I temi di NT+Modulo 24

Operazioni straordinarie, riserve in sospensione tassabili solo in caso di distribuzione

La circolare 6/E/2022 afferma la possibilità di far ricorso alla normativa antiabuso per disconoscere i vantaggi indebiti eventualmente realizzati

di Leo De Rosa e Alberto Russo

La rivalutazione dei beni d’impresa, consentita a più riprese dalle diverse leggi che si sono susseguite negli ultimi vent’anni, ha rappresentato un beneficio indiscusso per imprenditori ed imprese, consentendone la patrimonializzazione, senza l’apporto di nuovo capitale.

La rivalutazione è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge 342/2000. Da ultimo, l’articolo 110 del Dl 104/2020 (decreto Agosto), ha riproposto per i titolari di reddito di impresa, che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di rideterminare il valore dei beni iscritti in bilancio, nello specifico di:

beni materiali ed immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa;

partecipazioni in società controllate o collegate, iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie.

Il procedimento di rivalutazione, contabilmente, prevede l’iscrizione dei maggiori valori imputati ai beni iscritti nell’attivo patrimoniale ed, in contropartita, l’iscrizione in patrimonio netto di una riserva «saldo attivo di rivalutazione» che - al ricorrere di determinate condizioni - potrà assumere la natura fiscale di riserva in sospensione d’imposta.

La composizione attuale dei patrimoni netti di molte imprese rispecchia le scelte che sono state compiute negli anni con riguardo all’opzione per la rivalutazione. La presenza del saldo attivo di rivalutazione - il più delle volte stratificato, in quanto riferito a diversi interventi normativi cui le imprese hanno aderito - pone una serie di riflessioni nell’ambito della gestione straordinaria delle imprese, momento in cui il patrimonio netto deve essere preservato nella sua interezza qualitativa e quantitativa.

Un tema di particolare interesse, oggetto di dibattito anche in occasione delle precedenti rivalutazioni, è quello riguardante la ricostruzione del saldo attivo di rivalutazione in sospensione d’imposta nell’ambito di operazioni straordinarie fiscalmente neutrali.

L’assenza di uno specifico documento di prassi in materia da parte dell’Amministrazione finanziaria ha messo i contribuenti di fronte ad alcune incertezze operative ed interpretative da risolvere.

Solo grazie alla recente circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 6/E del 1 marzo 2022, nella parte I del documento, si sono forniti chiarimenti che il presente contributo si propone di esaminare. Più nel dettaglio, sarà approfondito il trattamento delle riserve in sospensione d’imposta in caso di operazioni straordinarie.

Il saldo attivo di rivalutazione: aspetti generali

Ai fini civilistici, le immobilizzazioni sono iscritte in bilancio al costo di acquisto o di produzione, al netto dei fondi di ammortamento (articolo 2426, comma 1, del Codice civile).

Non è ammesso, quindi, procedere discrezionalmente all’iscrizione dei cespiti in bilancio ad un valore superiore al costo di acquisto o di produzione, anche nel caso in cui il valore effettivo per tali beni risulti materialmente superiore al costo, fatto salvo il caso in cui leggi speciali lo prevedano o consentano.

Le leggi di rivalutazione emanate dal 2000 al 2005 davano rilevanza civilistico-fiscale alla rivalutazione. Solo nell’ambito della rivalutazione disciplinata dal Dl 185/2008 il Legislatore ha introdotto la possibilità, non rinnovata successivamente, per il contribuente di scegliere l’effetto della rivalutazione, ammettendone anche l’efficacia esclusivamente civilistica (senza l’assolvimento dell’imposta sostitutiva).

Il decreto Agosto ha reintrodotto tale possibilità, prevedendo il riconoscimento dei maggiori valori soli fini civilistici, oppure anche ai fini fiscali mediante il versamento di un’imposta sostitutiva del 3%.

Tale opzione assume rilevanza per identificare la natura fiscale del saldo attivo di rivalutazione, soggetto ad una disciplina differente a seconda della scelta compiuta dal contribuente.

Rivalutazione civilistica
Nel caso in cui la rivalutazione abbia rilevanza solo civilistica, il saldo attivo di rivalutazione ai fini fiscali è identificabile come una riserva ordinaria di utili e come tale tassata solo in caso di distribuzione; secondo i chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate nell’ambito della rivalutazione ex Dl 185/2008 , lo stesso non costituisce riserva in sospensione d’imposta, fermo restando la necessità di imputarlo al capitale o accantonarlo in una speciale riserva.

