Tutela limitata per il diniego all’interpello disapplicativo
La possibilità di impugnare le risposte agli interpelli continua a generare dubbi in capo al contribuente nonostante i chiarimenti introdotti dall’articolo 6, comma 1, del Dlgs 156/2015. Nel merito si è espressa di recente la Ctp di Milano con la sentenza 6328/40/2016 (presidente e relatore Locatelli), la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un contribuente contro un provvedimento della Dre con il quale veniva rigettata un’istanza di interpello disapplicativo (in base all’articolo 37-bis, comma 8 del Dpr 600/1973, oggi articolo 11, comma 2 della legge 212/2000), specificando che l’atto impugnato non rientra «tra quelli impugnabili previsti dall’articolo 19 del Dlgs 546/1992».
Infatti, la risposta della Dre non presenta i requisiti minimi per l’impugnabilità (esecutività ed esecutorietà), dal momento che non si tratta di un potere autoritativo con il quale si esercita una pretesa fiscale, bensì ha natura meramente consultiva di carattere non vincolante. Per tali ragioni è considerato un atto amministrativo non provvedimentale.
La Ctp, richiamando l’articolo 6 del Dlgs 156/2015, ribadisce la «inoppugnabilità delle risposte agli interpelli (atti di natura consultiva e non impositiva) e la impugnabilità differita delle risposte agli interpelli disapplicativi», evidenziando che quest’ultima possibilità è ammessa solo in sede di ricorso contro l’unico atto autonomamente impugnabile.
Di parere opposto la Corte di cassazione 17010/2012, che riteneva riconducibile agli atti «facoltativamente impugnabili» anche le risposte agli interpelli, riconoscendo al contribuente la facoltà di adire al giudice in via anticipata ed autonoma rispetto all’atto impositivo.
Il principio espresso vale per la risposta resa dall’ufficio all’istanza di interpello, mentre potrebbe considerarsi impugnabile la revoca in quanto - quest’ultima - potrebbe essere considerata alla stregua di una «revoca di agevolazione» di cui all’articolo 19 del Dlgs 546/1992 (si veda Il Sole 24 Ore del 16 gennaio scorso).
In base ai chiarimenti introdotti con il Dlgs 546/1992, infatti, è possibile ravvisare una negazione categorica dell’impugnabilità per tutte le tipologie di interpello (dall’ordinario, al probatorio, all’antielusivo) ad eccezione di quello disapplicativo. Per quest’ultimo è prevista la possibilità di opporsi al contenuto della risposta in sede di ricorso contro l’atto impositivo, quindi in un momento successivo al rilascio della risposta da parte dell’amministrazione adita (cosiddetta tutela differita).
Nel caso di specie è riconosciuta al contribuente una tutela stragiudiziale, in base alla quale non è possibile procedere all’emissione dell’atto impositivo se non è stata notificata, preventivamente, una richiesta di chiarimenti da fornire entro i successivi 60 giorni, pena la nullità dell’atto. Decorso tale termine, il successivo avviso dovrà essere adeguatamente motivato, anche con riferimento ai chiarimenti forniti dal contribuente (motivazione rafforzata).