I temi di NT+Modulo 24

Impatti fiscali delle valutazioni delle partecipazioni in controllate e collegate con l’equity method

Le rettifiche di valore delle attività finanziarie sono irrilevanti sia ai fini Ires che ai fini Irap

La disciplina del metodo del patrimonio netto (equity method) è contenuta nell’ambito della normativa codicistica sul bilancio d’esercizio (articolo 2426, comma 1, n. 4, Codice Civile) e prevede che le immobilizzazioni finanziarie consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possano essere valutate, anziché con il metodo del costo (criterio "base"), «per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis ».
La citata normativa è, inoltre, opportunamente integrata dalle disposizioni contenute nel principio contabile nazionale Oic 17 rubricato «Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto», emanato nel dicembre 2016 e aggiornato con gli emendamenti pubblicati il 29 dicembre 2017 e il 4 maggio 2022.

L’equity method, applicato, come detto, nella valutazione delle partecipazioni in imprese controllate (e in misura minore in quelle collegate), presenta il vantaggio, rispetto all’applicazione del criterio del costo, di fornire nel bilancio della partecipante una più veritiera e corretta rappresentazione della sua situazione patrimoniale ed economica, in quanto si basa su un valore "vincolato" all’effettivo andamento della partecipata. In buona sostanza, quindi, il costo originario della partecipazione viene periodicamente rettificato, in aumento o in diminuzione, al fine di riflettere, nel bilancio della partecipante, nei periodi d’imposta successivi alla data di acquisizione, sia la quota ad essa spettante degli utili o delle perdite che le altre variazioni del patrimonio netto della partecipata stessa.

L’equity method produce gli stessi effetti sul patrimonio netto e sul risultato dell’esercizio della partecipante rispetto agli effetti che produce il metodo del consolidamento integrale sul risultato e sul patrimonio netto di pertinenza del gruppo. La principale differenza tra il consolidamento integrale e il metodo del patrimonio netto risiede nel fatto che, mentre con il consolidamento integrale gli effetti sul patrimonio netto e sul risultato d’esercizio della partecipante (consolidante) sono analiticamente rilevati in tutte le voci del bilancio (con evidenza, inoltre, del risultato e del patrimonio netto di pertinenza dei terzi), con il metodo del patrimonio netto si attua una sorta di “consolidamento sintetico", riflettendo unicamente nel valore della partecipazione la frazione di patrimonio netto della partecipata (dopo aver operato le rettifiche richieste dai principi di redazione del consolidato) e nel conto economico i risultati d’esercizio di questa in proporzione alla quota posseduta.

Rilevazione iniziale delle partecipazioni in equity e loro valutazione

L'articolo 2426, comma 1, n. 4 del Codice Civile prevede che «[…] quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa controllata o collegata può essere iscritto nell’attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all’avviamento, deve essere ammortizzata […]». In sede di prima iscrizione della partecipazione nello stato patrimoniale della partecipante, possono quindi sorgere due diverse differenze: una positiva o una negativa. In presenza di una differenza iniziale positiva (costo sostenuto per l’acquisto della partecipazione superiore alla corrispondente frazione di patrimonio netto contabile della partecipata), tale differenza:

1) può essere riconducibile a maggiori valori dell’attivo patrimoniale della partecipata (valutati a valori correnti) o alla presenza di un avviamento

oppure

2) non essendo riconducibile a maggiori valori dell’attivo patrimoniale o ad avviamento della partecipata, ne consegue che la partecipazione deve essere oggetto di svalutazione mediante imputazione a conto economico del relativo importo nella voce D.19.a) «svalutazioni di partecipazioni».

In presenza, invece, di una differenza iniziale negativa (costo sostenuto per l’acquisto della partecipazione inferiore alla corrispondente frazione di patrimonio netto contabile della partecipata), anche tale differenza potrebbe avere due diverse genesi:

1) il compimento di un buon affare, per cui la partecipante iscrive la partecipazione al maggior valore del patrimonio netto rettificato della partecipata rispetto al prezzo di costo, iscrivendo, quale contropartita, un’apposita riserva non distribuibile denominata «Riserva per plusvalori di partecipazioni acquisite»

oppure

2) la presenza di attività iscritte per valori superiori al loro valore recuperabile o passività iscritte a un valore inferiore al loro valore di estinzione o, ancora, previsione di risultati economici sfavorevoli futuri; in tali casi, la differenza rappresenta un «Fondo per rischi e oneri futuri». Tale fondo ha la stessa logica di funzionamento del «Fondo di consolidamento per rischi e oneri futuri» che troviamo nel bilancio consolidato.

