Controlli e liti

Va motivata l’istanza di riscossione al socio alla società estinta

Le Entrate devono spiegare le ragioni per le quali il socio è tenuto a versare le imposte pretese

di Laura Ambrosi

Se l’Agenzia vuole riscuotere i debiti della società estinta dal socio, deve notificargli apposito provvedimento motivando le ragioni per le quali è tenuto a versare le imposte pretese.
Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza 28401 depositata il 14 dicembre.

L’agenzia delle Entrate aveva notificato una cartella di pagamento al socio nonché liquidatore di una società estinta anni prima.
In particolare si trattava del debito derivante da un avviso di accertamento emesso nei confronti dell’ente divenuto definitivo per sentenza passata in giudicato, i cui importi erano pretesi in quanto ritenuto dall’Ufficio «coobbligato solidale».

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario, il quale per entrambi i gradi di merito lo annullava. L’Agenzia ricorreva così in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che la responsabilità di liquidatori, amministratori e soci di società in liquidazione per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito di società di capitali, ha natura civilistica e non tributaria, non sussistendo alcuna norma secondo la quale esiste la coobbligazione nel debito tributario.

Con riferimento ai soci, la norma (articolo 36 terzo comma del Dpr 602/73) prevede che se hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o dai liquidatori durante la liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dalla società.

La medesima norma (articolo 36, quinto comma) prevede che l’eventuale responsabilità dei soci debba essere accertata con atto da notificare all’interessato.
A tal proposito, la Cassazione ha precisato che l’agenzia delle Entrate che esige dal liquidatore e socio di società di capitali il pagamento del credito della società, deve informare il contribuente con apposito avviso di liquidazione spiegando le ragioni per le quali egli deve adempiere. Nel provvedimento devono emergere l’incasso di somme o l’attribuzione di beni ed il relativo valore, atteso che solo entro questi limiti può verificarsi la legittimità della pretesa.

Inoltre, nella sentenza è precisato che la norma è applicabile solo per la riscossione delle imposte dirette e non anche delle relative sanzioni.
I soci poi, rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda del regime giuridico dei debiti cui erano soggetti in vigenza della società. Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la nullità della pretesa poiché l’Agenzia si era limitata a notificare la cartella di pagamento quale diretta conseguenza dell’accertamento della società, senza motivare sulla responsabilità del socio.

Il principio pare applicabile anche alla nuova versione della norma sulle società estinte, atteso che in assenza di un patrimonio sociale (proprio in conseguenza della cancellazione), è verosimile che l’Ufficio si rivolga al socio. Dovrebbe così ritenersi necessaria la notifica di un provvedimento specifico al diretto interessato indicando le ragioni in ordine alla sussistenza della sua responsabilità.

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