Imposte

Controllate negli Usa al test della nuova minimum tax del 15%

Il tributo si applica dal 2023 e può coinvolgere anche multinazionali italiane

di Massimo Bellini e Emiliano Zanotti

A partire dal 2023 gli Usa applicheranno un’imposta minima sui redditi delle società pari al 15%, direttamente calcolata sull’utile di bilancio rettificato. Con tale misura (introdotta con l’Inflation Reduction Act del 16 agosto 2022) l’amministrazione Biden intenderebbe porre un freno ai gruppi multinazionali con utili contabili significativi, ma con imponibili fiscali minimi se non negativi. Le società interessate dovranno effettuare due calcoli separati e pagare la maggiore tra l’imposta sui redditi in base alle norme fiscali ordinarie (con aliquota nominale del 21%) e la nuova imposta minima (alternative minimum tax).

La minimum tax si applicherà a qualsiasi società Usa (con alcune eccezioni, tra cui società di investimento regolamentate ed i fondi immobiliari) con una media annua dell’utile contabile opportunamente rettificato relativo al triennio precedente (ma non anteriore al trienno che si conclude con il 2022) che supera la soglia di un miliardo di dollari. Quindi, per il 2023, rileverà la media 2020/22. Laddove una società integri i requisiti per l’applicazione della minimum tax, la stessa vi rimarrà automaticamente assoggettata per gli anni a seguire salvo eccezioni (ad esempio, cambio di proprietà o riduzione significativa dell’utile annuo rettificato).

Per le società che partecipano a un consolidato contabile, tale consolidato rappresenta la base di partenza sia per il calcolo dell’utile rettificato sia per il superamento della soglia. Allo stesso modo, la base di calcolo per le società che partecipano a un consolidato fiscale potrà includere componenti reddituali di altre società del gruppo. Nel caso di società Usa facenti parte di gruppi stranieri – compresi i gruppi multinazionali italiani– l’applicazione è condizionata all’ulteriore requisito che la media dell’utile annuo rettificato delle società statunitensi sia almeno pari a 100 milioni di dollari per il medesimo triennio di riferimento.

Se si superano le soglie, si deve procedere al calcolo dell’utile d’esercizio sul quale applicare l’aliquota del 15 per cento. A tale valore si apportano poi una serie di rettifiche. Ad esempio, si sommano gli utili rettificati di eventuali società controllate estere (Cfc); nel caso di una Cfc in perdita contabile, l’utile non viene ridotto, ma la perdita può essere riportata a nuovo per ridurre le rettifiche Cfc positive degli anni successivi; viene sterilizzato il costo per le imposte sul reddito federale Usa (ma non quello per le imposte statali) e quello per le imposte estere; vengono eliminati eventuali componenti reddituali non di competenza del periodo fiscale di riferimento; vengono rettificati alcuni ammortamenti contabili in base alle norme fiscali.

Si attendono provvedimenti che chiariranno ulteriormente le rettifiche allo scopo di evitare omissioni o duplicazioni di componenti.

Qualora l’imposta del 15% sull’utile rettificato, al netto di eventuali crediti per imposte estere (incluse quelle assolte dalle Cfc il cui utile è incluso nella base di calcolo del contribuente Usa), risulti maggiore dell’aliquota nominale Usa del 21% calcolata sulla base imponibile ordinaria, il contribuente avrà l’obbligo di pagare la minimum tax.

Gli intrecci con le regole Ocse

Un tema di rilievo riguarda l’interazione con le regole del Pillar 2 Ocse. La minimum tax Usa dovrebbe essere una covered tax, e quindi rilevare ai fini del calcolo del numeratore del tax rate effettivo. Non dovrebbe però essere considerata una Qualified Domestic Minimum Tax, ovvero un prelievo addizionale conforme alle regole Ocse che consente di arrivare al tax rate minimo del 15 per cento. Ciò in quanto la minimum tax Usa ha caratteristiche diverse rispetto ai requisiti fissati dal Pillar 2, anche la soglia stessa di applicazione è diversa e più bassa per il Pillar 2 (750 milioni di euro).

Qualora l’imposta minima dovesse essere superiore a quella ordinaria si potrà utilizzare l’eccedenza di imposta minima come credito per compensare l’imposta ordinaria negli esercizi futuri. Tuttavia il credito iscritto a bilancio che deriva dall’anticipo dell’imposta minima non rileva ai fini delle covered taxes per il Pillar 2, in base al punto 4.4.1e delle Model Rules Ocse. Ciò determina in pratica un maggiore tax rate effettivo nell’anno in cui l’imposta minima viene pagata ed un minore rate nell’anno in cui viene compensata, con il rischio che in tale anno si generi un pagamento di top-up tax.

In aggiunta, poiché la minimum tax potrebbe essere dovuta anche in relazione ai redditi di società estere, dovrà essere individuata la quota attribuibile alle stesse, che ai fini del Pillar 2 dovrà essere riattribuita ed inclusa tra le covered taxes delle società estere, al pari di quanto previsto per le Cfc e per la cosiddetta Gilti, ovvero l’imposta dovuta in Usa sugli “extra-profitti” delle società controllate.

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