Imposte

Imu dei coniugi, la Corte costituzionale apre la strada alle istanze di rimborso

La pronuncia 209/2022 della Consulta mette a rischio anche gli accertamenti comunali notificati negli ultimi anni, a mano a mano che si consolidava l’orientamento restrittivo della Cassazione

di Luigi Lovecchio

La sentenza 209/2022 della Consulta (si veda anche l’articolo «Consulta: Imu, esente anche la casa dove il coniuge dimora abitualmente») apre la strada alle istanze di rimborso Imu da parte dei contribuenti e mette fuori gioco gli accertamenti comunali. Sono comunque fatte salve le situazioni già definite, per decorrenza dei termini decadenziali per il rimborso o per il ricorso o per sentenza passata in giudicato.

La pronuncia ha dunque statuito che ciascun possessore di immobili ha diritto all’esenzione Imu, purché abbia residenza anagrafica e dimora abituale nella casa, e a prescindere da residenza e dimora del coniuge o del convivente. Sotto questo profilo, non cambia nulla se le due residenze disgiunte siano nello stesso comune o in comuni diversi.

Ne consegue che i soggetti che abbiano versato l’Imu, ad esempio, sulla casa di residenza dell’altro coniuge, ubicata nello stesso comune, potranno senz’altro chiedere il rimborso di quanto pagato negli ultimi 5 anni.

Lo stesso dicasi, a maggior ragione, per quanti, aderendo cautelativamente alle plurime sentenze della Cassazione in termini, in presenza di residenze disgiunte in comuni diversi, abbiano pagato l’imposta per entrambe le unità immobiliari, non essendoci l’unitarietà della dimora del nucleo familiare. Ma la sentenza mette a rischio anche le migliaia di accertamenti comunali che sono stati notificati negli ultimi anni, a mano a mano che si consolidava l’orientamento restrittivo della Cassazione.

Va tuttavia segnalato come la stessa Corte costituzionale abbia chiarito che la declaratoria di illegittimità non comporta l’estensione dell’esenzione alle «seconde case». Questo significa che, laddove non fosse possibile stabilire con sufficiente certezza che in una delle due abitazioni il possessore, in effetti, non ha la dimora abituale, l’esonero competerà solo sull’altro immobile. Allo scopo, la sentenza richiama i poteri dei comuni di verificare, attraverso la consultazione dei dati delle utenze a rete (gas, acqua e energia elettrica), la congruenza della richiesta di agevolazione del contribuente. In proposito, si evidenzia che, alla luce delle nuove disposizioni della riforma del processo tributario (articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 546/1992), si ritiene che l’onere della prova si atteggia diversamente, a seconda che si sia in presenza di una istanza di rimborso o di un atto di accertamento del comune. Nel primo caso, l’onere è senz’altro in capo al contribuente, il quale potrebbe essere chiamato a produrre, ad esempio, la documentazione afferente i costi dei consumi. Nell’altro caso, dovrebbe essere il comune a procurarsi le notizie utili a contestare l’esenzione richiesta, magari chiedendo termini al giudice tributario.

Si evidenzia che la pronuncia in esame ha effetti anche sui versamenti eseguiti a giugno scorso, a titolo di acconto Imu. Pertanto, i coniugi con residenze disgiunte che abbiano pagato l’imposta su uno dei due immobili posseduti potranno, in presenza delle condizioni di legge, scomputare quanto versato in più in occasione del saldo di dicembre.

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