Il saldo attivo può essere quindi:

distribuito ai soci, tuttavia nel rispetto dei vincoli civilistici previsti dalla procedura per i casi di riduzione del capitale sociale, secondo quanto specificamente disposto dall’articolo 13, comma 2, della L. 342/2000 secondo cui «la riserva, ove non venga imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l’osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell’articolo 2445 del Codice civile »;

utilizzato per la copertura delle perdite, l’articolo 13 della legge 342/2000, richiamato dal comma 7 dell’articolo 110 del Dl 104/ 2020, prevede, che «in caso di utilizzazione della riserva a copertura di perdite, non si può fare luogo a distribuzione di utili fino a quando la riserva non è reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria, non applicandosi le disposizioni dei commi 2 e 3 dell’articolo 2445 del Codice civile».

Rivalutazione civilistica e fiscale
Quando, diversamente, il contribuente opta per il versamento dell’imposta sostitutiva conferisce rilevanza fiscale alla rivalutazione effettuata.

In tal caso, la riserva di rivalutazione di patrimonio netto, iscritta in contropartita dei maggiori valori attribuiti e al netto dell’imposta versata, costituisce una riserva in sospensione d’imposta. Tale riserva concorre a formare il reddito imponibile della società e dei soci in caso di distribuzione a questi ultimi - fatto salvo il caso in cui sia stato affrancato il saldo attivo di rivalutazione con il pagamento di un’imposta sostitutiva (fissata pari al 10% dal decreto Agosto).

Le riserve in sospensione d’imposta, previste da leggi speciali, sono elementi di patrimonio netto la cui tassazione viene rinviata ad un momento successivo rispetto alla loro iscrizione in bilancio. In generale, il momento impositivo spesso coincide con la loro distribuzione ai soci, oppure al verificarsi di un presupposto specificatamente individuato che fa venir meno il regime di sospensione.

Questo vuol dire che l’imposta sostitutiva versata per la rivalutazione è relativa ad un’imposizione di tipo provvisorio.

La sospensione gravante sulle riserve di rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 13, comma 1, della legge 342/2000 e definito dal legislatore nella relazione governativa all’articolo 123, comma 4, del Tuir , resta in vita fino a quando il saldo di rivalutazione non viene distribuito ai soci come dividendo. Al realizzarsi di tale evento il saldo distribuito - incrementato della relativa imposta sostitutiva - concorre a formare la base imponibile della società, alla quale viene riconosciuto un credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva al tempo versata.

Alla luce di quanto sopra, l’unico presupposto impositivo relativo a tali riserve è identificato nella sola distribuzione ai soci.

Tuttavia, tale interpretazione è stata contestata da alcune posizioni di prassi assunte dall’agenzia delle Entrate.

Il saldo attivo di rivalutazione: le operazioni straordinarie

La ricostruzione delle riserve nella fusione
Nell’ambito delle operazioni straordinarie una specifica procedura di ricostruzione delle riserve in sospensione d’imposta è prevista per le operazioni di fusione.

Tale procedura è dettata all’articolo 172, ai commi 5 e 6, Tuir, e risponde all’esigenza del Legislatore di evitare che, attraverso la fusione, venga meno il regime di sospensione d’imposta eventualmente vigente su alcune poste patrimoniali delle società estinte a seguito di fusione, con conseguenti «salti d’imposta».

La procedura si articola, quindi, su tre diversi livelli, ordinati gerarchicamente in ragione del grado di obbligatorietà della relativa ricostruzione:

il quinto comma dell’articolo 172 impone, innanzitutto, l’obbligo di ricostituire le riserve in sospensione «radicale» a valere prioritariamente sull’avanzo di fusione (da concambio o da annullamento) oltre che, in caso di sua incapienza, sulle poste ideali di patrimonio netto liberamente disponibili individuate presso la società risultante da fusione. Tale previsione si applica, dunque, a tutte quelle riserve tassate a fronte di qualsiasi utilizzo (distribuzione ai soci, utilizzo per coperture perdite, portate ad aumento del capitale) («riserve in sospensione radicale») ;

