Imposte

Ue: dal 2024 si potranno dedurre interessi nozionali

La proposta di direttiva 2022/0154 (Cns), per i soggetti passivi dell’imposta sulle società in un Paese comunitario. Applicabili nuovi limiti alla deducibilità dell’eccedenza degli importi passivi

di Raffaele Villa

Dal 1° gennaio 2024 i soggetti passivi dell’imposta sulle società in almeno un Paese della Ue, siano essi residenti in Europa ovvero stabili organizzazioni di soggetti residenti in paesi terzi, diversi dai soggetti finanziari, potranno dedurre interessi nozionali e applicheranno nuovi e ulteriori limiti alla deducibilità dell’eccedenza degli interessi passivi, ai sensi della nuova disciplina contenuta nella proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea l’11 maggio 2022 (2022/0154 (Cns)).

La stessa rappresenta una delle misure annunciate dalla Commissione europea il 18 maggio 2021 per migliorare l’attuale sistema impositivo all’interno del mercato unico assicurandone solidità, efficienza ed equità; oltre a essere coerente con il nuovo piano di azione denominato “Un’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese” di cui alla Comunicazione della Commissione europea (Com/220/ 590/final) attraverso il quale si intende aiutare le società a reperire capitali durante l’attuale fase di recupero post crisi caratterizzata da alti livelli di deficit e debito oltreché dall’esigenza di maggiori capitali di rischio.

L’explanatory memorandum di accompagnamento chiarisce che l’obiettivo è di ridurre le distorsioni derivanti dalla variabile fiscale nella scelta della combinazione tra capitale di rischio e di debito; infatti, generalmente gli ordinamenti tributari della Ue prevedono che gli oneri su finanziamenti siano deducibili ai fini dell’imposta sulle società, diversamente dai dividendi che nella maggior parte dei Paesi europei sono indeducibili.

Per raggiungere tale obiettivo, la proposta di direttiva si avvale di due misure, ossia la deducibilità degli interessi nozionali sugli incrementi annuali di “patrimonio netto” e la limitazione della deducibilità dell’eccedenza di interessi passivi.

Ma procediamo con ordine.

L’essenza della proposta di direttiva è rappresentata appunto dalla previsione di un allowance for equity, simile all’aiuto alla crescita economica (Ace) di cui all’articolo 1 del Dl 201/2011. In particolare, l’incremento del patrimonio netto rilevato alla fine del periodo di imposta rispetto alla consistenza dello stesso rilevata alla fine del periodo d’imposta precedente rappresenta la base da utilizzare per calcolare l’interesse nozionale deducibile in dieci periodi di imposta consecutivi. Il beneficio si determina moltiplicando la predetta base per un interesse privo di rischio a dieci anni aumentato di un premio al rischio della misura dell’1% ovvero dell’1,5% per le Pmi.

Se il beneficio così calcolato eccede il reddito imponibile di un periodo d’imposta, l’eccedenza può essere portata in avanti senza limiti di tempo. La parte del beneficio che cede il 30% dell’Ebitda del periodo d’imposta può essere portato in avanti per cinque periodi d’imposta. Nel caso in cui in un periodo di imposta successivo a quello di fruizione del beneficio il “patrimonio netto” risulta inferiore a quello del periodo di imposta precedente, detta differenza rappresenta la base per la determinazione di una variazione in aumento del reddito imponibile fino a concorrenza del beneficio fruito calcolata utilizzando il medesimo interesse maggiorato del premio.

La disciplina commentata è corredata da disposizioni di natura antielusiva volte a sterilizzare indebiti incrementi della base di calcolo. Infine, i sei Paesi membri, tra i quali l’Italia, che già possiedono una disciplina di deduzione di interessi nozionali, potranno differire l’implementazione di questa normativa per un periodo di massimo dieci anni e in nessun caso superiore a quello di durata della preesistente disciplina.

Infine, la proposta di direttiva prevede un limite alla deducibilità dell’eccedenza di interessi passivi pari al minore tra l’85% dell’eccedenza stessa e il 30% dell’Ebitda, ossia il limite previsto dall’articolo 4 della direttiva (Ue) 2016/1164 cosiddetta Atad (trasfuso nell’articolo 96 del Tuir), e la differenza tra i due predetti importi è portata in avanti o indietro.

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