Utili/perdite della partecipata e iscrizione della riserva non distribuibile

Negli esercizi successivi a quello di prima iscrizione in "equity" della partecipazione, l’utile o la perdita d’esercizio "rettificati" della partecipata, vengono imputati nel conto economico della partecipante, per la quota di sua pertinenza, in base al principio di competenza economica. L’utile viene rilevato nel conto economico della partecipante alla voce D.18.a) «rivalutazioni di partecipazioni» e ha quale contropartita l’incremento nello stato patrimoniale della voce B.III.1).a) «partecipazioni in imprese controllate» (oppure della voce B.III.1).b) «partecipazioni in imprese collegate»), mentre l’eventuale perdita viene rilevata nella voce D.19.a) «svalutazioni di partecipazioni» e comporta una riduzione, per pari importo, delle voci patrimoniali attive appena indicate.
Si evidenzia che l’applicazione del metodo del patrimonio netto, in presenza di più partecipazioni (controllate e/o collegate), deve applicarsi ad ogni singola partecipazione, escludendo una valutazione su base "aggregata". Pertanto, l’eventuale svalutazione in equity da apportare ad una partecipazione non potrà essere "compensata" dal mancato riconoscimento del maggior valore attribuibile ad altre partecipazioni.

L’articolo 2426, comma 1, n. 4, ultimo capoverso del Codice civile prevede che «[…] negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell’esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile».
La norma codicistica e il principio contabile nazionale Oic 17 prevedono, quindi, l’obbligo di accantonamento a una «Riserva non distribuibile da rivalutazione di partecipazioni», con riferimento alle sole rivalutazioni (lorde) non assorbite dall’eventuale perdita propria della partecipante.
Nella prassi, sarà possibile riscontrare le seguenti situazioni:

a) l’utile d’esercizio della partecipante è superiore alla rivalutazione complessivamente effettuata: in tal caso, l’intera rivalutazione dovrà essere accantonata a riserva non distribuibile in sede di approvazione del bilancio d’esercizio;

b) l’utile d'esercizio della partecipante è inferiore alla rivalutazione complessivamente effettuata: in tal caso, verrà accantonato e iscritto a riserva non distribuibile l’intero utile d’esercizio della partecipante (previa destinazione a riserva legale dell’eventuale quota di legge);

c) il conto economico della partecipante evidenzia una perdita: in tal caso, non sarà necessario alcun accantonamento a riserva non distribuibile, in quanto la rivalutazione (lorda) risulterà del tutto compensata con la perdita "propria" della partecipante.

Considerata l’importante funzione di garanzia della riserva in esame, il suo utilizzo è stato un tema ampiamente dibattuto in dottrina e in giurisprudenza.
Si segnala la pronuncia della Cassazione 10 novembre 2010, n. 22849 che ha analizzato il caso dell’eliminazione della riserva da "equity method" a seguito di operazione di fusione per incorporazione della partecipata. Tale "eliminazione", a parere della Corte, non genererebbe materia imponibile in quanto «[…] poiché la partecipazione nella società incorporata era già stata considerata secondo il criterio del patrimonio netto invece che secondo il criterio del costo di acquisizione, con iscrizione nella relativa plusvalenza in una riserva indisponibile, una volta che, a seguito ed a causa della fusione, è cessata la partecipazione e conseguentemente è venuta meno la riserva non distribuibile, la corrispondente somma in bilancio (ancorché non più indistribuibile ai sensi dell'articolo 2426, Codice civile), costituendo null’altro che una differenza tra il costo della partecipazione (i.e. delle relative quote) ed il valore del patrimonio netto della partecipata (benché calcolata prima della fusione), non può non rientrare tra le differenze di fusione, con soggezione al previsto regime di neutralità fiscale».