la seconda parte del comma 5 dispone che, qualora dovesse residuare ulteriore avanzo di fusione dopo aver riscostruito le riserve in sospensione radicale e, in caso di incapienza dell’avanzo di fusione, vi sia stato un aumento di capitale dell’incorporante superiore alla somma dei capitali sociali delle partecipanti, al netto delle azioni o quote già possedute dalle stesse, dovranno essere ricostituite quelle in sospensione cd. «moderata». Tale previsione si applica, dunque, a tutte quelle riserve il cui regime di sospensione viene meno solo a fronte di una distribuzione ai soci (c«riserve in sospensione moderata») ;

il comma 6 dell’articolo 172 precisa che il capitale, le riserve di utili o di capitale (diverse da quelle in sospensione presenti nel patrimonio netto del dante causa) devono essere ricostituite:

a) a valere sull’aumento di capitale, sull’avanzo da annullamento o da concambio che eccedono la ricostruzione e l’attribuzione delle riserve in sospensione d’imposta (di entrambi i tipi);

b) in misura proporzionale alle tipologie di riserve presenti nel patrimonio netto dell’incorporata o fusa, escludendo, nel caso di avanzo da annullamento, il capitale e le riserve di capitale fino a concorrenza del valore della partecipazione annullata;

c) attribuendo loro il regime fiscale originariamente proprio delle riserve della società incorporata o fusa.

Le posizioni dell’agenzia delle Entrate
L’agenzia delle Entrate con la circolare 6/E pubblicata il 1° marzo 2022, successivamente ad un periodo di pubblica consultazione in bozza, ha fornito importanti chiarimenti con riguardo alla qualificazione del vincolo di sospensione di imposta e sugli obblighi di ricostruzione del saldo attivo di rivalutazione in caso di operazioni straordinarie.

Tale interpretazione ha sciolto il dubbio interpretativo sollevato con la risposta all’interpello n. 316, pubblicata il 24 luglio 2019, in cui l’agenzia delle Entrate si è espressa con riguardo al quesito di un contribuente circa l’utilizzo della riserva di rivalutazione ex articolo 15 del Dl 185/2008, annoverabile tra quelle in sospensione d’imposta in quanto non oggetto di affrancamento, nell’ambito di un’operazione di fusione.

In tale circostanza, la società istante chiedeva di poter utilizzare la riserva di rivalutazione a copertura di un disavanzo da annullamento non imputabile a maggior valore di attività ed avviamento e quindi imputato a patrimonio netto in applicazione dell’articolo 13 della legge 342/2000, a norma del quale l’imponibilità di tale riserva risulta circoscritta alla sola ipotesi di distribuzione ai soci. In relazione a tale quesito, l’Amministrazione finanziaria affermava il principio secondo cui qualunque utilizzo delle riserve di rivalutazione, differente rispetto a quelli specificatamente previsti dalla norma, ne determina il presupposto impositivo. La tesi dell’Amministrazione finanziaria si basa sull’interpretazione del combinato disposto dell’articolo 15, comma 18, Dl 185/2008 e dell’articolo 13, comma 1, della legge 342/2000, i quali prevedono—rispettivamente—l’imputazione del saldo attivo di rivalutazione a capitale sociale o in una riserva designata «con esclusione di ogni diversa utilizzazione».

La posizione assunta dall’agenzia delle Entrate nell’ambito di tale risposta si pone in netto contrasto con l’interpretazione dell’articolo 172, comma 5, Tuir, nonché con altri documenti di prassi con cui l’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti circa la natura delle riserve di rivalutazione annoverandole tra quelle in sospensione moderata di cui all’articolo 172, comma 5, secondo periodo, Tuir .

Secondo tale interpretazione, in caso di fusione non vige l’obbligo di ricostituzione di tali riserve in capo alla società incorporante, se non nei limiti dell’avanzo o dell’eventuale aumento di capitale sociale. Questo vuol dire che - in mancanza di tali elementi specificatamente individuati e nell’ambito di tali operazioni - le riserve di rivalutazione sono completamente o parzialmente annullabili, venendo meno il vincolo della sospensione d’imposta (unitamente alle riserve su cui tale vincolo gravava).

Coerentemente con tali posizioni, anche dal punto di vista contabile, l’Oic 4 - Fusione e Scissione fornisce chiarimenti in merito alla ricostruzione delle riserve di rivalutazione nell’ambito della fusione, affermando che la stessa «dovrà avvenire se emerge un avanzo di fusione, oppure in presenza di aumento di capitale dell’incorporante di ammontare superiore al capitale complessivo delle società che partecipano alla fusione. In assenza di queste due situazioni, non vi è alcun obbligo di ricostituzione delle riserve in oggetto».

