Imposte

Rivalutazione terreni, la nuova imposta sostitutiva «sana» il valore del suolo

Se in passato c’è già stato un affrancamento, si scomputano le somme già pagate

di Luciano De Vico

Nella risposta a interpello 236 dello scorso 3 agosto, l’agenzia delle Entrate ha precisato che la rivalutazione introdotta dal Dl Rilancio non è una proroga di quelle precedenti, ma una riapertura dei termini. Quindi le scadenze relative alle passate edizioni - come la seconda rata dell’affrancamento del 2019, scaduta il 30 giugno 2020 - non possono fruire del maggior termine del 15 novembre stabilito dal decreto. Resta ferma, però, la possibilità di effettuare una nuova rivalutazione.

È infatti possibile rivalutare il terreno più di una volta e scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta quella già versata, anche in parte, adeguando così il valore del terreno alle mutate condizioni di mercato. Nessun problema se il valore del suolo in occasione della seconda rivalutazione è superiore a quello della prima, poiché in questo caso sarà sufficiente versare, anche a rate, la differenza dell’imposta sostitutiva.

La differenza tra corrispettivi

Può accadere però che il valore del terreno rivalutato si riveli superiore rispetto al prezzo pattuito per la vendita. La legge stabilisce che il valore indicato in perizia e sul quale è stata versata la sostitutiva costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini non solo delle imposte sui redditi, ma anche delle imposte di registro, ipotecarie e catastali.

Secondo le Entrate, il contribuente che nell’atto di cessione del terreno indica un valore inferiore a quello di perizia si espone a una verifica del fisco anche sulla determinazione della plusvalenza tassabile, non potendo far valere gli effetti della rivalutazione ai fini Irpef. Per l’Agenzia occorrerebbe dunque far redigere una nuova perizia con valore “ribassato” e versare la relativa imposta sostitutiva, oppure dichiarare nel rogito un corrispettivo inferiore a quello della perizia e fare comunque riferimento al valore rivalutato ai fini del calcolo delle imposte indirette. L’acquirente del terreno si troverebbe così a versare un’imposta sul trasferimento superiore rispetto al corrispettivo dichiarato in atto, con probabili ripercussioni sul piano della trattativa per la cessione dell’immobile.

La questione, su cui è sorto un notevole contenzioso, è stata portata all’attenzione delle Sezioni unite della Cassazione. E la Corte, con la sentenza 2321/20, ha stabilito che l’indicazione nell’atto di vendita di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del terreno rideterminato in base a una perizia giurata non comporta la decadenza dal beneficio della rivalutazione, né la possibilità per l’amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene.

La soluzione alternativa suggerita dalle Entrate - cioè far redigere una nuova perizia con un valore del terreno più basso - potrebbe non essere sempre conveniente. È vero infatti che, come detto, è sempre possibile detrarre dalla nuova imposta sostitutiva quella versata in occasioni di precedenti rivalutazioni, ma non si deve trascurare il fatto che nel tempo l’aliquota dell’imposta ha subìto un sensibile incremento, passando dal 4 all’11 per cento. Il che, oltre al costo per la redazione di una nuova perizia, potrebbe portare al versamento di un ulteriore importo.

L’ESEMPIO
La vecchia rivalutazione
Nel giugno 2018 il signor Bianchi fa redigere una perizia di stima su un terreno edificabile, valutato 150.000 euro (al 1/1/2018). L’imposta sostitutiva risulta pari a 12.000 euro (aliquota dell’8%).
Bianchi versa la prima rata il 30/6/2018 e la seconda il 30/6/2019. Ma non versa la terza (il 30/6/2020), perché conclude una trattativa per la cessione del terreno a
200.000 euro.
La nuova rivalutazione

Anziché pagare l’Irpef sulla differenza tra prezzo di cessione (200.000 euro) e costo di acquisto già rideterminato (150.000 euro), decide di rivalutare grazie alla riapertura dei termini ex Dl Rilancio. Poiché il terreno risulta ancora posseduto al 1/7/2020, prima della cessione Bianchi può far redigere una nuova perizia, con il valore di 200.000 euro.
L’imposta sostitutiva sarà pari a22.000 euro (11% di 200.000 euro), a cui sottrarre le due rate (4.000 euro ciascuna) già versate per il precedente affrancamento.
Il nuovo versamento
Il signor Bianchi dovrà quindi versare 14.000 euro(differenza tra 22.000 e 8.000 euro) entro il 15/11/2020. Se invece sceglie di pagare in tre rate, la prima (4.666,67 euro) andrà versata entro il 15/11/20; mentre le successive ( con l’interesse del 3% annuo) entro il 15/11/2021 e il 15/11/2022.

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