La Cassazione è intervenuta nuovamente sul tema dell’utilizzo della riserva da equity method, questa volta per copertura di perdite, con la sentenza 5 maggio 2022, n. 14210. Con tale pronuncia è stato affermato il principio secondo cui «[…] se si può aderire all’opinione secondo cui la riserva da plusvalenza del valore delle controllate è utilizzabile a copertura delle perdite, tuttavia proprio per evitare l’effetto indiretto di derogare di fatto al regime della indistribuibilità è necessario che, per la regola della graduazione delle voci iscritte al patrimonio netto, difettino in bilancio poste del netto più liberamente disponibili […]». In sostanza, se il capitale sociale può essere eroso dalle perdite solo dopo l’assorbimento delle riserve sulla base di un ordine successivo, il quale comporta l’imputazione delle medesime secondo una progressione rigida, dalla riserva meno vincolata (e più disponibile) a quella più vincolata (e, quindi, meno disponibile), allo stesso modo è ragionevole pensare che le riserve appostate nel patrimonio netto di una società di capitali possano essere imputate a riduzione delle perdite (salvo diversa specifica previsione normativa) solo in un ordine di progressiva minore disponibilità, eventualmente residuando l’operazione di riduzione del capitale sociale.
In tale ordine, la riserva in commento, essendo costituita da un valore solo "stimato" e non ancora "realizzato", ed essendo per questo targata come non distribuibile, è utilizzabile a copertura delle perdite solo in mancanza in bilancio di poste del netto più liberamente disponibili. Il criterio di gradazione nell’utilizzo della riserva in parola sancito dalla Suprema Corte è proprio per evitare una sua anticipata "liberazione" dallo status di maggiore tutela di cui gode, che sarebbe in contrasto con la ratio della disposizione normativa. Dello stesso tenore della pronuncia 14210/2022 anche la successiva sentenza della Cassazione 15087/2022.

Irrilevanza sul reddito delle variazioni di valore delle partecipazioni in equity

Le variazioni di valore (in aumento o in diminuzione) delle partecipazioni imputate a conto economico, in applicazione del metodo del patrimonio netto, sono da considerarsi irrilevanti nella determinazione del reddito d’impresa. L’articolo 110, comma 1, lettera d) del Dpr 917/1986 prevede, infatti, che «il costo delle azioni, delle quote e degli strumenti finanziari similari alle azioni si intende non comprensivo dei maggiori o minori valori iscritti i quali conseguentemente non concorrono alla formazione del reddito».
Per i soggetti che adottano i principi contabili nazionali, quindi, le svalutazioni (o le rivalutazioni) di partecipazioni non sono deducibili (tassabili) ai fini Ires.
La riconciliazione tra le disposizioni civilistiche e fiscali dovrà, pertanto, essere gestita in sede di dichiarazione dei redditi operando una variazione in aumento (o in diminuzione) del reddito complessivo pari alla svalutazione (rivalutazione) iscritta a conto economico. Inoltre, il disallineamento civilistico-fiscale delle partecipazioni dovrà essere opportunamente indicato nel quadro Rv del modello Redditi.

Accanto all’articolo 110 del Tuir, vi è una "speciale" disposizione (articolo 101, comma 3 Tuir) che detta l’indeducibilità delle differenze tra costo di iscrizione della partecipazione che eccede la corrispondente frazione di patrimonio netto della partecipata. Tale norma prevede, infatti, che «Per le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, iscritte in bilancio a norma dell’articolo 2426, n. 4), del Codice civile o di leggi speciali, non è deducibile, anche a titolo di ammortamento, la parte del costo di acquisto eccedente il valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa partecipata».

Anche i principi contabili nazionali affrontano, seppur sul versante bilancistico, la fiscalità conseguente alle variazioni di valore delle partecipazioni imputate a conto economico. In particolare, l’Oic 25, al paragrafo 82, prevede che «Le differenze temporanee possono emergere anche nei casi in cui il valore contabile di una partecipazione in società controllate, società collegate o in joint venture differisce dal valore della partecipazione riconosciuto ai fini fiscali. Ad esempio, queste differenze possono manifestarsi per: i) l’esistenza di utili non distribuiti di controllate, collegate e joint venture valutate con il metodo del patrimonio netto ; ii) la svalutazione del valore contabile della partecipazione in una società controllata, collegata e joint venture al suo ammontare recuperabile non deducibile fiscalmente».

Riflessi Irap delle rettifiche di valore di attività finanziarie da equity method

Sul versante Irap, sono irrilevanti le rivalutazioni e le svalutazioni delle partecipazioni immobilizzate in imprese controllate e collegate, a seguito dell’applicazione del metodo del patrimonio netto. I soggetti "ordinari" che determinano il valore netto della produzione ai sensi dell’articolo 5 del Dlgs 446/1997 hanno un’esclusione ex lege di tali componenti economici (positivi e negativi) derivanti dall’applicazione dell’equity method, in quanto la base imponibile non contempla le voci D.18) e D.19) del conto economico redatto secondo gli schemi dell’articolo 2425 del Codice civile.

