Imposte

Liquidazione del patrimonio senza recupero Iva

Risposta a interpello 324: l’imposta è quella relativa ai crediti non riscossi all’apertura della procedura

Per la crisi d’impresa e, in particolare, per la procedura di liquidazione del patrimonio è esclusa la possibilità di recuperare l’Iva sui crediti non riscossi all’apertura della stessa. Con un’interpretazione alquanto restrittiva, l’agenzia delle Entrate chiarisce che in mancanza di una espressa previsione normativa, è impraticabile l’applicazione in via interpretativa della norma sulle note di variazione Iva alla procedura di liquidazione del patrimonio (articolo 14-ter della legge 3/2012).

Nella risposta a interpello 324/2023, infatti, l’Agenzia sostiene che l’esplicita delega conferita al Governo a emanare una norma che estenda l’applicazione dell’articolo 26, comma 3-bis e 10-bis del decreto Iva agli istituti disciplinati dal codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019), in cui è confluita la procedura di liquidazione del patrimonio, conferma che in base alla normativa vigente l’articolo 26 non è applicabile e non è possibile procedere con l’emissione di una nota di variazione.

Tuttavia, conformemente a quanto già chiarito in passato dalla stessa amministrazione finanziaria, il riferimento dell’articolo 26, comma 3-bis, alle «procedure concorsuali» potrebbe non intendersi circoscritto esclusivamente a quelle individuate dal successivo comma 10-bis (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi). Ciò in quanto, in materia di deducibilità delle perdite su crediti (circolare 39/E/2002 e, in senso conforme, la successiva circolare 26/E/2013), l’amministrazione aveva precisato che l’articolo 101, comma 5, del Tuir si applica pure alle procedure concorsuali non indicate espressamente in tale norma, come quelle estere, purché presentino caratteristiche sostanzialmente simili alle procedure nazionali indicate nella predetta disposizione del Tuir. Ad analoghe conclusioni si dovrebbe pervenire con riguardo alle procedure concorsuali italiane non disciplinate dal Rd 267/1942, ovvero quelle destinate a risolvere la crisi dei soggetti non fallibili (piccoli imprenditori, privati consumatori, eccetera), in quanto non rientranti nell’articolo 1 della legge fallimentare, e soggette, invece, alle disposizioni contenute nella legge 3/2012 (e oggi nel Codice della crisi di impresa).

Tale provvedimento definisce, infatti, come «procedure concorsuali» anche l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento e il procedimento di liquidazione del patrimonio del debitore, costituente una sorta di fallimento «in proprio»: in altri termini, tali due istituti, presentano caratteristiche sostanzialmente assimilabili alle procedure concorsuali indicate nell’articolo 26, comma 10-bis, del Dpr 633/1972 (e nell’articolo 101, comma 5, del Tuir), con la conseguenza che avrebbero potuto essere compresi nel campo di applicazione di questa norma.

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