Imposte

Terzo settore, sulla raccolta fondi necessarie linee uniformi del fisco

In attesa di chiarimenti, utili i richiami al Tuir e i documenti di prassi. Sul fundraising si passa da una visione residuale a una più «imprenditoriale»

di Ilaria Ioannone e Gabriele Sepio

Tassazione delle attività di raccolta degli enti del Terzo settore (Ets). Con la Riforma per la prima volta si assiste a una regolamentazione dell’attività di fundraising e delle modalità di svolgimento sempre più indirizzate all’utilizzo di nuovi strumenti e strategie per il coinvolgimento dei potenziali donatori. Tuttavia a fronte di un quadro civilistico omogeneo mancano degli indirizzi uniformi sul trattamento fiscale. Infatti le linee guida sulla raccolta fondi del ministero del Lavoro (Dm 9 giugno 2022) contengono un inquadramento civilistico delle varie attività al quale non hanno ancora fatto seguito le istruzioni fiscali. In attesa dei chiarimenti soccorrono i richiami contenuti nel Tuir e nei documenti di prassi che si sono occupati di questa tematica che sta assumendo sempre più centralità nei bilanci degli enti del terzo settore.

Un primo punto da sottolineare riguarda il fatto che la riforma del terzo settore ha garantito agli Ets la possibilità di dedicarsi alla raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa, nonché mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore (articolo 7, comma 2, Dlgs 117/2017). Si assiste, quindi, al superamento del concetto di fundraising come attività residuale, volgendo lo sguardo ad una visione “più imprenditoriale” e professionale di quest’ultima e dei soggetti che materialmente se ne occupano, volontari o dipendenti dell’ente o terzi qualificati.

Una cornice che si arricchisce con le linee guida ministeriali che ad ampio raggio forniscono una visione d’insieme delle varie strategie di raccolta. Accanto alle classiche iniziative di fundraising effettuate con cessioni di beni di modico valore, si inseriscono modelli nuovi e innovativi come gli sms charity o la raccolta fondi attraverso i social media o merchandising. Si tratta di nuovi canali di finanziamento a favore degli enti non profit che si sono sviluppati nell’ottica di supportare le attività solidaristiche consentendo di allargare più possibile la platea di sostenitori, e di sfruttare le potenzialità derivanti dalle innovazioni tecnologiche. È il caso, ad esempio, dei birthday fundraising, degli sms charity, delle raccolte fondi effettuate grazie alla messaggistica inviata da migliaia di donatori tramite emittenti televisive italiane che consentono di supportare specifici enti. Tipologie che devono essere finalizzate al finanziamento delle attività di interesse generale dell’ente e non per attività diverse o strumentali (circolare n. 59/E del 2007).

Sotto il versante fiscale rilevano le specifiche modalità con cui la raccolta fondi viene concretamente svolta e la natura (erogativa o corrispettiva) delle entrate.

Nel caso di fondi pervenuti attraverso raccolte private, o mediante atti di liberalità, è esclusa la rilevanza sia ai fini delle imposte dirette che ai fini Iva. È il caso delle raccolte fondi effettuate tramite donazioni, sms charity che – in assenza di corrispettività – non configurano esercizio di impresa. Operazioni che non rilevano nemmeno ai fini Iva dal momento che non ricorre il presupposto impositivo della cessione di beni o della prestazione di corrispettivi.

Un discorso diverso potrebbe porsi in caso di raccolta fondi svolta attraverso la cessione di beni o servizi. Pensiamo al charity shop oppure all’offerta di merchandising svolta in via continuativa sul sito dell’ente. In queste ipotesi, sarà indispensabile verificare che i beni/servizi offerti siano di modico valore e che, in ogni caso, sia sempre prevalente la causa liberale da parte del donatore rispetto alla corrispettività dell’operazione. A rigore anche tali modalità dovrebbero essere escluse da imposizione in caso di prevalenza della finalità solidaristica della causa rispetto al valore del bene donato e in assenza di un prezzo stabilito. Ovviamente la sistematicità della raccolta e l’esistenza di un rapporto sinallagmatico unito alla richiesta di una somma fissa non potranno che attrarre ad imposizione l’attività al di là della finalità solidale.

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