Imposte

Criptovalute e imposte: in Senato una proposta di legge per la disciplina fiscale

Il Ddl A.S. 2572 muove il primo passo verso l’inquadramento (anche) tributario delle valute virtuali. Lo schema prevede interventi sulle regole delle imposte dirette e ai fini antiriciclaggio

A più di cinque anni dal primo documento di prassi in tema di criptovalute (risoluzione 72/E/2016) – anni in cui il settore è cresciuto a ritmi tanto esponenziali da rendere necessari specifici adeguamenti normativi (ai fini antiriciclaggio, ma non solo) – finalmente anche il legislatore fiscale sembra pronto a dire la sua.

È stato infatti presentato al Senato il disegno di legge AS 2572, che di fatto muove il primo passo verso l’inquadramento (anche) tributario delle valute virtuali. La spinta nasce dall’esigenza di fornire un quadro normativo chiaro a un settore che a breve sarà interessato da importanti novità in chiave operativa: il decreto Mef del 13 gennaio prevede infatti la nascita della prima anagrafe dei cripto-operatori (exchanger e wallet provider) attivi in Italia, nonchè della prima concreta forma di monitoraggio delle operazioni dei cripto-investitori (si veda l’articolo).

Il disegno di legge consta di soli due articoli:
1) il primo propone il concetto di «unità matematica», quale unità minima sottostante a tutte le variegate forme di cripto-asset, adeguando le definizioni previste dalla normativa antiriciclaggio;
2) il secondo, appunto, mira a integrare l’ordinamento tributario vigente per adeguarlo al nuovo contesto economico delle valute virtuali.

L’intervento a prima vista appare organico, almeno sotto il profilo dei soggetti passivi Irpef, in quanto copre non solo le imposte dirette – proponendo una modifica degli articoli 44, 67 e 68 del Tuir – ma anche gli obblighi di monitoraggio nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, di cui al Dl 167/90, e relativa Ivafe.

Gli obblighi ai fini Irpef

Per quanto riguarda le imposte dirette, le modifiche sembrano seguire la tesi dell’assimilazione delle criptovalute alle valute estere, sostenuta dall’agenzia delle Entrate (per cui sono sempre da tassare le plusvalenze a termine, mentre quelle a pronti solo in presenza di depositi eccedenti i 51.646,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui), ma con un’importante differenza: il presupposto impositivo non è più il “prelievo”, bensì l’effettiva conversione delle criptovalute in euro o in altra valuta legale.

Questo è forse l’aspetto più interessante, e allo stesso tempo il più delicato, perché consentirebbe di inquadrare come non ancora realizzate le plusvalenze maturate su operazioni di scambio “cripto su cripto” (in genere la parte più consistente, ma anche la più volatile, delle cripto-negoziazioni di un wallet). Tale soluzione è sicuramente apprezzabile sotto il profilo pratico (ed è peraltro in linea con quella di altre legislazioni, ad esempio l’austriaca), ma andrebbe comunque coordinata con i principi generali propri del nostro ordinamento.

La proposta prevede poi che per il calcolo della plusvalenza si debba utilizzare il costo d’acquisto risultante da documentazione avente data certa, attingendo eventualmente dalla contabilità di exchanger e wallet provider (ormai tenuti al monitoraggio trimestrale). Mentre nell’ipotesi – tutt’altro che infrequente – in cui non si riesca a determinare il costo d’acquisto, è previsto che si possa applicare il criterio forfettario (simile a quello per i metalli preziosi), secondo cui la plusvalenza imponibile è quantificata al 25% dell’importo ricevuto (al riguardo, si osserva che per le valute estere esiste già un criterio forfettario di determinazione del costo, sulla base del minore dei cambi mensili del periodo d’imposta in cui la plusvalenza è realizzata).

A tal fine, lo schema di Ddl prevede opportunamente un regime opzionale di rideterminazione dei valori fiscali del cripto-portafoglio, alla stregua di quella prevista per partecipazioni e terreni: un’imposta sostitutiva a scaglioni (8-9-10%, a seconda che il valore sia inferiore a 500 mila euro, compreso tra 500 mila e un milione, oppure oltre un milione di euro), da versare entro il 30 giugno 2022 (termine forse un po’ ottimistica, considerati i tempi parlamentari) ovvero in tre rate annuali di pari importo, e da calcolarsi sul valore al 1° gennaio 2022, determinato con perizia giurata, redatta da un dottore commercialista, un ragioniere, un perito commerciale o un revisore legale.

Gli obblighi di monitoraggio fiscale

Per quanto concerne il monitoraggio nel quadro RW, la proposta di legge prevede una modifica dell’articolo 4 del Dl 167/90 che recepisce la tesi interpretativa delle Entrate secondo cui la detenzione di criptovalute è soggetta all’obbligo di indicazione del quadro RW, senza rilevanza ai fini Ivafe (in quanto i wallet non sono prodotti finanziari), seppur con due importanti distinzioni:
● i valori andrebbero indicati al costo storico e non al valore di mercato (aspetto molto rilevante se si considera che il regime sanzionatorio è proporzionale ai valori non correttamente indicati);
● e si applicherebbe la stessa franchigia di 15mila euro prevista per conti correnti e depositi bancari.

Proprio in tema di sanzioni, si propone l’applicazione di una “sanatoria” per le eventuali omissioni e irregolarità da quadro RW commesse in passato, che tuttavia – secondo il disegno di legge – sarebbe limitata ai soli soggetti interessati alla rideterminazione dei valori secondo il regime opzionale sopra descritto. Questa limitazione appare in contrasto con la decorrenza del nuovo impianto normativo (prevista per il 2023), ma è innegabile che l’obbligo di indicazione delle criptovalute nel quadro RW, sebbene non ancora specificamente previsto a livello normativo, esiste già a livello di istruzioni ministeriali (la cui legittimità è stata peraltro confermata con sentenza del Tar Lazio 1077/2020).

Passi avanti e punti insoluti

In conclusione, la proposta di una disciplina fiscale in tema di criptovalute è senz’altro da accogliere positivamente, ma è probabile che nell’iter parlamentare ci saranno correttivi e riempitivi. Ad esempio, la modifica dell’articolo 4 del Dl 167/90 dovrebbe includere anche l’esonero dalla compilazione del quadro RW in caso di detenzione tramite cripto-intermediari residenti, che sono già inclusi nel novero dei soggetti “monitoranti” ex articolo 1, e ora, in vista del nuovo registro Oam, sempre più coinvolti nello scambio di informazioni.

Inoltre, resterebbe da definire ancora la fiscalità dei soggetti Ires che detengono criptovalute in bilancio, per i quali – considerata anche la crescente varietà di cripto-asset in circolazione – il principio di derivazione contabile potrebbe non bastare.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©