Trasporti internazionali, fuori dalla non imponibilità Iva i servizi a subvettori o subcontraenti
Circolare 5/E: esclusi i servizi prestati a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore, dal destinatario, dal prestatore di servizi di spedizione
Sono esclusi dalla non imponibilità ai fini Iva i servizi resi dalle imprese di trasporto a committenti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore o dal destinatario dei beni. In buona sostanza, sono esclusi dal beneficio della non imponibilità i servizi resi a sub vettori o subcontraenti. Per evitare una procedura di infrazione a carico dell’Italia, infatti, è stato introdotto nell’articolo 9 del decreto Iva, il comma 3 che prevede che la non imponibilità ai fini Iva è prevista per i servizi di trasporto resi all’esportatore, al titolare del regime di transito, all’importatore, al destinatario dei beni o al prestatore di servizi di spedizione.
Lo spartiacque
Ma vediamo nel dettaglio. Il Dl 146/2021 («Misure urgenti in materia economica e fiscale») ha introdotto una importante novità nel testo del decreto Iva dedicato alla disciplina dei servizi internazionali.
In particolare, relativamente al servizio di trasporto, l’articolo 5-septies del decreto ha inserito nel Dpr 633/1972 il comma 3 all’articolo 9, prevedendo che «le prestazioni di cui al primo comma, numero 2) [ovvero i trasporti, ndr] non comprendono i servizi di trasporto resi a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore, dal destinatario dei beni o dal prestatore di servizi di cui al numero 4) del medesimo primo comma».
La norma ha sostanzialmente circoscritto il regime di non imponibilità, escludendo dal beneficio i servizi di trasporto resi a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore e dal destinatario dei beni o dal prestatore dei servizi di cui al n. 4 dell’articolo 9, ovvero colui che presta servizi di spedizione dei beni stessi.
La disposizione introdotta dall’articolo 5-septies si applica dallo scorso 1° gennaio 2022 e quindi alle prestazioni di servizi che si considerano effettuate a partire da tale data. Sul punto, l’agenzia delle Entrate, con la circolare 5/E/2022 ha chiarito che si fa riferimento ai «servizi di trasporto resi a committenti soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato:
• da soggetti passivi anch’essi stabiliti nel territorio dello Stato, a condizione che, in data non anteriore al 1° gennaio 2022, per tali servizi sia stato pagato il corrispettivo (in tutto o in parte e, in tal caso, limitatamente all’importo pagato) o per cui, anteriormente al pagamento, sia stata emessa fattura (per tutto o per una parte del servizio stesso e, in tal caso, limitatamente all’importo fatturato) da parte del fornitore;
• da soggetti che non sono ivi stabiliti, a condizione che tali servizi a partire dal 1° gennaio 2022 siano stati a tutti gli effetti ultimati o che per essi (anteriormente al momento di ultimazione del servizio) il committente abbia pagato (in tutto o in parte e, in tal caso, limitatamente all’importo pagato) la prestazione».
Ne deriva che, fino allo scorso 31 dicembre 2021, si rendeva applicabile la disposizione di cui all’articolo 9, comma 1, n. 2) del decreto Iva, secondo cui detti servizi venivano fatturati in regime di non imponibilità.
Si badi però che, conformemente all’interpretazione della Corte di giustizia da cui peraltro deriva la modifica, la norma dell’articolo 5-septies fa salvi i comportamenti adottati anteriormente al 1° gennaio 2022. Pertanto, se i servizi di trasporto che oggi sono esclusi dal regime di non imponibilità erano stati fatturati con Iva anche anteriormente all’entrata in vigore della modifica normativa, la relativa imposta addebitata al committente in via di rivalsa può essere legittimamente detratta secondo le regole ordinarie, fermo restando un eventuale limite al diritto a detrazione.
I servizi di trasporto internazionale nella normativa Iva
In ambito unionale, la non imponibilità dei servizi di trasporto internazionale trova la sua base giuridica negli articoli 144 e 146 della direttiva 2006/112/Ce che prevedono, rispettivamente, che «gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connessi con l’importazione di beni» ed esentano «le prestazioni di servizi, compresi i trasporti e le operazioni accessorie».
In ambito domestico tali disposizioni sono state recepite nell’articolo 9, comma 1, n. 2 e n. 4 del Dpr 633/1972, secondo cui si considerano non imponibili ad Iva una serie di servizi internazionali ovvero connessi agli scambi internazionali, fra cui «i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono inclusi nella base imponibile ai sensi del primo comma dell’articolo 69» e «i servizi relativi ai trasporti» di cui al precedente punto 2).Queste disposizioni mirano ad assicurare il rispetto del principio di neutralità, fondamentale nella disciplina Iva, e del principio di imposizione nel paese di destinazione, quale paese di consumo.
Chiaramente, quindi, vengono considerati non imponibili non soltanto i consumi dei beni al di fuori del territorio dello Stato, ma anche i servizi ad esso connessi, sia riguardo ai beni in esportazione, sia a quelli in importazione, per evitare, in questo secondo caso, una duplicazione di imposta qualora i corrispettivi relativi al trasporto fossero inclusi nella base imponibile delle importazioni.
