Contabilità

Voto di lista, quozienti senza cumulo

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di Angelo Busani e Andrea Fedi

Se lo statuto di una Spa prevede che il consiglio di ammministrazione sia eletto con il metodo del cosiddetto “voto di lista” e che ogni socio possa presentare una sola lista, il vincolo familiare esistente tra alcuni soci non impedisce loro di presentare una lista per ciascuno. In assenza di una clausola statutaria che vieti la presenza del medesimo candidato in una pluralità di liste, è legittimo che il nominativo di un candidato sia elencato in una pluralità di liste. È invece illegittimo che, ai fini della elezione dei membri del Cda, il candidato presente in più liste cumuli i voti ottenuti in ciascuna lista.

È quanto deciso dal Tribunale delle imprese di Genova, in un’ordinanza del 25 settembre 2017 (n.7792/2017), resa pubblica solo di recente, in esito a un giudizio nel quale era stata domandata la sospensione dell’efficacia di una deliberazione dell’assemblea di una Spa non quotata di nomina di un Cda.

In questa Spa esistono due centri di interesse. Semplificando:

- un socio (Alfa) al 45 per cento;

- un gruppo di 4 soci (Tizio, Caio, Sempronio e Mevio), legati da stretti vincoli familiari, al 45 per cento (15 + 10 + 10 + 10);

- “azioni proprie”, prive del voto, per il restante 10 per cento.

Lo statuto prevede che il Cda si nomini con il “voto di lista” e null’altro dispone sulla presentazione e composizione delle liste se non che «Ogni socio può presentare o concorrere a presentare una sola lista». Succede, dunque, che all’assemblea per la nomina del Cda (di 5 membri) vengono presentate quattro liste:

- la “lista 1” è presentata da Alfa e reca il nominativo di cinque candidati;

- le altre tre liste sono presentate da Tizio (la “lista 2”), da Caio e Sempronio (la “lista 3”) e da Mevio (la “lista 4”); ciascuna reca cinque candidati (quattro nominativi ricorrono in tutte le tre liste, mentre il quinto nominativo è di persona diversa in ciascuna lista).

Procedendo alla elezione del Cda con il metodo del voto di lista (e cioè dividendo per 1, 2, 3, 4 e 5 il numero dei voti ottenuti da ciascuna lista):

- risulterebbero eletti tre candidati della “lista 1” e un candidato per ciascuna delle altre tre liste se non si sommassero i voti ottenuti dai candidati presenti in più liste;

- risulterebbero eletti due candidati della “lista 1” e un candidato per ciascuna delle altre tre liste se i candidati presenti in queste tre liste potessero sommare i voti ottenuti da ciascuna lista.

Quest’ultima è la soluzione proclamata in assemblea ma che poi viene cassata dal Tribunale genovese, il quale, da un lato, ammette che il vincolo familiare esistente tra i soci non impone di considerare questi (nel silenzio dello statuto) un «unico centro di interesse» e, quindi, non impedisce a detti soci di presentare ciascuno una propria lista; e che, se lo statuto non lo vieta, non impedisce che queste liste contengano i medesimi candidati. D’altro lato, però, il Tribunale nega che sia legittimo sommare i voti che i candidati, presenti in una pluralità di liste, ottengano in ciascuna.

La ragione della decisione riposa sulla considerazione che se fosse consentita la somma dei quozienti ottenuti in liste diverse, non solo si eliminerebbe il principio delle liste concorrenti ma si attenterebbe al «principio di democrazia interna» poiché si falserebbe «la stessa volontà di chi quelle liste ha presentato, in quanto il quoziente realizzato da ogni candidato all’interno di liste diverse dipende dalla posizione di questi nella lista presentata».

Tribunale Genova, sez. imprese, ordinanza 25 settembre 2017

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