Imposte

La branch penalizza il gruppo Iva. Fuori gioco le strutture consortili

di Davide Cagnoni e Alessandro Germani

Le modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2018 al gruppo Iva suggeriscono alcune riflessioni su una misura che saranno oggetto di particolare attenzione per via della sua partenza ormai imminente prevista per il 1° gennaio 2019 e dei connessi ragionamenti di pianificazione fiscale. Ciò è reso più complesso dalle recenti sentenze della Corte di giustizia Ue ( C-326/15 , C-605/15 , C-616/15 ) che hanno di fatto messo fuori gioco le strutture consortili, stabilendo che non possano più operare in esenzione Iva nei confronti dei propri consorziati.

Nei gruppi che svolgono attività esente si è sempre sentita l'esigenza, per motivi organizzativi, di concentrare le funzioni no core in strutture societarie che potessero prestare servizi a tutto il gruppo senza l'assoggettamento ad Iva. Storicamente si è quindi utilizzato dapprima l'articolo 6 della legge 133/99 e successivamente le strutture consortili previste dall'articolo 10, comma 2 del Dpr 633/72. La legge di Bilancio 2017 ha poi introdotto anche in Italia, sulla falsariga di altre esperienze europee, il gruppo Iva, che si configura come un unico soggetto passivo Iva, di modo che le operazioni fra i suoi aderenti non rientrano nel campo di applicazione del tributo, ma rilevano solo quando effettuate da e verso terzi (articolo 70-quinquies, Dpr 633/72). Pertanto, a seguito della sua introduzione, il gruppo Iva si è venuto a qualificare come opzione alternativa rispetto alla struttura consortile. In prima battuta si possono confrontare i limiti delle due alternative:

• il gruppo Iva ha come vincolo rilevante la regola dell'all in-all out (articolo 70-quater), vale a dire che la partecipazione deve riguardare tutti i soggetti che potenzialmente vi rientrano;

• la struttura consortile per operare in esenzione richiede che i consorziati abbiano un diritto alla detrazione non superiore al 10% e che le prestazioni vengano effettuate al puro costo.

Un altro elemento che va preso in considerazione riguarda, in particolare per i gruppi multinazionali che per ragioni di semplificazione societaria operano mediante stabili organizzazioni, le fatturazioni fra la mamma e la figlia. Infatti, a seguito del caso Fce Bank ( C-201/04 del 23 marzo 2006) la Corte di giustizia ha stabilito il principio della irrilevanza delle prestazioni fra la mamma e la branch attesa l'unitarietà soggettiva delle due. Tale principio in chiave domestica è stato fatto proprio dall'agenzia delle Entrate con la risoluzione 81/E/06. Dunque, laddove una mamma operi in vari Paesi mediante stabili organizzazioni, ai fini Iva i servizi infragruppo sono irrilevanti e non comportano un costo in presenza di svolgimento di attività esente. Questo concetto è stato modificato con la sentenza Skandia ( C-7/13 del 17 settembre 2014), nella quale la Corte ha sancito che quando si ha a che fare con un gruppo Iva l'unitarietà fra la mamma e la branch viene meno, perché le transazioni sono effettuate da e verso il gruppo Iva, che è da considerarsi un'entità a sé stante. Corollario di ciò è la rilevanza Iva delle prestazioni fra mamma e branch quando interviene un gruppo Iva. Ciò, in una logica di pianificazione, rappresenta un forte elemento a sfavore del gruppo Iva.

Delle conclusioni della sentenza Skandia ha preso atto il legislatore nazionale con la legge di Bilancio 2018, introducendo i commi da 4-bis a 4-sexies nell'articolo 70-quinquies, stabilendo che cessioni di beni e prestazioni di servizi sono rilevanti ai fini Iva:

• da e verso un gruppo Iva nazionale con controparte una sede o una società operativa estera;

• da e verso un gruppo Iva di uno Stato membro dell'Ue con controparte una sede o una società operativa italiana.

Tali disposizioni si applicano dal 1° gennaio 2018 (comma 985), il che da un lato comporta un'applicazione pratica dal 1° gennaio 2019, dall'altro dovrebbe scongiurare un'applicazione retroattiva della sentenza Skandia.

Considerato che l'opzione per avvalersi del gruppo Iva dal 2019 dovrà essere effettuata entro il prossimo 30 settembre (termine che slitta al 1° ottobre perché il 30 settembre è domenica), solo una rapida emanazione del decreto attuativo del Mef e dei chiarimenti dell'Agenzia potrà consentire agli operatori di avere tutti gli elementi necessari.

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