Imposte

Impatriati, via libera al datore estero con il test su residenza e tipo d’attività

Non è indispensabile l’impiego presso un soggetto o un committente residente. Da monitorare con cura le situazioni di rientro a seguito di un distacco

di Davide Cagnoni e Angelo D'Ugo

L’applicazione degli incentivi per i lavoratori impatriati previsti dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015 non ha limitazioni in presenza di un datore di lavoro estero o – nel caso di lavoratori autonomi e ditte individuali – nel caso in cui i committenti siano non residenti. L’attuale versione della norma destinata a chi decide di trasferirsi in Italia per avviare un’attività lavorativa, acquisendo la residenza nel nostro Paese, non richiede infatti che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato.

In tali casi, tuttavia, vanno attentamente osservate le disposizioni in materia di residenza fiscale e verificate le modalità di concreta esecuzione dell’attività lavorativa.

La residenza fiscale

Il comma 1 dell’articolo 16 prevede che le agevolazioni spettano ai lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del Tuir. Stando al testo di legge, quindi, per poter applicare l’abbattimento del reddito imponibile del 70% (o del 90% in caso di trasferimento in una delle regioni del sud Italia) occorre riferirsi soltanto alle disposizioni dell’articolo 2, dando dunque rilievo al fatto che il soggetto impatriato abbia in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile) la residenza o il domicilio oppure sia iscritto all’anagrafe dei residenti (circolare 17/E/2017).

Per questo motivo, il beneficio spetta anche per coloro che già svolgono una attività lavorativa in Italia perché ivi distaccati da un’altra società del gruppo senza essersi iscritti alla anagrafe della popolazione residente e avendo mantenuto all’estero la dimora abituale e il centro prevalente dei propri interessi. Tali soggetti possono quindi accedere al beneficio a partire dall’anno in cui acquisiscono la residenza fiscale anche se ciò avviene successivamente all’anno in cui hanno iniziato in Italia lo svolgimento dell’attività lavorativa.

L’irrilevanza dello «split year»

Proprio in ragione della sola rilevanza dell’articolo 2 del Tuir, l’Agenzia ha escluso (risposta 7 gennaio 2022, n. 3) che una persona fisica residente in Svizzera che si trasferisce in Italia nella seconda metà dell’anno possa beneficiare del regime agevolato dall’anno del trasferimento, nonostante la Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia preveda il criterio dello split year (articolo 4, paragrafo 4) in base al quale la residenza fiscale si acquisisce a decorrere dal giorno del trasferimento. Dunque, particolare attenzione dovrà essere prestata per tutti coloro che intendono trasferirsi in Italia dalla Svizzera o dalla Germania, Paese per il quale vige il medesimo criterio di ripartizione della residenza (risposta 26 gennaio 2023 n. 170), tenuto conto che gli stessi potranno far decorrere il beneficio solo dal periodo d’imposta successivo al cambio di domicilio, con tutto ciò che ne consegue in termini di tassazione dei redditi prodotti nell'anno del trasferimento.

I gruppi multinazionali

La fattispecie del rientro in Italia di lavoratori dipendenti di datori esteri è stata esaminata dalle Entrate nella circolare 33/E/2020 (paragrafo 7.5). Al riguardo, è stato chiarito che possono accedere all’agevolazione anche i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero. In tali ipotesi, in considerazione dell’autonomia dei rapporti contrattuali nell’ambito di un gruppo societario con diverse società ubicate e operanti in Stati differenti, al verificarsi di tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma, è possibile accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati senza che a tal fine rilievi la circostanza che l’attività lavorativa all’estero, ante rientro, sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo.

Più delicate sono, invece, le situazioni di rientro a seguito di distacco, per le quali la posizione dell’Agenzia resta rigida soprattutto sui criteri di “discontinuità” tra situazione lavorativa ante trasferimento all’estero e situazione post rientro, nonostante siano già diverse le pronunce giurisprudenziali di senso opposto (sentenza 3640/20/2022 della Cgt II grado della Lombardia).

Il lavoro da remoto

I benefici in presenza di datori di lavoro esteri risultano altresì applicabili per coloro che si trasferiscono in Italia e lavorano da remoto alle dipendenze della stessa impresa estera presso cui lavoravano prima del trasferimento (risposta 16 settembre 2021 n. 596).

Tale facoltà incentiva il rientro in Italia non solo di lavoratori dipendenti, ma anche di lavoratori autonomi o imprenditori individuali che hanno come clienti o committenti esclusivamente soggetti esteri, ampliando la platea dei potenziali beneficiari.

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