Sotto un profilo prettamente civilistico, si ritiene fondamentale per l’analisi della modifica normativa in commento, la diversa definizione di contratto di trasporto e contratto di spedizione: con il primo un soggetto si obbliga ad eseguire il servizio di trasporto, in proprio o anche tramite altri vettori, assumendone il rischio, mentre con il secondo un soggetto si obbliga a concludere con altri soggetti, in nome proprio, ma per conto del proprio committente, il contratto di trasporto e le eventuali prestazioni accessorie, riaddebitandole poi al cliente.
Quanto ai profili fiscali, le norme Iva sulla territorialità prevedono che entrambe le tipologie di servizi trovano la loro disciplina nella regola generale di cui all’articolo 7-ter del decreto Iva. Pertanto, nei rapporti B2B, sono irrilevanti ai fin Iva i servizi resi ad un committente stabilito fuori dal territorio italiano, mentre sono territorialmente rilevanti ai fini Iva quelli ricevuti da un committente italiano, seppur non imponibili.
L’Amministrazione finanziaria, con la circolare del 3 agosto 1979, n. 26, aveva delineato l’ambito di applicazione della norma domestica, precisando che il beneficio nella non imponibilità si rende applicabile a tutti i trasporti dei beni, anche qualora gli stessi vengano effettuati da diversi soggetti, da più vettori ovvero da terzi sub-contraenti.
L’interpretazione di prassi, in effetti datata, aveva comunque dato ampio respiro alla disposizione, prediligendo sostanzialmente un profilo oggettivo della fattispecie in virtù del quale il trasporto - in quanto tale - di beni inviati all’estero, ovvero ricevuti dall’estero, sarebbe comunque non imponibile a prescindere dalla qualifica del committente del servizio che, di fatto, potrebbe non essere colui che invia o che riceve i beni verso o dall’estero.
Le novità dal 1° gennaio 2022
La modifica normativa intervenuta ad opera del Dl 146/2021 trae origine dall’interpretazione della Corte di giustizia Ue che, con la sentenza C-288/16 del 29 giugno 2017, ha affermato il principio secondo cui la norma unionale deve essere interpretata nel senso che «l’esenzione prevista da tale disposizione non si applica ad una prestazione di servizi … relativa a un’operazione di trasporto di beni verso un paese terzo, laddove tali servizi non siano forniti direttamente al mittente o al destinatario di detti beni». Infatti, per prevenire una procedura di infrazione, il legislatore nazionale ha adeguato la normativa interna a tale interpretazione, introducendo il comma 3 all’articolo 9.
Più precisamente, si legge nella sentenza della Corte di giustizia Ue, che l’esenzione prevista dall’articolo 146, periodo 1, lettera e) costituisce un completamento di quella lettera a) dello stesso articolo, secondo cui «gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: …a) le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori della Comunità» e cioè dell’esenzione delle cessioni all’esportazione. Ciò in quanto la disposizione persegue l’obiettivo di garantire che il servizio venga tassato unicamente nel luogo in cui verrà consumato il bene.
Pertanto, la Corte di giustizia Ue, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria italiana, con la citata circolare del 1979, non ha esteso l’imponibilità ai tutti i servizi di trasporto relativi a beni provenienti o destinati all’estero, ma ne ha circoscritto l’applicabilità.
In tale ottica, secondo i giudici unionali, il beneficio non potrebbe essere riconosciuto per prestazioni di servizi, come quelle di traporto, rese ad un soggetto che non agisca direttamente in veste di vettore nei confronti del mittente della merce.
Sul punto Assonime, con la circolare 2/2022, ha precisato, facendo riferimento alla normativa domestica, che i servizi del n. 4 – ovvero i servizi di trasporto - sono i servizi di spedizione relativi ai trasporti di cui al n. 2. Più in dettaglio, «tale fattispecie riguarda, in sostanza, i trasporti effettuati in esecuzione di un contratto di spedizione, e cioè del contratto, riconducibile agli articoli 1737 e seguenti del codice civile, in base al quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere in nome proprio e per conto del mandante un contratto di trasporto. In tale ipotesi, quindi, costituiscono servizi internazionali non imponibili, sia i servizi resi dallo spedizioniere al proprietario della merce, sia quelli resi dal vettore allo spedizioniere».
Questa interpretazione di Assonime deriverebbe dalla diversa locuzione utilizzata dalla norma, rispetto a quella che si legge nella sentenza della Corte di giustizia Ue. Nella prima, infatti, la non imponibilità fa riferimento ai servizi di trasporto resi all’esportatore, mentre i giudici unionali fanno riferimento ai servizi resi al mittente: i due termini potrebbero non coincidere. Per questo motivo, Assonime conclude che i servizi di trasporto debbano ritenersi non imponibili partendo dalla ratio della norma, chiaramente indicata dai giudici unionali, che è quella di esentare le prestazioni di servizi strettamente connesse alla realizzazione dell’operazione di esportazione, utilizzando però il riferimento al mittente e destinatario, anziché all’esportatore, importatore o destinatario dei beni in oggetto, di talché l’espressione importatore ed esportatore sarebbe «intesa in senso ampio e atecnico, per comprendere i committenti dei servizi di trasporto che sono parte della transazione commerciale».
Ancor più precisa l’agenzia delle Entrate che con la circolare 5/E/2022 ha chiarito che sono esclusi dalla previsione di non imponibilità «i servizi di trasporto che riguardano beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i beni in importazione i cui corrispettivi siano inclusi nella base imponibile, qualora i servizi stessi siano prestati a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore, dal destinatario dei beni, dal prestatore di servizi di spedizione».
Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.
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