Contabilità

Split payment, Iva «teorica» per i versamenti registrati nel conto fiscale

La risposta del ministero dell’Economia in commissione Finanze ai fini del calcolo della soglia del 10%

di Valentino Tamburro

Il ministero dell’Economia, nell’ambito della risposta al question time n. 5-03727 in commissione VI Finanze della Camera, ha fornito un importante chiarimento sulle modalità di calcolo della soglia del 10 per cento dei versamenti registrati nel conto fiscale, per le imprese che intendono ottenere il nuovo Durf e disapplicare, di conseguenza, le nuove disposizioni in materia di ritenute e appalti, entrate in vigore a partire dal 1° gennaio 2020.

L’interrogazione
Il quesito posto al Mef nasce dalla criticità segnalata da molte imprese del settore edile, le quali, in mancanza del Durf, si sono viste bloccare i pagamenti da parte dei committenti. Secondo i parlamentari che hanno presentato l’interrogazione, il parametro dei versamenti registrati nel conto fiscale, non inferiore al 10 per cento, risulta essere un obiettivo di difficile raggiungimento per alcune tipologie di imprese edili, in particolare le cooperative e le imprese soggette al meccanismo dello split payment.

Il dubbio interpretativo
La disposizione oggetto di interpretazione è l’articolo 17-bis, comma 5, lettera a), del Dlgs 241/1997, che prevede, tra i requisiti per l’ottenimento del nuovo Durf, un ammontare di versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio.

Le imprese che pongono in essere principalmente operazioni attive Iva che rientrano nel regime dello split payment o del reverse charge spesso non riescono ad integrare il suddetto requisito del 10 per cento dei versamenti in quanto, a causa dell’applicazione dei predetti regimi Iva, non possono computare nella propria liquidazione Iva periodica tale tributo.

La risposta del Mef
Secondo il Mef, considerato che i regimi Iva in commento costituiscono una deroga all’ordinario sistema di funzionamento dell’Iva, potrebbe ritenersi che l’ammontare del tributo al quale si applica lo split payment o il reverse charge sia conteggiato quale Iva teorica nella soglia dei suddetti versamenti, ai fini del calcolo della soglia del 10 per cento.

La risposta del Mef si pone in linea di continuità con i chiarimenti contenuti nella circolare 1/E del 2020 dell’agenzia delle Entrate, nell’ambito della quale era stato affermato che ai fini del calcolo della suddetta soglia deve essere considerata anche l’imposta teorica relativa al reddito complessivo proprio della società consolidata attribuito al consolidato fiscale.

Gli sviluppi futuri
La risposta è da valutare con molto favore in quanto, in futuro, le tipologie di operazioni che rientrano nel regime Iva del reverse charge è destinato ad ampliarsi ulteriormente.
Con l’articolo 4, comma 3 del Dl 124/2019, infatti, il regime del reverse charge è stato esteso alle operazioni che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 17-bis, comma 1, del Dlgs 241/1997. Inoltre, da una prima lettura della nuova disposizione, che per avere concreta applicazione necessita di un’apposita autorizzazione del Consiglio dell’Ue, sembrerebbe che nel caso in cui le predette operazioni rientrino contemporaneamente nel regime dello split payment ed in quello del reverse charge, dovrebbe trovare applicazione lo split payment.

L’ultimo periodo dell’articolo 4, comma 4 del Dl 124/2019, infatti, prevede che l’estensione del regime del reverse charge in questione «non si applica alle operazioni effettuate nei confronti di pubbliche amministrazioni e altri enti e società di cui all’articolo 11-ter [..]».

Per evitare dubbi interpretativi, potrebbe essere opportuna una correzione della disposizione in questione: l’articolo 11-ter, a cui rinvia l’articolo 4, comma 4 del Dl 124/2019, non esiste nel Dpr 633/1972, mentre l’articolo che disciplina lo split payment è il 17-ter di tale Dpr.

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