Utili e perdite su cambi, slalom per l’utilizzo in dichiarazione
La conversione a fine esercizio, imposta civilisticamente, delle attività e passività sorte in valuta e non ancora estinte a tale data, non ha alcuna valenza fiscale.
Con riferimento agli utili e alle perdite derivanti da cambi di attività e passività in valuta, tipicamente crediti e debiti, il Legislatore civile e quello fiscale sono stati in grado di creare un vero e proprio garbuglio all’interno del quale ci si può districare solo attraverso la predisposizione di specifici programmi o fogli di calcolo che siano in grado di impostare o far impostare una serie di scritture contabili.
L’articolo 2426, numero 8-bis, del Codice civile stabilisce che per ogni singola attività e/o passività che sorge in valuta nel corso dell’esercizio e che alla fine dello stesso risulta ancora accesa, si deve provvedere a una sua valutazione alla fine dell’esercizio stesso.
L’azienda, quindi, da un punto di vista civilistico e contabile, deve rilevare tale differenza cambi, che evidentemente risulta essere presunta. Il sistema per rilevare tale differenza è duplice: i) andando a «variare» direttamente l’attività o la passività; ii) utilizzando un conto patrimoniale e transitorio.
Mentre il primo metodo è intuitivo, in quanto va a operare direttamente sulla voce interessata, il secondo metodo prevede di «transitare» attraverso un conto patrimoniale di carattere temporaneo, al puro scopo di non andare ad alterare il valore nominale in cui è sorta l’attività o la passività. Andrà quindi addebitato o accreditato, a seconda del cambio, non tanto la voce sorta in valuta bensì un conto appositamente acceso che potrebbe essere denominato «Rettifiche per variazione cambi».
Al momento dell’effettivo incasso o pagamento, l’impresa dovrà, naturalmente, rilevare l’eventuale ulteriore utile o perdita su cambi a conto economico, facendo riferimento, però, al valore di cambio della posta in questione alla fine dell’esercizio.
Passando all’aspetto fiscale, l’articolo 110, comma 3 del Tuir, prescrive che la valutazione delle attività o passività in valuta, secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio, non assume rilevanza ai fini fiscali. Risulta, quindi, necessario tenere memoria del loro valore dato dal cambio al momento in cui tali partite sono sorte.
È infatti solo nell’esercizio in cui le attività o le passività sono estinte, che si devono tassare o dedurre, rispettivamente, gli utili o le perdite su cambi, derivanti dal confronto delle attività e passività convertite in euro con il cambio esistente al momento in cui sono sorte, e le stesse convertite in euro con il cambio esistente al momento in cui vengono estinte.
Sia nell’esercizio in cui civilisticamente si provvede alla rilevazione delle poste al cambio a fine esercizio, sia nell’esercizio di estinzione delle poste in valuta, bisogna operare, quindi, in sede dichiarativa, delle variazioni in aumento e/o in diminuzione atte a sterilizzare il comportamento civile.
Con riferimento al modello Redditi SC 2017, le variazioni in aumento e in diminuzione andranno rilevate, rispettivamente, al rigo RF28 e al rigo RF45 denominati «Differenza su cambi». Nel quadro RV, invece, andrà evidenziato il disallineamento tra il valore civile e quello fiscale delle attività e passività in valuta.
Per ulteriori approfondimenti vai alla sezione «Circolari 24» del Quotidiano del Fisco