Imposte

Prelievo da ricostruire sulle controllate estere

L’esecuzione dell’Etr test impone di entrare nel calcolo delle imposte delle Cfc. Oltre a essere complessi i crediti imposti dall’agenzia delle Entrate suonano «pro Erario»

La circolare 18/E dello scorso 27 dicembre e il provvedimento per la determinazione “semplificata” del cosiddetto effective tax rate test dell’Agenzia delle entrate hanno “completato” il perimetro applicativo della disciplina delle controllate estere (controlled foreign companies, Cfc). Gli interventi si sono resi necessari a seguito delle modifiche apportate all’articolo 167 del Tuir dal Dlgs 142/2018 di recepimento della direttiva 2016/1164 (Atad). La stratificazione normativa, a partire dal 2015, ha creato questioni interpretative in vari ambiti della disciplina, come ha testimoniato l’ampia partecipazione alla consultazione pubblica sulla circolare aperta nel luglio del 2021. Circolare che, come spesso accade, quasi supera il piano interpretativo per cercare di integrare le disposizioni legislative, adottando peraltro posizioni non pienamente condivisibili.

L’area più densa di criticità è forse quella attinente alla determinazione dell’effective tax rate (Etr) test.

1) Quale primo elemento di novità, il provvedimento prevede che l’Etr estero del soggetto controllato debba essere determinato “al netto” dei crediti d’imposta per i redditi prodotti in Stati diversi (tra cui dovrebbe includersi anche il credito per le imposte dovute dalle stabili organizzazioni estere in regime di credito d’imposta).

2) Non solo, ai fini del calcolo dell’Etr estero vanno incluse le imposte pagate in altre giurisdizioni (ad esempio, le ritenute alla fonte sui cosiddetti passive income) purché versate a titolo definitivo e non suscettibili di rimborso.

Si tratta di puntualizzazioni in grado potenzialmente di “alzare” l’Etr estero e, quindi, di ridurre il rischio di fallimento del relativo (Etr) test.

3) Altrettanto significativa è la precisazione del provvedimento per cui qualsiasi agevolazione fiscale fruita dalla controllata, pure se temporanea o non strutturale, anche ove riconosciuta in base a un accordo con l’amministrazione fiscale estera, va considerata ai fini dell’Etr estero. Ciò non pare del tutto coerente con la previsione, ai fini del virtual tax rate (Vtr) italiano, di escludere la possibilità di considerare qualsiasi beneficio opzionale previsto dalla normativa italiana (ad esempio il patent box o l’Ace).

Viene confermato che, sia ai fini dell’Etr estero, sia ai fini del Vtr italiano, non assumono rilevanza – e vanno, pertanto, sterilizzate – le variazioni non permanenti della base imponibile, purché «con riversamento certo e predeterminato in base alla legge o per piani di rientro» (si pensi agli ammortamenti). Rispetto a tale assetto, tuttavia, si propone una lettura che pare ispirata unicamente a ragioni di tutela erariale. Secondo il provvedimento, le variazioni dal riversamento non certo né predeterminato devono parimenti essere oggetto di sterilizzazione, ma unicamente pro fisco. E così:

ai fini dell’Etr estero, andranno sterilizzate le variazioni suscettibili di aumentare l’Etr, vale a dire quelle che prevedono tassazioni anticipate di componenti positivi di reddito o deduzioni posticipate di componenti negativi, con l’effetto di “abbassare” l’Etr estero;

ai fini del Vtr italiano, andranno sterilizzate le variazioni suscettibili di abbassare il Vtr, vale a dire quelle che prevedono tassazioni differite o deduzioni anticipate, con l’effetto di “alzare” il Vtr italiano.

Tale presa di posizione comporta due conseguenze principali. In primo luogo, la necessità di entrare nel dettaglio del calcolo delle imposte operate dalla controllata estera. In secondo luogo, un potenziale rischio di incoerenza ai fini dell’Etr test. Conseguenze che paiono andare contro le esigenze di chiarezza e semplificazione della materia e che pongono in capo a imprese e operatori la necessità di adottare presidi di compliance in Italia e all’estero ancor più invasivi.

Le situazioni possibili

Il caso
La circolare 18/E/2021 chiarisce che il perimetro della normativa Cfc non è limitato a partecipazioni di natura societaria, ma copre «enti di ogni tipo»: come calcolare l’Etr test per fondi d’investimento esteri, trust e fondazioni.

La soluzione

Per ragioni di coerenza, sia per il calcolo dell’Etr test, sia per l’imputazione per trasparenza del reddito imponibile, dovrebbero essere adottate le regole tributarie applicabili per la corrispondente tipologia di soggetto italiano

Il caso
Quanto al requisito del controllo, dal 2019 rileva anche la partecipazione superiore al 50% degli utili del soggetto non residente.
Quando si applica la “demoltiplicazione” nel caso di catene di controllo indiretto?

La soluzione
La demoltiplicazione della catena societaria opera soltanto ove il controllo indiretto tragga origine dalla partecipazione agli utili. In tal caso, tuttavia, il primo “anello” della catena deve avere natura di controllo “civilistico”.

Il caso
Una impresa italiana controlla indirettamente una partnership estera qualificata “ibrido inverso”. La partnership è trasparente nello Stato di localizzazione, ma è trattata fiscalmente come opaca nello Stato di residenza del partner.

La soluzione
Sono necessari due Etr test. Il primo in capo al partner: rilevano reddito e imposte dovute dal partner senza tenere conto del reddito della partnership né delle imposte eventualmente versate dal partner con riferimento a tale reddito. Il secondo in capo alla partnership: rilevano sia le imposte eventualmente versate dalla partnership sia le imposte versate dal partner sul reddito della partnership.

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