Controlli e liti

Visto irregolare, niente sanzione se non c’è danno per l’Erario

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di Massimo Romeo

La sanzione irrogata dall’amministrazione finanziaria per l’apposizione di un visto irregolare da parte del professionista incaricato alla presentazione di dichiarazioni con compensazioni di crediti Iva annuali non si giustifica se il presunto comportamento negligente del contribuente deriva da un errore tecnico del professionista rispetto al quale il contribuente è sempre rimasto estraneo; in tale ipotesi, stante l’assenza di danno erariale in quanto assolto l’obbligo tributario, incontestato, viene meno l’equità del provvedimento sanzionatorio. Questo il principio che si ricava dalla sentenza 4752/7/2019 della Ctr Lombardia del 26 novembre 2019 (presidente Punzo, relatore Ocello) .

Il caso
Una società di capitali impugnava il provvedimento di irrogazione della sanzione (30% dell’imposta dovuta) emesso dall’agenzia delle Entrate dopo il controllo sulle compensazioni dei crediti Iva annuali (periodi di imposta 2012-2013), in presenza di dichiarazioni sulle quali era stato apposto il visto di conformità da parte della professionista di fiducia ma senza la prescritta autorizzazione (omissione della comunicazione ex articolo 21 del Dm 164/99). Sul punto la ricorrente aveva rappresentato, documentandolo, che la professionista di fiducia, incaricata, aveva tempestivamente trasmesso all’Ufficio la comunicazione de quo ma, per problemi legati all’inoltro a mezzo Pec, la comunicazione suddetta non era pervenuta all’agenzia delle Entrate; quindi la professionista l’aveva nuovamente inviata (questa volta con successo) ma senza ricevere alcun riscontro alla richiesta. Circa la dedotta «culpa in vigilando» la difesa evidenziava che in ogni caso solo dalla fine del 2015 è consentita al contribuente la verifica della sussistenza dell’autorizzazione de quo in capo al proprio professionista attraverso la consultazione della relativa scheda inserita nell’apposito registro accessibile dal sito dell’agenzia delle Entrate.

La Ctp accoglieva il ricorso non ravvisando alcuna culpa in vigilando da parte del contribuente e l’Ufficio appellava la sentenza di prime cure ribadendo che la dichiarazione da cui emerge il credito Iva richiede l’apposizione di un visto di conformità da parte di un professionista che «risulti abilitato al rilascio del visto stesso e che, pertanto, la dichiarazione vistata da un soggetto non abilitato equivale ad una dichiarazione non firmata». Secondo l’amministrazione, contrariamente a quanto deciso dalla Ctp, non si poteva parlare di una prescrizione formale ma certamente sostanziale.

La doppia conforme
La Ctr conferma il decisum dei primi giudici non ravvisando nel caso di specie alcuna «culpa in vigilando et in eligendo» del ricorrente sulla base di alcune circostanze:
a) la sussistenza di un rapporto di lunga data e di piena fiducia nella commercialista officiata;
b)l’inconsapevolezza da parte della professionista dell’invio non andato a buon fine della comunicazione (ex articolo 21 del Dm 164/99) e, a maggior ragione, da parte del contribuente che non avrebbe potuto in alcun modo accertare preventivamente il fatto accertato solo in occasione del controllo audit esterno della competente Direzione regionale;
c) il ritardo, eccepito dall’Ufficio, nella comunicazione spettante all’intermediaria professionista non poteva essere addebitato al contribuente la cui buona fede appariva di tutta evidenza, non avendo egli causato alcun danno erariale ed avendo correttamente esposto in dichiarazione crediti fiscali pacificamente sussistenti (all’uopo non vi era stato alcun provvedimento di scarto della dichiarazione).

Tutti questi elementi portano i giudici d’appello a non ritenere giustificata nella fattispecie esaminata un’ equiparazione tra il “presunto” comportamento negligente del contribuente (per un errore tecnico del professionista incaricato rispetto al quale è sempre rimasto estraneo) ed il mancato assolvimento degli obblighi tributari, nel caso di specie tutto inesistente, non giustificandosi pertanto alcun provvedimento sanzionatorio.

Il quadro di riferimento
Quanto affermato nella sentenza qui commentata riscontra diversi precedenti conformi nelle stesse commissioni di merito milanesi (recentemente Ctr 3335/2019) in cui si è evidenziato, in linea generale e di principio, che il sistema sanzionatorio tributario non può colpire il contribuente per ogni trascurabile irregolarità o violazione e non può essere disgiunto dagli obiettivi per cui la legge colpisce e sanziona: la prevenzione delle frodi in danno dell’Erario, il contrasto all’evasione delle imposte, lo scoraggiare le elusioni tributarie e l’assicurazione della esatta riscossione del carico tributario. Sul tema è importante ricordare, a parere dello scrivente, che i giudici di legittimità (ex multis Cassazione n. 4960/2017) hanno stabilito un perimetro entro il quale andrebbero individuati i presupposti affinché una violazione meramente formale non sia punibile ovvero:
a) non deve arrecare pregiudizio alle azioni di controllo;
b) non deve incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta (ex multis Cassazione n. 4960/2017).

Ctr Lombardia, sentenza 4152/7/2019

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