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Pro loco: 300mila volontari, 25milioni di ore di attività

di Maria Carla De Cesari

Migliorare il proprio paese ed essere una risorsa per il territorio: questo il biglietto da visita delle Pro Loco, le associazioni che mirano alla valorizzazione dei centri d’Italia. Ne hanno fatta di strada queste realtà e i loro volontari da quando, nel 1881, è nata la prima Pro loco, a Pieve Tesino in Trentino, allora nei confini dell’Austria Ungheria. Oggi le Pro loco sono una rete costituita da 6.158 associazioni, che contano 600mila tesserati e 300mila volontari attivi. In media, ogni mille abitanti cinque offrono il loro servizio gratuito per le attività delle Pro loco. Le Regioni dove queste forme sono più numerose sono Piemonte, Lombardia, il Nord Est (con l’eccezione dell’Alto Adige). Trentino, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana contano più di una Pro loco per Comune. Il 70% delle Pro Loco ha una partita Iva per vendere prodotti, aprire un bar o un ristorante sociale.

Il censimento di questa rete che anima il territorio è stato voluto da Unpli, l’Unione nazionale delle Pro loco, ed è stato realizzato attraverso una ricerca condotta dal Centro studi Sintesi della Cgia di Mestre. Si è partiti da un’indagine quantitativa presso i Comitati regionali Unpli, quindi è seguito un tavolo di consultazione in cui si sono confrontati i presidenti regionali dell’Unione e per finire si è fatta una seconda indagine quantitativa che ha coinvolto oltre 400 associazioni. Ne è scaturito il mosaico di questo mondo che - spiega Antonino La Spina, presidente dell’Unione nazionale - «è riuscito a organizzare, nel solo 2018, 110mila eventi di elevato spessore e in linea con ogni specificità territoriale. Si tratta di attività di carattere culturale, ricreativo- sportivo, ambientale e di promozione di prodotti locali. I 110mila eventi hanno portato nei nostri paesi oltre 88 milioni di visitatori, grazie ai 25 milioni di ore di impegno sul campo dei volontari Pro loco». Le Pro Loco non organizzano solo sagre e fiere ma sono impegnate in altri eventi e nella promozione del patrimonio materiale locale oppure gestiscono servizi. Molte realtà svolgono attività ricreative e sociali verso anziani, bambini e disabili.

L’autofinanziamento dell’attività , insieme con i contributi pubblici, rappresentano le principali fonti per le risorse.

Il sentimento ispiratore di questo movimento è identitario ma sempre accompagnato dalla voglia di fare aggregazione sociale, con la promozione del territorio e dei suoi prodotti. Un’azione essenziale soprattutto nei piccoli borghi dove, per dirla con il rapporto curato da Cgia Mestre, la Pro Loco si assume il compito di mantenere vivo il racconto delle tradizioni e di innestarlo nel tessuto sociale.

Che cosa sia stato il Covid su tutto questo movimento è stato oggetto di una seconda indagine, svolta sempre dalla Cgia di Mestre, che sarà presentata oggi al Senato: senza sagre o eventi le Pro loco hanno saputo continuare a essere una presenza preziosa sul territorio, diventando presidio contro le situazioni di emergenza locali.

La ricerca - Martedì 22 giugno la conferenza

L’IMPATTO COVID SULLA RETE
L'impatto del Covid 19 sul sistema delle Pro loco è il tema della conferenza indetta per oggi, sala Caduti di Nassirya del Senato a Roma, da Unpli, l'Unione nazionale delle Pro loco d'Italia. Nel corso dell'evento, dalle 12, verrà presentata una ricerca svolta dalla Cgia di Mestre. Presenti: Antonio De Poli (senatore), Antonino La Spina (presidente Unpli), Fernando Tomasello (Unpli), Renato Mason (Cgia Mestre), Gabriele Sepio (esperto Terzo settore), Alessandro Lombardi (direttore generale Terzo settore, ministero del Lavoro) , Luigi Bobba (presidente di Terzjus) , Giorgio Palmucci (presidente Enit), Claudia Fiaschi (portavoce Forum Terzo settore), Isabel Novoa (presidente Isto).