Transfer price, consociate estere non comparabili ai distributori indipendenti
Le consociate distributrici estere non sono automaticamente comparabili ai distributori indipendenti ai fini del transfer pricing. È quanto emerge dalla sentenza 442/2017 della Ctr Toscana che ha confermato la pronuncia di primo grado la quale già aveva dato ragione alla società contribuente.
L'ufficio ha sostenuto la propria pretesa impositiva nei confronti di una società italiana produttrice assumendo, sostanzialmente, che la consociata distributrice estera avesse un profilo funzionale comparabile a quello dei distributori indipendenti utilizzati sul territorio italiano. Per tale ragione, l'ufficio riteneva di poter comparare i prezzi praticati alla consociata distributrice estera, ai prezzi praticati ai distributori italiani indipendenti.
La Ctr rigetta l'assimilazione fatta dall'Ufficio tra le operazioni infragruppo e le operazioni con terzi indipendenti, in quanto basata su un'analisi funzionale che non aveva correttamente tenuto conto delle differenze esistenti tra la consociata distributrice estera e i distributori indipendenti italiani in termini di funzioni e rischi. Secondo la Ctr, l'Ufficio avrebbe dovuto valorizzare tali differenze, relative ad elementi già indicati dall'Ocse nelle guidelines in materia di transfer pricing.
In primo luogo, le varie funzioni esercitate dalla consociata distributrice estera (marketing, promozione ed assistenza tecnica) non egualmente riscontrabili nei distributori italiani indipendenti. In secondo luogo, le diverse condizioni contrattuali riscontrate nei contratti di distribuzione stipulati con la consociata distributrice estera rispetto a quelle riscontrate nelle pattuizioni con i distributori italiani indipendenti.
Questi primi due elementi avrebbero sostanzialmente permesso di apprezzare la differenza tra un limited-risk distributor (i distributori italiani) e un quasi-full-fledged distributor (la consociata estera), non immediatamente comparabili senza opportuni aggiustamenti.
Inoltre, secondo la Commissione tributaria, l'Ufficio avrebbe dovuto valorizzare la diversa ampiezza dei mercati, la diversa entità dell'offerta e della domanda e la diversa presenza di concorrenza.
Questi ultimi elementi avrebbero permesso di apprezzare le diverse condizioni di mercato (che l'Ocse individua, ad esempio, negli industry trends, nel competitive environment e nei sales volume) e, quindi, di valutare meglio l'opportunità, o meno, di fare aggiustamenti per migliorare la comparabilità. Si tratta di tutti elementi differenziali che, secondo la Commissione tributaria, «possono ben giustificare un prezzo inferiore concesso dal produttore ai distributori appartenenti al gruppo».
Quindi non tutti i distributori sono uguali tra loro. Funzioni, rischi e condizioni di mercato devono essere necessariamente analizzati e valorizzati ogniqualvolta comportino difetti di comparabilità che devono essere considerati prima di assumere che siano state poste in essere politiche di transfer pricing e che i prezzi praticati non siano in linea con il principio di libera concorrenza. E ciò deve valere sia quando si analizzano, come nel caso esaminato, distributori esteri di un gruppo italiano rispetto ad altri distributori, sia quando si analizzino distributori italiani di un gruppo estero rispetto ad altri distributori.
Ctr Toscana, sentenza 442/2017