I temi di NT+Modulo 24

Società estinte, due vie per il recupero delle imposte dovute

L’individuazione di un fenomeno successorio tra socio e società è più agevole per il Fisco, che non deve dimostrare nulla, e decisamente meno tutelante per il contribuente.

di Luigi Lovecchio

Le procedure di recupero in capo ai soci di società di capitali estinte delle imposte dovute da queste ultime possono seguire due strade alternative ma entrambe apparentemente utilizzabili sulla base di una semplice scelta discrezionale dell'Amministrazione finanziaria.

Le conseguenze della scelta non sono tuttavia irrilevanti per il contribuente.

Notifica dell’atto alla società e poi ai soci dopo l’inadempimento

La prima - la più nota - è quella tipizzata nell’articolo 36 del Dpr 602/1973 ed è scandita dai seguenti passaggi indefettibili:

1)notifica dell’atto di accertamento in capo alla società che, si ricorda, può avvenire fino al compimento del quinto anno successivo alla cancellazione della stessa, ai sensi dell’articolo 28, comma 4, del Dlgs 175/2014;

2) una volta realizzatosi l’inadempimento della società, notifica dell’apposito atto, previsto nell’articolo 36, comma 5, del Dpr 602/1973, nei confronti dei soci e/o del liquidatore e/o degli amministratori, che motivi la sussistenza delle condizioni di legge per attivare la speciale responsabilità - di natura civilistica - prevista in capo ai suddetti soggetti e determini l’entità della pretesa erariale.

Le condizioni per applicare la coobbligazione indicata nel su citato articolo 36 variano a seconda della tipologia di soggetti cui la stessa è rivolta. In particolare:

• nei riguardi dei liquidatori, la pretesa è legittimata dalla circostanza che questi abbiano distribuito somme per titoli aventi ordine inferiore a quello dei crediti tributari;

• nei riguardi degli amministratori opera la medesima condizione prevista per i liquidatori, qualora non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori, nonché nell’ulteriore ipotesi in cui gli stessi, nei due esercizi precedenti la messa in liquidazione, abbiano compiuto operazioni di liquidazione, incorrendo nella medesima violazione imputabile ai liquidatori, ovvero abbiano occultato attività sociali;

• nei riguardi dei soci, la responsabilità solidale insorge laddove gli stessi abbiano ricevuto denaro o beni sociali nei due periodi d’imposta precedenti la messa in liquidazione nonché nell’arco temporale della liquidazione stessa e limitatamente all’importo dei beni o dei denari ricevuti.

Si segnala altresì che la coobbligazione in esame, in forza del chiaro disposto di legge, vale unicamente per le imposte dovute dalla società e non si estende alle sanzioni. L’apposito atto motivato, previsto dal suddetto articolo 36, dunque, deve accertare la sussistenza dei sopra elencati requisiti di legge: in difetto, l’atto è senz’altro annullabile.

Il fenomeno di tipo successorio tra soci e società

La seconda procedura, originata in ambito prettamente civilistico e poi applicata dalla giurisprudenza di vertice anche nel contesto di procedimenti giurisdizionali tributari - tra le molte, si veda da ultimo Cassazione, n. 31904/2021 - consiste nel ravvisare un fenomeno di tipo successorio tra soci e società, in virtù del quale i soci subentrano ope legis alle obbligazioni della società estinta, seppur potendo dedurre, in via di eccezione, la limitazione della propria responsabilità alle somme ricevute in base al bilancio finale di liquidazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2495 del Codice civile.

In questo caso, si evidenzia che la responsabilità potenziale del socio è pari all’intero debito maturato dalla società, sanzioni incluse, e inoltre che il coinvolgimento del socio avviene senza necessità che il Fisco si faccia carico di dimostrare la percezione di somme o valori da parte di questi, atteso che il subentro dello stesso rappresenta, come detto, un effetto legale del particolare meccanismo successorio. Come si è rilevato in precedenza, infatti, l’avvenuta assegnazione di somme e valori rappresenta una circostanza che il socio è onerato ad allegare, per limitare la propria responsabilità nei confronti della pretesa del Fisco, in sede eventualmente processuale, alla stregua di una circostanza estintiva, impeditiva o modificativa del credito erariale.

Le prospettive

Da un semplice raffronto tra le due procedure è difficile sfuggire alla considerazione che la seconda strada appare senz’altro più agevole per il Fisco – che non deve dimostrare nulla - e decisamente meno tutelante per il contribuente, il quale, oltre a dover rispondere per somme maggiori rispetto a quanto accade nella speciale procedura tributaria, si trova a dover fornire la prova della limitazione della sua responsabilità sotto l’incombente minaccia di un titolo esecutivo pienamente efficace. In attesa che la Cassazione faccia chiarezza sulla questione, viene da chiedersi quale sia l’utilità effettiva della norma dell’articolo 36 del Dpr 602/1973, a cospetto del meccanismo successorio ideato dai giudici di vertice che pare, seppure con alcune eccezioni - si pensi alla limitazione temporale della coobbligazione del socio, che nella disposizione tributaria giunge sino ai due anni precedenti la messa in liquidazione - “coprire” la massima parte della casistica in esame.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore. Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24