Imposte

Il regime delle Cfc può inciampare sulla minimum tax

Il nuovo prelievo sulle imprese favorisce detassazioni non dannose. Assonime si occupa del tema con una nuova circolare

di Alessandro Germani

Le logiche di Pillar 2 tendono a contrastare i fenomeni dei gruppi volti a sottrarsi dalla tassazione nei Paesi di insediamento, non contribuendo così a finanziare la relativa spesa pubblica, nel tentativo tuttavia di permettere l’adozione di tax policy domestiche attrattive degli investimenti. Di ciò si occupa la circolare Assonime 30/2022.

In una logica globalizzata nei grandi gruppi si tende ad inquadrare un imprenditore unico «a cavallo di più Stati» corrispondente all’headquarter, con elevata frammentazione fra le varie entità che può portare anche ad un «aggressive tax planning» (Atp). Di qui l’introduzione di regole di trasparenza e di sostanza per combattere tali fenomeni. Nel progetto Beps il Pillar 1 riguarda multinazionali con ricavi non inferiori a 20 miliardi di euro, mentre il Pillar 2 entità con ricavi consolidati non inferiori a 750 milioni di euro cui si richiede di sostenere il livello minimo di imposizione effettiva del 15 per cento.

Il Pillar 2 si individua di fatto con il Globe (Global anti base erosion), formato da Iir e Utpr, in base al quale occorre considerare il contributo economico alla creazione del valore. Infatti anche nei prezzi di trasferimento si passa da una logica unilaterale reddituale propria del Tnmm a quella multilaterale del Psm (profit split method) che considera il contributo di tutte le imprese associate al profitto unitario e sinergico. In altre parole, gli extraprofitti appartengono a tutte le consociate che vi contribuiscono e a cui vanno attribuiti anche forfettariamente. Infatti l’edizione Ocse del 2022 sul Tp supera la visione per cui i profitti residuali derivano da asset unici, a vantaggio di molteplici fattori che tengono conto dell’integrazione e della condivisione dei rischi economici.

La logica della Qdmt è sostitutiva di Iir/Utpr, in quanto se in un paese l’Etr è del 10%, con profitti routinari di 20 ed excess profit di 80, verrà sottoposto a prelievo addizionale del 5 per cento solo l’extraprofitto di 80, in misura pari a 4. In generale i Qrtc (Qualified refundable tax credit) sono concessi per importi illimitati, non incidono sull’Etr e non creano top up tax da recuperare. Invece i crediti non qualificati o le variazioni in diminuzione della base imponibile abbattono l’Etr e possono creare importi di top up tax da recuperare. È invece liberamente agevolabile la quota di profitti routinari (5% del costo del lavoro e dei tangible asset utilizzati) perché considerati di stretta competenza territoriale delle giurisdizioni dove si svolgono tali attività.

In tutto ciò il meccanismo della Cfc (controlled foreign companies) potrebbe minare l’efficacia della Qmdt, in quanto potrebbe non consentire ai Paesi interessati (Paesi in via di sviluppo) di esercitare – tramite la Qdmt - i diritti impositivi prioritari sui profitti generati in loco e quindi di riappropriarsi delle risorse relative ad incentivi che abbiano fatto scendere l’Etr al di sotto del minimo. Il contrasto già nasceva dal confronto fra Cfc e Iir in quanto la prima tassa in capo alla parent il reddito prodotto dalle controllate estere, mentre con la seconda si pone poi il problema di ripartire la top up tax. Ma secondo una logica bilaterale per la Cfc e multilaterale per il Globe. Adesso in presenza di una Cfc questa potrebbe minare il senso della Qmdt che consente di utilizzare la leva fiscale per attribuire regimi fiscali (non harmful) di particolare vantaggio sui profitti routinari.

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