Imposte

Iva, per le operazioni inesistenti sanzioni proporzionali al debito d’imposta

di Luca Lavazza e Francesco Pizzo


Nella sentenza C-712/17 la Corte Ue chiarisce, in applicazione dei principi di neutralità e proporzionalità ed a prescindere dalla buona fede dell’emittente di fattura per operazione inesistente, la spettanza del diritto a recuperare l’Iva versata purché sia stato tempestivamente eliminato il rischio di perdite di gettito fiscale. Inoltre, in assenza di debito di imposta, la Corte rileva il contrasto con tali principi di una sanzione commisurata all’Iva illecitamente detratta ( si veda anche quanto anticipato dal Quotidiano del Fisco del 9 maggio ).

La controversia
La vicenda riguarda un accertamento Iva nei confronti di un soggetto che aveva posto in essere delle cessioni fittizie di energia elettrica in un contesto di operazioni circolari infragruppo che vedevano lo stesso acquistare e rivendere, al medesimo prezzo, gli stessi quantitativi. L’operazione non era finalizzata alla frode fiscale ma all’ottenimento di finanziamenti bancari. Si evince dalla sentenza che non vi era stata alcuna evasione di Iva da parte dei soggetti coinvolti nelle operazioni circolari. A fronte di tale situazione, il giudice del rinvio chiede se sia conforme ai principi di neutralità e proporzionalità negare il diritto alla detrazione dell’imposta in relazione all’acquisto inesistente e, allo stesso tempo, chiedere al medesimo soggetto quale emittente il versamento della imposta sulla corrispondente vendita fittizia.

Il credito da detrazione
La Corte richiama gli articoli 168 e 203 della direttiva Iva (recepiti negli articoli 19 e 21.7 del Dpr 633/1972). In base alla prima disposizione il soggetto passivo ha diritto di detrarre l’Iva sugli acquisti impiegati per la realizzazione di operazioni tassate a valle (ciò, ovviamente – evidenzia la Corte – non in presenza di un acquisto inesistente per difetto di qualsiasi collegamento con operazioni soggette ad imposta). In base alla seconda, l’Iva è dovuta da chiunque indichi tale imposta in fattura (principio di cartolarità). Da tale quadro la Corte trae la conclusione che, nel peculiare caso di specie, il diritto unionale non osta ad una norma nazionale che esclude la detrazione dell’Iva relativa ad acquisti fittizi, imponendo altresì, al soggetto emittente la fattura di vendita fittizia, di versare la corrispondente imposta. Tuttavia secondo la Corte deve anche essere consentita la rettifica del proprio debito di imposta se è stato completamente eliminato il rischio di perdita di gettito fiscale.
Tale posizione si giustifica in base all’obbiettivo dell’articolo 203 della direttiva Iva, il quale mira a eliminare il rischio di perdita di gettito che si verificherebbe ove il destinatario di una fattura che esponga un’imposta non versata dal cedente la possa utilizzare al fine di ottenere illecitamente un “credito” da detrazione.

Le sanzioni
Con riferimento alle sanzioni, la Corte vince l’abituale ritrosia ad esprimersi sulla loro misura, di competenza degli Stati membri, negando, al ricorrere delle circostanze di causa, la compatibilità con il diritto unionale di una norma (l’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/1997 ratione temporis) che prevede una sanzione pari all’importo della detrazione effettuata anche in assenza di debito di imposta in capo al contribuente. Per la Corte è sproporzionata tale sanzione in assenza di perdita di gettito fiscale poiché l’Iva non spettante sugli acquisti inesistenti è pari a quella non dovuta sulle vendite inesistenti.
Seppur partendo da un caso peculiare, la decisione della Corte di giustizia afferma un principio molto importante in ambito sanzionatorio. Nel rispetto dei principi di neutralità e proporzionalità, le sanzioni proporzionali debbono essere commisurate alla perdita di gettito (nel caso di specie, non all’importo detratto ma al debito d’imposta). A fronte di tali situazioni, l’accertatore italiano, qualora gli strumenti di riduzione delle sanzioni previsti dal Dlgs 472/1997 non siano sufficienti (si pensi all’articolo 7 del Dlgs 472/1997 che, in presenza di circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra entità del tributo contestato e sanzione irrogabile, prevede solo la possibilità di riduzione alla metà del minimo), dovrebbe irrogare una sanzione proporzionale al debito di imposta.

Corte Ue, causa C-712/17 dell’8 maggio 2019

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