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Terzo settore, il presidente dell’associazione risponde anche dei debiti precedenti alla nomina

La sentenza 1730/3/2021 della Ctr Calabria: la responsabilità non viene meno per la mancata pregressa gestione

Il presidente dell’associazione è responsabile anche per debiti fiscali pregressi alla nomina. Questo quanto emerge da una recente pronuncia dei giudici tributari (sentenza 1730/3/2021 della Ctr Calabria), in tema di responsabilità negli enti senza personalità giuridica e, dunque, del regime ex articolo 38 del Codice civile, a mente del quale delle obbligazioni risponde personalmente e solidamente chi ha agito in nome e per conto dell’ente. Il caso esaminato dai giudici riguarda, in particolare, la sussistenza o meno di una responsabilità del Presidente di un’associazione non riconosciuta ove la carica sia stata assunta successivamente all’anno fiscale oggetto di accertamento a carico dell’ente.

La risposta è positiva e si pone in linea con i principi di diritto della giurisprudenza di legittimità. La responsabilità del legale rappresentante non viene infatti meno, ai fini fiscali, per la mancata pregressa gestione dell’ente, in ragione dell’onere di redigere e presentare la dichiarazione dei redditi e operare, ove necessario, le rettifiche della stessa (Cassazione, sentenza 19985/2019).

In altri termini, il Presidente è responsabile della gestione complessiva dell’associazione e ciò implica anche la verifica della correttezza della situazione fiscale degli esercizi in cui non era in carica. Con la conseguenza che risponde nel caso in cui vi siano irregolarità e non proceda alla rettifica delle dichiarazioni sottoscritte dal precedente Presidente.

Si tratta, peraltro, di precisazioni che assumono rilevanza anche alla luce delle novità del Codice del Terzo settore (Dlgs 117/2017 o Cts). Con la riforma, si introduce una disciplina ad hoc in tema di responsabilità ma non più gravosa di quella prevista per gli enti che restano fuori dall’istituendo Registro unico nazionale del Terzo settore.

La normativa recata dal Cts risulta plasmata su quella civilistica dedicata alle società e che risponde all’esigenza di assicurare agli enti del Terzo settore (Ets) un rafforzamento della professionalità e diligenza da parte di chi agisce in nome e per conto dell’ente. Si pensi, ad esempio, ad un’associazione sportiva dilettantistica (Asd) che non acceda al Runts e rimanga iscritta nel solo Registro Coni. In quest’ipotesi, il regime di responsabilità applicabile agli amministratori dell’Asd non si pone come “più attenuato” rispetto a quello previsto dall’articolo 28 del Cts. Sul punto, é la stessa giurisprudenza a confermare tale convincimento. Sebbene gli amministratori di un’associazione (non Ets) siano chiamati ad adempiere con la diligenza del buon padre di famiglia in forza dell’applicazione dell’articolo 1710 del Codice civile (richiamato all’articolo 18 del Codice civile), ricorrerebbe in ogni caso un’ipotesi di «responsabilità aggravata» ove si tratti di obbligazioni inerenti l’esercizio di un’attività professionale. In quest’ipotesi, secondo i giudici, la diligenza non sarebbe più quella del buon padre di famiglia ma quella richiesta dalla natura dell’incarico o dalle competenze professionali ex articolo 1176, comma 2 del Codice civile (Tribunale di Roma, sentenza 1456 del 2018; Tribunale di Milano, sentenza 3598 del 2017).

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza più recente, gli amministratori degli enti – a prescindere dalla qualifica o meno di Ets – sono tenuti ad adempiere ai propri doveri con un grado di diligenza che risulterebbe assimilabile a quello richiesta per chi amministra enti profit.

Nella sostanza, il Cts non condurrebbe ad un aggravamento dei profili di responsabilità degli amministratori degli enti rispetto a quelle previste per chi amministra il resto del non profit, ma soltanto un regime di pubblicità che assicura maggior trasparenza nella gestione della vita associativa.