anche solo al gestore, pretendendo il pagamento dell’imposta e della sanzione del 30%, ex articolo 13, D. Lgs. n. 471 del 1997”.
Si deve, altresì, aggiungere che la stessa statuizione è stata confermata dalla Sez. giur. per la regione Emilia-Romagna nella sentenza n. 27 del 2022.
Oneri della riscossione coattiva
Il decreto 14 aprile 2023 del ministero dell’Economia e - relativo all’individuazione delle misure relative al costo della notifica degli atti degli enti locali correlata all’attivazione di procedure esecutive e cautelari a carico del debitore - prevede, all’articolo 7, il rimborso delle spese sostenute per le attività funzionalmente connesse allo svolgimento della procedura di riscossione coattiva. In particolare, l’articolo in questione, dispone che «oltre al rimborso di cui agli articoli 5 e 6, compete anche il rimborso delle spese vive, diritti ed oneri sostenuti per quelle attività, riportate nella tabella in allegato B, che fa parte integrante del presente decreto, funzionalmente connesse allo svolgimento della procedura di riscossione coattiva. Il rimborso di tali spese spetta sulla base di atti di liquidazione corredati da idonea documentazione». Il successivo comma 2, precisa che «per lo svolgimento delle attività comprese nella tabella in allegato B la liquidazione del relativo rimborso è calcolata utilizzando i parametri forensi previsti dalle tabelle allegate al decreto del ministro della Giustizia 10 marzo 2014, n. 55, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto». Nel caso in cui il Comune (o il concessionario della riscossione iscritto all’albo disciplinato dall’articolo 53, del Dlgs 446/1997) svolga direttamente la riscossione coattiva, procedendo al pignoramento diretto dello stipendio per un credito comunale, ad esempio, di euro 2.500, è possibile richiedere oltre alle spese di cui alla tabella A (euro 57) anche quelle relativa alla tabella B (898 euro, a valori medi da Dm 147/2022)?
Per quanto concerne l’individuazione delle misure concernenti il costo della notifica degli atti correlata all’attivazione di procedure esecutive e cautelari a carico del debitore, ivi compresi i diritti, gli oneri e le eventuali spese di assistenza legale strettamente attinenti alla procedura di recupero, nonché le tipologie di spesa oggetto del rimborso, occorre fare riferimento all’art. 5 del Decreto 14 aprile 2023, il quale rinvia alla Tabella A allegata al Decreto in discorso, i cui valori rimborsano tutti i costi e gli oneri sostenuti per l’attivazione delle procedure cautelari ed esecutive.
Nel caso in cui per recuperare il credito sia necessario porre in essere ulteriori attività, funzionalmente connesse allo svolgimento della procedura di riscossione coattiva e individuate dalla tabella B allegata al medesimo Decreto, al Comune o al soggetto affidatario che gestisce la riscossione coattiva compete anche il rimborso delle spese vive, dei diritti e degli oneri sostenuti per le suddette attività, sempre che tali spese siano supportate da atti di liquidazione corredati da idonea documentazione.
Ravvedimento operoso
L’articolo 13 del Dlgs 472/1997, consente la regolarizzazione di qualsivoglia violazione anche omissiva, senza limiti di tempo, a condizione che non vi siano stati accertamenti. Secondo l’interpretazione tradizionale, l’unica modalità di regolarizzazione dell’omissione dichiarativa è quella di cui all’articolo 13, comma 1, lettera c), del Dlgs 472/1997, secondo cui la sanzione è ridotta a un decimo in caso di presentazione della dichiarazione con ritardo non superiore a 90 giorni. A ben vedere, però, tale conclusione si adatta solo ai tributi erariali, alla luce dell’articolo 2, comma 7, del Dpr 322/1998, a mente del quale le dichiarazioni presentate oltre i 90 giorni si considerano omesse. Nel comparto dei tributi locali, al contrario, non esiste alcuna previsione che qualifichi come omesse le dichiarazioni tardive, anche oltre i 90 giorni, mentre nell’articolo 13 si legge chiaramente, per l’appunto, che le violazioni regolarizzabili nelle varie scadenze di legge, ad esempio entro la dichiarazione successiva (lettera b) del medesimo articolo 13), possono riguardare indifferentemente «gli errori e le omissioni, anche se incidenti sulla determinazione e il pagamento del tributo», dunque tutte le violazioni, comprese le omesse dichiarazioni. Si è quindi della convinzione che nei tributi locali sia sempre possibile ravvedere una dichiarazione omessa anche oltre i 90 giorni dalla scadenza, secondo le regole ordinarie. Vale segnalare infine che nella circolare del Mef n. 184 del 1998, mentre nella parte Ici si prende una posizione restrittiva, nella parte riferita alla Tarsu ci si esprime nel senso della ravvedibilità dell’omessa dichiarazione entro l’anno, che all’epoca era il termine ultimo per il ravvedimento. Si condivide questa ricostruzione interpretativa?
Si condivide l’interpretazione proprio perché per i tributi locali non esiste un discrimine tra dichiarazione tardiva e dichiarazione omessa.
Se il ravvedimento viene effettuato entro i 90 giorni si applica l’art. 13, comma 1, lett. c) oppure le altre ipotesi previste dalle lett. precedenti in quanto applicabili.
In materia di tributi locali, nel caso di mancata presentazione della prescritta dichiarazione entro il termine previsto dalla normativa che disciplina il singolo tributo, non viene mai operata una distinzione fra l’omessa e la tardiva presentazione della dichiarazione come, invece, avviene per le imposte erariali, per le quali l’art. 2, comma 7 del D.P.R. n. 322 del 1998, prevede che le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse.
Per quanto concerne i tributi locali, pertanto, in mancanza di previsioni specifiche, si ritiene che sia sempre possibile ravvedere una dichiarazione omessa anche oltre i 90 giorni dalla scadenza, secondo le disposizioni previste dall’art. 13 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
In concreto, quindi, se la dichiarazione viene presentata entro i 90 giorni dalla scadenza del termine prescritto, si applica la sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 472 del 1997. In caso contrario, potranno essere applicate le sanzioni previste dalle altre ipotesi contemplate dall’art. 13 in discorso, in quanto compatibili.