Imposte

Regime forfettario verso l’uscita immediata oltre i 100mila euro

Nel Ddl di Bilancio si va verso l’aumento della soglia dei ricavi a 85mila euro, ma scatterà una mossa antielusiva

di Marco Mobili e Gianni Trovati

La tassa piatta al 15% per le partite Iva farà un (piccolo) salto in avanti aumentando da 65mila a 85mila euro la soglia di ricavi o compensi per entrare nel regime forfettario. Ma allo stesso tempo sarà dotata, almeno secondo le ultime intenzioni del governo, di una clausola antievasione o, se si preferisce, antielusione. Con la legge di bilancio in arrivo, infatti, per chi nel 2023 sforerà il limite degli 85mila euro e anche il tetto dei 100mila, cesserà immediatamente il regime semplificato e il diritto di pagare un’imposta sostitutiva di Irpef, Irap e Iva del 15%. Il professionista o l’autonomo si vedrà così catapultato nel regime ordinario, e dal momento in cui avrà superato quota 100mila euro sarà obbligato a riemettere regolari fatture Iva.

Per chi invece supererà gli 85mila euro restando però sotto i 100mila, il ritorno al regime ordinario sarà rinviato all’anno successivo. Con l’avvio della nuova regola, dunque, in questo caso la partita Iva uscirà dalla Flat Tax nell’anno d’imposta 2024.

Si prova così a chiudere la porta a quanti puntavano ad aumentare ricavi e compensi oltre la soglia indicata (oggi 65mila) pagando comunque le imposte nell’anno successivo con l’aliquota del 15%, per poi rinviare all’anno ancora successivo il rientro nel regime ordinario. Con la nuova regola in vigore dal prossimo 1° gennaio il ritorno alla progressività dell’Irpef, al valore della produzione dell’Irap e all’Iva sarà immediato e in corso d’anno.

Come tutte le tagliole, però, anche questa potrebbe presentare controindicazioni. Con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per i professisti o gli autonomi in regime forfettario, grazie alla digitalizzazione delle informazioni, sarà possibile sapere in anticipo di aver sforato gli 85mila euro e in previsione anche i 100mila euro, con il risultato di farsi tentare dal quel fenomeno della sottofatturazione che secondo lo stesso Mef ha già creato e rinforzato la categoria dei «finti minimi».

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