Imposte

Trasformazioni extraUe: pro e contro della scelta tra le opzioni possibili

Perfezionamento passivo oppure esportazione con imposta assolta al rientro

Quando è il soggetto nazionale che intende far eseguire una lavorazione in un Paese extraUe, il regime doganale appropriato è quello del perfezionamento passivo. Come per le lavorazioni eseguite in Italia su beni da riesportare, così anche per l’invio all’estero dei beni (fuori Ue) a fini di lavorazione/trasformazione, l’operatore residente potrebbe ritenere più conveniente, soprattutto per evitare le formalità connesse allo specifico regime, procedere con un’esportazione definitiva senza passaggio di proprietà.

Tale modalità è contemplata dalla circolare n. 156/1999 che ammette l’esportazione definitiva a soli fini doganali. L’operazione - che non rileva quale cessione all’esportazione ai fini Iva - implica l’assolvimento dell’imposta all’atto della reimportazione sul valore dei beni, compreso il valore della lavorazione, ma solo nel caso in cui il tributo a essa relativo non sia già stato assolto in reverse charge (circolare 37/E/2011).

È tuttavia possibile effettuare una vera e propria cessione, tale anche sotto il profilo civilistico, con trasferimento della proprietà dei beni al terzista incaricato e compensazione finanziaria fra le posizioni di credito/debito maturate (ovverosia fra il credito del cedente/committente per il prezzo dei beni ceduti ai fini della lavorazione, e il debito verso il cessionario/prestatore per il corrispettivo della retrovendita dei beni lavorati), fermo l’obbligo di assolvere l’Iva in dogana al rientro/acquisto dei beni nel territorio dello Stato.

Come precisato dalla Corte di cassazione (sentenza n. 28709/2017), tali operazioni dovranno però essere debitamente comprovate nella loro sostanza giuridica ed economica. Diversamente, la procedura potrebbe essere contestata con le inevitabili ricadute (basti pensare al disconoscimento del plafond alimentato dalle cessioni all’esportazione non imponibili, riqualificate come semplici esportazioni doganali).

Analoghe cautele andranno adottate a ruoli invertiti. Ossia nel caso dell’importazione dall’estero (Paesi extraUe) di beni oggetto di lavorazione in Italia (si veda l’articolo qui a sinistra). Nel timore di vedersi preclusa la detrazione dell’Iva assolta in dogana, il terzista nazionale che importi a titolo definitivo merci da sottoporre a lavorazione, potrebbe infatti decidere, in accordo con il committente, di configurare il rapporto come un acquisto cui far seguire la successiva rivendita dei prodotti ottenuti in esito alla prestazione convenuta. Il disconoscimento dell’effettività dell’operazione potrebbe comportare infatti il recupero della detrazione operata e la contestazione del regime di non imponibilità della successiva “cessione all’esportazione”.

I punti chiave

1 Importazione Ue a tempo
L’importazione temporanea per lavorazione rientra, a livello doganale, nell’ambito del regime sospensivo del perfezionamento attivo che consente di introdurre merce extraunionale nel territorio Ue senza dazi e Iva. Per fruirne, serve apposita autorizzazione. Al termine della lavorazione i beni normalmente vengono riesportati (le regole nella circolare 8/D/2016)

2 Invio extraUe a tempo
Con procedura simmetrica, possono essere inviate all’estero (fuori del territorio Ue) merci unionali per essere sottoposte a lavorazione. Se si utilizza il regime del perfezionamento passivo, la reimportazione dei beni lavorati permette di applicare l’Iva sul solo valore della prestazione di perfezionamento (articoli 69 e 7 ter Dpr 633/1972)

3 Importazione definitiva
Per introdurre nello Stato beni oggetto di lavorazione l’importatore/terzista può optare per l’importazione definitiva assolvendo l’Iva in dogana. La detrazione d’imposta gli spetterebbe però solo se dispone dei beni come proprietario o se i costi d’importazione entrano nel corrispettivo dei beni/servizi forniti in esito alla lavorazione (ordinanza Ue C-621/19)

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