Tanto la precedente prassi dell’agenzia delle Entrate, quanto il summenzionato principio contabile risultano coerenti con quanto disposto dall’articolo 13, comma 3, della legge 342/2000 che individua nella distribuzione ai soci l’unico momento impositivo delle riserve di rivalutazione.

L’inversione di rotta

L’agenzia delle Entrate nella bozza di circolare in consultazione aveva dapprima ribadito quanto espresso nell’interpello 316/2019, per poi invertire rotta nel documento finale.

In particolare, nel documento in bozza, l’Agenzia aveva confermato il proprio orientamento restrittivo indentificando le riserve di rivalutazione tra quelle in sospensione radicale tassabili in ogni caso, a prescindere dall’utilizzo che ne venga fatto, e non tra quelle in sospensione moderata. Con specifico riferimento alle operazioni straordinarie, secondo i primi chiarimenti in bozza, le riserve di rivalutazione avrebbero dovuto essere ricostruite in capo alla società risultante dall’operazione straordinaria, utilizzando le riserve disponibili e il capitale sociale, trasferendo il vincolo di sospensione a tali voci. Ciò avrebbe comportato che una successiva distribuzione di tali poste ai soci sarebbe stata equiparata ad una distribuzione di dividendi e, pertanto, avrebbe ridotto il patrimonio netto senza alcun effetto sul costo fiscale della partecipazione (quindi non riducendolo).

Nella versione finale della circolare, l’agenzia delle Entrate abbandona le posizioni assunte nella versione in bozza, sostenendo per l’interpretazione secondo cui le riserve di rivalutazione sono riserve in sospensione d’imposta moderata, quindi tassabili solo in caso di distribuzione.

Modificando sostanzialmente la propria precedente posizione, l’Agenzia sostiene che il vincolo di sospensione cessa solo nel caso in cui il saldo attivo di rivalutazione venga attribuito—anche indirettamente o di fatto—ai soci in assenza di affrancamento di tali riserve, identificando come fenomeni rilevanti ai fini impositivi gli utilizzi della riserva che sottendono un effetto di sostanziale attribuzione di tali riserve ai soci o partecipanti.

Pertanto, qualora un’impresa al cui patrimonio netto sono iscritte riserve di rivalutazione venga fusa e nell’ambito di tale un’operazione di fusione emerga un disavanzo, l’annullamento di tale riserva senza la sua ricostruzione non sarà un evento fiscalmente rilevante e non genererà materia imponibile.

Alla luce di quanto sopra, se - come sostenuto dall’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 6/E - le riserve di rivalutazione sono inquadrabili come riserve in sospensione d’imposta moderata, la loro ricostruzione in caso di operazioni fiscalmente neutrali (come le fusioni e le scissioni) avverrà:

in capo alla società risultate da fusione/beneficiaria della scissione ai sensi dell’articolo 172, comma 5, del Tuir;

solo in presenza e nei limiti dell’avanzo, ovvero dell’aumento di capitale eccedente il capitale delle società che hanno preso parte all’operazione straordinaria ai sensi dell’articolo 173, comma 9, Tuir.

Tuttavia, è bene evidenziare che il cambio di rotta dell’Agenzia rispetto alla posizione assunta nella versione in bozza della circolare non è stato effettuato senza prendere le dovute cautele. Nella circolare in versione definitiva, l’Agenzia ha infatti ribadito la possibilità di far ricorso alla normativa antiabuso per disconoscere i vantaggi indebiti eventualmente realizzati tramite operazioni - anche straordinarie o tra parti correlate - volte ad attribuire ai soci «i maggiori valori per i quali e riserve sono state sottoposte a vincolo fiscale».

Secondo quanto già osservato da Assonime con la circolare n. 12/2022 , è probabile che l’Agenzia ravvisi delle ipotesi di vantaggio fiscale indebito nell’ambito di operazioni circolari, tra queste ad esempio, il caso di una partecipazione totalitaria in una società che abbia iscritto una riserva in sospensione d’imposta venga ceduta infragruppo in regime Pex, e sia successivamente incorporata al fine di far emergere un disavanzo da annullamento tale da far «scomparire» la riserva in questione.


Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.

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