I temi di NT+Modulo 24

Neutralità dell’Iva, prassi e giurisprudenza in cerca di una bussola sul recupero

La realizzazione del principio può passare da un'ampia gamma di strumenti. È necessario che le soluzioni offerte siano coordinate

di Massimo Basilavecchia

La consapevolezza che la neutralità dell’Iva vada sempre garantita può dirsi acquisita nella prassi e, in larga misura, nella giurisprudenza (si veda il precedente articolo «Detrazione disconosciuta su note emesse in ritardo: l’imposta è recuperabile»), come dimostra la risposta a interpello 858/2021 dell’agenzia delle Entrate.

Si intende per neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, sotto il profilo che qui interessa, il principio che permette ai soggetti passivi di diritto, diversi dal consumatore finale, di restare indenni dal peso del tributo, il quale sempre più si identifica come prelievo destinato a incidere esclusivamente sul consumo.

La considerazione più interessante è che la realizzazione della neutralità può passare attraverso strumenti diversi: in altre parole, dato per acquisito lo scopo, il mezzo per raggiungerlo può essere rappresentato da diversi istituti giuridici, alcuni esplicitamente previsti dalla legge, altri ricavabili in via interpretativa.

La prassi

La risposta a interpello 858/2021, pur negando nel caso di specie l’applicabilità della rivalsa successiva, è comunque molto chiara sia nel riconoscerne in via di principio la fruibilità quando atti di accertamento incidono sull’assetto di rivalsa e detrazione, sia nel dare ingresso a misure equivalenti alla rivalsa successiva.

Viene dunque riconosciuta ammissibile la presentazione da parte del cessionario - superando così la lettera della legge - di un’istanza di rimborso ex articolo 30-ter del Dpr 633/1972, surrogatoria rispetto all’emissione di una nota di credito non più consentita dato il tempo trascorso dall’emissione della fattura, in un’ipotesi nella quale l’incertezza sulla spettanza della detrazione non rendeva possibile, ad avviso dell’Agenzia, ricorrere alla rivalsa successiva.Il coordinamento tra rapporto di rivalsa, destinato ad attuarsi mediante vicende sottratte alla giurisdizione tributaria, e riduzione dell’obbligo tributario a mezzo di note di variazione o di istanze di rimborso, appare valorizzato dall’Agenzia attraverso il riconoscimento di una tendenziale fungibilità tra i diversi mezzi.

La giurisprudenza

Nella stessa direzione - e oltre - sembra procedere la Corte di giustizia dell’Unione europea, che, nella decisione del 1° luglio 2021, C-521/19, ha affermato che, in caso di accertamento di una maggiore Iva dovuta in capo ad un soggetto passivo di diritto, l’imposta non va aggiunta ai corrispettivi ma deve considerarsi scorporabile dall’importo lordo dell’operazione nell’ipotesi in cui tale soggetto non sia in condizioni di esercitare la rivalsa sui propri clienti; in modo inequivocabile la Corte di giustizia afferma che «qualsiasi altra interpretazione contrasterebbe con il principio di neutralità dell’Iva e farebbe gravare una parte dell’onere di quest’ultima su un soggetto passivo, mentre l’Iva deve essere sopportata unicamente dal consumatore finale».

La giurisprudenza di legittimità italiana, per la verità, è invece molto prudente, e sembra lasciar prevalere esigenze di cautela alle quali subordina la realizzazione della neutralità (o meglio, del modo di realizzazione). Si tratta, peraltro, di una giurisprudenza consapevole perfettamente degli indirizzi della Corte di giustizia.
Emblematica la vicenda dell’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/1997 che, al fine di semplificare e meglio coordinare profili contrattuali e profili fiscali delle operazioni soggette (o non) all’Iva, ha inteso conservare, in capo al cessionario, la detrazione esercitata in relazione ad un’Iva superiore a quella dovuta, prevedendo l’applicazione di una sanzione speciale, di importo determinato autonomamente rispetto all’Iva relativa all’operazione.

Nella giurisprudenza di Cassazione, la disposizione, introdotta dal 2018, ha incontrato diversi ostacoli:

O è stata considerata innovativa e non retroattiva, finché in senso diverso non ha disposto il legislatore;

O viene ritenuta applicabile nelle sole ipotesi di differenziali di aliquote, e non nel caso in cui l’Iva sia stata applicata ad un’operazione invece esclusa o esente dall’imposta;

O da ultimo, con la sentenza n. 10439/2021, ne è stata fornita un’interpretazione ulteriormente riduttiva, nel senso che la norma non legittimerebbe la conservazione della detrazione eccedente quella effettivamente corrispondente all’Iva dovuta, ma si limiterebbe a prevedere una sanzione ridotta per la detrazione indebita, ferma restando la detraibilità della sola imposta correttamente applicabile all’operazione.

La sentenza è molto importante, anche perché propugna una lettura della disposizione dell’articolo 6, comma 6, considerata più coerente con la stessa direttiva e con la giurisprudenza unionale, individuando un limite alla realizzazione della neutralità, limite che costringe il cessionario, per la parte di Iva indetraibile, ad una via obbligata, ossia quella di recuperare dal cedente, con strumenti civilistici, la maggiore imposta pagata; e di conseguenza convogliando su un’istanza di rimborso del cedente l’effettivo e completo ripristino della neutralità.

La lettura offerta dalla sentenza non appare però convincente; le esigenze di cautela che ispirano direttiva e Corte di giustizia non sono compromesse dalla disposizione del 2018, che aveva il merito di aprire una strada più pragmatica e snella, per la stessa amministrazione, al riequilibrio delle diverse posizioni; da un lato infatti la disposizione, ovviamente, sbarra il passo a richieste di rimborso da parte del cedente, non più giustificate, una volta che l’operazione si consolida nei termini in cui è stata fatturata, e quindi evita la perdita di gettito; dall’altro, essa è dichiarata inapplicabile ai contesti fraudolenti, il che evita che la detrazione possa essere conservata quando il soggetto emittente la fattura non abbia versato l’imposta.

La necessità di riferimenti univoci

Appare quindi auspicabile che su tale disposizione possa essere compiuta una riflessione sia da parte del giudice di legittimità, sia da parte della stessa Agenzia, che può avere in definitiva interesse a conservare un’ampia gamma di strumenti di perseguimento della neutralità, che riducano il numero e la complessità delle istanze di rimborso. Ed è auspicabile che le soluzioni offerte siano coordinate, perché nell’attuare imposte complesse come l’Iva sarebbe fondamentale per il contribuente avere riferimenti interpretativi univoci, sia da parte di chi decide i conflitti, sia da parte di chi amministra quotidianamente quei tributi.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore. Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24