Tutti i rischi europei per la cancellazione dell’Irap
Le incompatibilità della misura prevista dal Dl Rilancio con la normativa europea sugli aiuti di Stato
La cancellazione dell’Irap configura un aiuto di Stato? Il limite di 800.000 euro derivante dal rinvio al “Quadro temporaneo” della Commissione UE si applica anche all’Irap? Sono le domande che si stanno ponendo in questi giorni i responsabili fiscali di alcuni grandi gruppi, in vista della scadenza del prossimo 30 giugno.
L’articolo 24, comma 3, del Dl Rilancio ha una formulazione differente rispetto alle altre misure agevolative che presentano potenziali elementi di selettività: infatti, non subordina espressamente alla previa autorizzazione della Commissione europea la cancellazione del saldo e dell’acconto Irap per i periodi d’imposta, rispettivamente, 2019 e 2020 (si veda l’articolo 26, comma 3, dello stesso decreto). A una prima lettura, pare che il Governo non consideri la norma selettiva (e, quindi, non in contrasto con l’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Ue), ma abbia comunque unilateralmente deciso di estendere i “limiti” e le “condizioni” del «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19».
Questa lettura, tuttavia, deve fare i conti con il fatto che l’applicazione dell’articolo 24 è subordinata a una serie di condizioni, fra cui:
● i ricavi o i compensi inferiori a 250 milioni di euro;
● l’esclusione di banche, società finanziarie, holding, imprese di assicurazione e amministrazioni ed enti pubblici.
L’esclusione appare coerente con il disegno normativo dell’Irap, che traduce i criteri di determinazione della base imponibile in termini differenti fra società commerciali, enti commerciali e imprese individuali oppure gli altri soggetti passivi.
Maggiori problemi, invece, presenta la limitazione quantitativa legata ai ricavi, prevista dalla disposizione.
Seguendo la medesima logica, infatti, si dovrebbe giungere alla conclusione che non vi è traccia nella disciplina Irap di diversificazione in ragione dei ricavi o dei compensi e che, quindi, questa condizione potrebbe essere discriminatoria (e, quindi, selettiva).
La giurisprudenza europea
Questa conclusione pare la più ragionevole anche alla luce della giurisprudenza maggioritaria della Corte di giustizia Ue, quando sostiene che un differente trattamento è giustificato se coerente con «l’obiettivo perseguito dal sistema tributario di tale Stato membro, in una situazione fattuale e giuridica analoga» (cause riunite da C-78/08 a C-80/08, punto 49).
Diverso sarebbe il risultato adottando quella giurisprudenza che trova espressione nella causa Adria-Wien Pipeline perché la Corte consente di giustificare la discriminazione, tenendo «conto dell’obiettivo perseguito dal provvedimento interessato» (causa C-143/99, punto 41). In questo caso, si potrebbe infatti sostenere che l’articolo 24 si propone di preservare la liquidità delle imprese e che ne soffrano maggiormente quelle di più piccole dimensioni.
Il nodo dell’autorizzazione della Commissione
Nonostante il rischio che la cancellazione dei versamenti Irap costituisca aiuto di Stato, è un fatto che il Governo ha scelto di non adottare una soluzione normativa simile a quella prevista dall’articolo 26, comma 3, del Dl Rilancio, ossia subordinarne l’applicazione alla previa autorizzazione della Commissione.
A questo proposito, sul nodo dell’autorizzazione va osservato:
● la Commissione sta agendo in termini rapidissimi;
● la negazione dell’autorizzazione rende incompatibile con il mercato interno la misura fiscale, mentre la mancata comunicazione rende “illegale” la stessa.
Le conseguenze sono da un lato l’obbligo di restituzione dei vantaggi economici goduti, dall’altro il pagamento degli interessi dalla data del godimento del vantaggio fiscale alla data dell’autorizzazione della Commissione.
L’applicazione dello stato di emergenza Covid-19
Un ultimo profilo che merita attenzione riguarda l’applicabilità del «Quadro temporaneo» alla cancellazione dei versamenti dell’Irap. La risposta dovrebbe essere positiva, stante al tenore letterale dell’articolo 24, comma 3, del Dl Rilancio.
Qualche dubbio, tuttavia, sorge approfondendo l’ambito di applicazione del documento della Commissione che, al paragrafo 3.9., riguarda i «differimenti temporanei», mentre al paragrafo 3.1. gli «aiuti temporanei». Orbene, quest’ultima espressione significa certamente non duraturo, ma anche una tantum. Facendo prevalere questa seconda accezione l’articolo 24 sarebbe attratto nell’ambito di applicazione del «Quadro temporaneo» e, quindi, al limite quantitativo massimo di 800.000 euro. Si creerebbe così un plafond - pari appunto a 800.000 euro - entro cui il tema dell’aiuto di Stato non si pone. Con una soluzione che tranquillizza molti contribuenti, ma non i più grandi.