Occorre però precisare che tra i soggetti Ires che applicano l’equity method vi sono anche le società "holding industriali" ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c) del Dpr 917/1986 (nella sua versione vigente). Più complesso risulta per loro il calcolo "allargato" della base imponibile Irap di natura finanziaria. Alle società di partecipazione non finanziaria, infatti, l’articolo 5 del Dlgs 446/1997 viene integrato dalle disposizioni dell’articolo 6, comma 9 del medesimo decreto, il quale stabilisce che «[…] la base imponibile è determinata aggiungendo al risultato derivante dall’applicazione dell’articolo 5 la differenza tra gli interessi attivi e proventi assimilati e gli interessi passivi e oneri assimilati».
Si ricorda che il vigente articolo 6 del Dlgs 446/1997 è stato sostituito al precedente dall’articolo 1, comma 50, lettera c) della Legge 244/2007. La precedente formulazione dell’articolo 6 del decreto Irap prevedeva, al comma 1-bis, per le "vecchie" holding industriali che «[…] la base imponibile si determina applicando i criteri di cui all'articolo 5, [...] e aggiungendo la differenza tra la somma: a) dei proventi finanziari, esclusi quelli da partecipazione; b) dei profitti derivanti dal realizzo di attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni; c) delle rivalutazioni di attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni; e la somma: d) degli oneri finanziari; e) delle perdite derivanti dal realizzo di attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni; f) delle svalutazioni di attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni».
Una prima interpretazione sulla determinazione della base imponibile Irap per le holding industriali (ora soggetti ex articolo 162-bis, comma 1, lettera c) Tuir) è stata data dal Mef con la circolare 21 settembre 1999 n. 189/E (risposta 2.6), che ha ripreso, nella sostanza, il testo normativo nella sua versione pro tempore vigente. Se ne desume, quindi, che prima della modifica normativa intervenuta con la legge 244/2007, le rivalutazioni e le svalutazioni di partecipazioni immobilizzate, per le holding industriali, erano comunque irrilevanti ai fini del tributo regionale. Tale esclusione colpiva anche i dividendi.

Con la formulazione normativa post riforma, come anche confermato da autorevole dottrina (circolare Assoholding 22 aprile 2008, n. 2), non concorrono alla formazione della base imponibile Irap delle holding non finanziarie, né le plusvalenze (minusvalenze) derivanti dalla cessione o dalla valutazione delle partecipazioni, né i proventi da partecipazioni (dividendi), né i proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo (in analogia con quanto previsto dal provvedimento della Banca d’Italia 22 dicembre 2005).
Sul punto, l’amministrazione finanziaria (circolare 141/E/1998, paragrafo 3.2.2.7.2) aveva inoltre chiarito, per le holding industriali, che tra i proventi finanziari rilevanti Irap vi erano anche gli interessi attivi e proventi assimilati indicati alla voce C.16) dello schema di conto economico ex articolo 2425 del Codice civile, escludendo, di fatto, sia i dividendi che sono contabilizzati (salvo l’applicazione dell’equity method) alla voce C.15) del conto economico che le rettifiche di valore, positive o negative, di attività finanziarie rilevate, rispettivamente, alle voci D.18) e D.19) del conto economico.
Cenno a parte merita il trattamento Irap dei dividendi distribuiti in presenza dell’applicazione dell’equity method. La regola generale prevede che i dividendi e gli utili distribuiti dalla partecipata costituiscano, per la partecipante, componenti positivi di reddito da iscriversi, generalmente, nella voce C.15) del conto economico.
Tuttavia, con l’applicazione del metodo del patrimonio netto, la partecipante, avendo già rilevato in equity gli utili prodotti dalle partecipate nei precedenti esercizi, non può nuovamente imputarli a conto economico, pena un’evidente duplicazione. Tali utili, sono, pertanto, portati a diretta riduzione del valore delle partecipazioni dell’attivo patrimoniale, rendendo disponibile, al contempo, una corrispondente quota della riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni precedentemente iscritta (Oic 17, § 177), rendendoli quindi irrilevanti ai fini del tributo regionale. In merito, si segnala la recente sentenza 2789/7/2022 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, con la quale i giudici meneghini hanno stabilito l’esclusione da Irap dei dividendi percepiti da una holding di partecipazione finanziaria in relazione a partecipazioni in imprese controllate e collegate valutate con il metodo del patrimonio netto.


Questo articolo fa parte del Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.

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