Controlli e liti

Fatture contestate, l’avviso all’acquirente deve indicare i motivi

Per la Ctp Reggio Emilia 242/2/2021 va allegato l’esito delle verifiche o riportato il contenuto essenziale

di Stefano Sereni

L’avviso di accertamento – se fa riferimento ad atti non allegati e non conosciuti dal contribuente – deve riportare il loro contenuto essenziale, cioè indicazioni sufficienti a consentire al ricorrente e al giudice l’identificazione dei presupposti su cui si basa la pretesa erariale. A ribadirlo è la sentenza 242/2/2021 della Ctp di Reggio Emilia (presidente e relatore Montanari).

A una Snc e ai suoi soci era contestato l’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti, emesse da fornitori ritenuti cartiere sulla base di risultanze di indagini penali nei loro confronti. L’ufficio, come spesso accade, si era limitato a richiamare genericamente tali circostanze nel Pvc notificato alla società.

Nel ricorso contro il conseguente accertamento veniva eccepita, tra l’altro, la mancata allegazione degli atti di indagine che non erano conosciuti dalla Snc, con conseguente vizio di motivazione.

L’eccezione è stata ritenuta fondata dalla Ctp anche sulla base del costante orientamento dei giudici di legittimità della Corte Ue. Infatti, secondo la giurisprudenza della Cassazione, l’obbligo di motivazione degli avvisi di accertamento impone alla Pa di allegare gli atti richiamati o quantomeno di riportarne il contenuto essenziale, se gli stessi non sono conosciuti dal contribuente.

Anche la Corte di giustizia Ue (sentenza C-189-18 del 16 ottobre 2019) ha ritenuto che l’amministrazione debba far conoscere al contribuente gli elementi di prova su cui si fonda la pretesa erariale, compresi gli atti relativi alle verifiche connesse, anche penali, come quelle eseguite nei confronti dei fornitori.

Il ricorrente, nel proprio giudizio, deve infatti avere la possibilità di contestare utilmente tutte le risultanze che si riflettono sulla propria posizione, con l’unico limite dell’esistenza di obiettivi di interesse generale che giustifichino la restrizione del diritto di accesso agli atti.

Anche il giudice tributario deve poter valutare compiutamente gli elementi su cui si basa la tesi dell’ufficio, nonché la loro legittima acquisizione e utilizzo.

Nella sentenza europea la Corte Ue ha anche evidenziato che solo l’integrità delle prove raccolte consenta il pieno esercizio del diritto di difesa: è verosimile, infatti, che gli elementi riportati nell’atto «per stralcio» dall’amministrazione, siano proprio quelli a sostegno della sola tesi erariale e non consentano una valutazione obiettiva.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©